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Theodore Roosevelt Taylor (1915-1975), ovvero ‘Hound Dog’ Taylor, verace cantante e chitarrista blues mississippiano sulla scena chicagoana anni 1950/1960.
Nacque a Natchez, MS; dapprima s’interessò al pianoforte poi a vent’anni prese in mano la chitarra. Di giorno lavorava nei campi, di sera suonava nei juke joint sparsi nella regione Delta, e comparve qualche volta al King Biscuit Time della KFFA a Helena, AR, con S.B. Williamson. Arrivò a Chicago nel 1942 spinto dalla minaccia Ku Klux Klan e non tornò più indietro, mantenendosi con impieghi extra-musicali.
Aveva sei dita in entrambe le mani; le due seste estremità non erano che piccole appendici inerti, e una notte, ubriaco, si tagliò via quella destra con un rasoio. Divenne musicista a tempo pieno solo nel 1957; invogliato dal successo di Elmore James prese a suonare con lo slide convogliando rudemente il suo stile su un’economica chitarra elettrica giapponese, esibendosi nei piccoli club di quartiere e al mercato di Maxwell Street. Registrò un singolo (My Baby Is Coming Home / Take Five) per l’etichetta Bea & Baby nel 1960 (accompagnato dal pianista Detroit Jr, il bassista Emerson Kidd e il batterista Bill ‘Levi’ Warren), e un altro (Christine / Alley Music) per Firma nel 1962 (con il pianista Lafayette Leake e il bassista Blind Jesse Williams). Registrò anche per Colt in supporto a Homesick James (Can’t Afford to Do It / Set a Date) e a suo nome, ma rimase inedito, e una sessione per Chess nel 1967 con cinque brani a suo nome accompagnato da Walter Horton, Lafayette Leake, Lee Jackson e Robert Whitehead, pubblicata solo negli anni 1990.
Nel 1967 venne in Europa con l’American Folk Blues Festival, e con la sua band apparve all’Ann Arbor Blues Festival del 1970, tornandoci gli anni seguenti. Bruce Iglauer, allora spedizioniere presso Delmark Records, rimase colpito da uno dei suoi esuberanti live a base di sonorità crude e selvagge ad alto volume, ma non convinse il capo Bob Koester a mettere sotto contratto Taylor e i suoi fedeli HouseRockers (il chitarrista Brewer Phillips e il batterista Ted Harvey [quest’ultimo era stato con Elmore James] – difficile pensare a qualcuno oltre questi due che potesse accompagnarlo), così fondò Alligator per pubblicare Taylor e band, che debuttarono con l’album omonimo del 1971 conquistando una platea più ampia. Andarono in tour nazionalmente con grandi nomi, ma anche in Australia e Nuova Zelanda; in questa fase acquisirono molta popolarità soprattutto nella zona di Boston (come fu per J.B. Hutto, v. sotto). Hound Dog Taylor registrò altri due album per Alligator prima di morire nel 1975.
Taylor non inseguiva bellezza sotto forma di sonorità sempre compiute, né certamente ricercate; a volte suonava note fuori posto o stonava, e la distorsione elettrica era ancora più invasiva provenendo da amplificatori da poco (Sears Roebuck). La sua estetica piuttosto si fondava sulla naturalezza e sulla gioia primordiale di fare musica per divertire, sul fervore, ma con un suo proprio senso; spesso suonava da seduto, pestando i piedi, gettando indietro la testa, bevendo whisky e fumando sigarette, esortando la folla ad alzarsi e ballare, mentre instancabile sovralimentava veloci boogie e shuffle incalzanti, o lenti blues attraverso stilettate erosive senza possibilità di lenimento. È noto che Freddie King ricavò Hideaway da uno strumentale che il texano udì da una performance di Taylor, e probabilmente Hound Dog ispirò molto più di quanto si pensi al di là di alcuni personaggi del rock come George Thorogood, che fu roadie e apritore dei suoi concerti nel New England.