Jeff Hannusch – I Hear You Knockin’

The Sound of New Orleans Rhythm and Blues
Casa Editrice: Swallow Publications, Inc., Ville Platte, Louisiana, 1985
Prefazione: Joe Banashak
Ristampe: 1987, 1989, 1996, 2005
Jeff Hannusch "I Hear You Knockin'" book cover

Un libro datato e certamente non esaustivo, ma per gli amanti del rhythm and blues di New Orleans comunque interessante, e per i neofiti un sostanziale punto di partenza. Jeff Hannusch non offre una storia lineare di quell’epopea tanto fortunata e creativa quanto breve, e nemmeno accenna all’eredità musicale della città prima dell’avvento del suo effimero boom discografico, piuttosto adotta una via più facile e parziale offrendo brevi biografie di alcuni protagonisti di quell’era.
Questo gli consente di mettere abbastanza a fuoco qualche personaggio e la scena, più che altro discografica, in cui questi operarono — e nei casi degli ancora viventi all’epoca della stesura lasciare a loro il racconto, che inevitabilmente sfocia nella contemporaneità (contemporaneità spesso meno che interessante, anzi triste) — ma impedisce una disamina più ampia e profonda del carattere e della storia di una delle città più musicali al mondo se non, per antonomasia, la città musicale per eccellenza.
Dai racconti emerge un buon affresco di quel periodo dal punto di vista della produzione, e tra gli episodi c’è il legame dato dall’incrociarsi di situazioni e di figure, molte delle quali accomunate da successi tanto improvvisi quanto brevi, tuttavia il disegno complessivo risulta frammentato e limitato dall’assenza di analisi musicale e dalla scarsa presenza di contributi personali dell’autore al di là della descrizione degli artisti, con scrittura asciutta dante l’impressione di voler lasciare il campo unicamente ai personaggi e al loro vissuto.

L’opera, edita dalla Swallow Publications di Floyd Soileau, conserva comunque una certa validità rimanendo tuttora punto di riferimento se si considera che poco si sapeva e si sa dell’R&B di New Orleans, e delle peculiari sonorità che continuarono la grande e originale tradizione cittadina rinnovandosi con piglio genuino e avventuriero. Un’ondata nuova e travolgente che cominciò a inondare le classifiche nel 1947 con l’epocale successo Good Rockin’ Tonight di Roy Brown (ma anche Since I Fell for You di Annie Laurie e Country Boy di Dave Bartholomew) che dopo Deluxe Records attrasse in città altre neonate indie (in particolare Imperial, Specialty, Ace di Johnny Vincent, fuoriuscito da Specialty). Queste fecero fortuna con il materiale della Crescent City dando in cambio opportunità agli artisti locali, stimolando la nascita di piccole realtà indigene (anche se non durarono; New Orleans, scarsa di lungimiranza e senso degli affari, non è mai riuscita a crearsi una sua propria industria musicale), e contribuendo a definire un genere dentro il quale c’erano mille voci ma un unico intrigante movimento, che agli inizi prese forma nello studio di Cosimo Matassa con la direzione di uno degli architetti di quel suono tra R&B e rock ‘n’ roll, Dave Bartholomew.
L’apice dello sviluppo endemico si raggiunse negli anni della metà del Novecento, propagando poi la spinta con altre nuove visioni e un approccio più mediato tra soul e pop fino circa alla metà degli anni Sessanta, esaurendosi nel funky-soul e nell’imperante disco-music verso gli anni Settanta.

Le biografie sono suddivise in settori dedicati ai pianisti (solo cinque, Tuts Washington, Professor Longhair, Huey ‘Piano’ Smith, James Booker, Allen Toussaint; ne mancano tanti altri a partire da Archibald, mentre l’assenza di Fats Domino è giustificata dal fatto che nello stesso periodo John Broven stava preparando un volume dedicato a Domino e Hannusch decise di consegnargli il suo materiale), ai pionieri (interessante la presenza di Mr Google Eyes, ma riprovevole la mancanza di Paul Gayten), ai discografici (mancano Harold Battiste di AFO e Joe Ruffino di Ric & Ron), al blues (accettabile inserire un minore come Boogie Bill Webb, ma un guaio dimenticarsi di Snooks Eaglin, Champion Jack Dupree, Cousin Joe Pleasant), alle donne (tralasciando Annie Laurie e Chubby Newsome e le più moderne Barbara George e Betty Harris), agli hit maker (qui sta l’assenza più inspiegabile, Lloyd Price) e a un pugno di personaggi di minor successo discografico ma caratteristici, anche qui con diverse mancanze (ad es. Eddie Bo, Clarence ‘Frogman’ Henry, Robert Parker, Neville Brothers).
Inoltre, essendo New Orleans la capitale nordamericana dei ritmi sincopati e delle percussioni afro-caraibiche, depositaria di un beat particolare e unico, dal second-line drumming delle brass band al funk tipico della città, è incomprensibile come sia potuto rimaner totalmente fuori questo aspetto che, pur sommariamente, avrebbe dovuto esser trattato per la sua importanza e singolarità, soprattutto attraverso figure come Earl Palmer, Zigaboo Modeliste, Charles Hungry Williams, Smokey Johnson, John Boudreaux, Richard Didymus Washington, Alfred ‘Uganda’ Roberts. Devo dire che i personaggi che ho segnalato come mancanti sono comunque, per forza di cose, citati nel testo, e per quanto riguarda alcuni di questi l’autore ha rimediato molto più tardi (2001), con un altro libro, The Soul of New Orleans, A Legacy of Rhythm and Blues.

È stata una sorpresa per me scoprire che la voce del grande successo Shame, Shame, Shame, che da bambina mi travolse selvaggiamente all’epoca della miglior disco-music, era Shirley Goodman (alla quale dedica un paragrafo) dell’ex duo Shirley & Lee (la voce di Shirley è anche nelle armonie di Sweet Virginia degli Stones); il brano ebbe un retroscena fortuito, come si confà a un successo planetario.
Tra le vicende meno note particolarmente toccanti ci sono quelle di James ‘Sugar Boy’ Crawford e di Chris Kenner mentre, a parte il funambolico e pittoresco Ernie K-Doe, forse è Bobby Marchan il personaggio più inusuale, commediante e drag singer (la sottocultura dei female impersonator è da sempre nel black entertainment) dalla voce prodigiosa. Chissà cosa avrebbe potuto combinare nel soul di Memphis se le cose fossero andate per un altro verso, ma forse lontano da New Orleans si trovò come un pesce fuor d’acqua.
Una girandola di personaggi e vicende che hanno segnato l’era dorata del rhythm and blues della Big Easy, in un largo raggio che va da quelli così importanti da essere scolpiti nell’eternità già da viventi, ai fugaci one-or-two hit wonder, molti di loro ritrovati alle soglie degli anni Ottanta con ancora la vana speranza di poter riprodurre il successo di tanti anni prima, pur consci di esser stati parte di uno scenario unico e irripetibile.

Scritto da Sugarbluz // 16 Dicembre 2014
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