Articoli in riferimento a: Little Walter

Marion Walter Jacobs (1930-1968), noto come Little Walter, cantante, autore e armonicista del blues elettrico riconosciuto come il più grande innovatore moderno dello strumento, e tra i protagonisti nella definizione e nel successo del Chicago blues. Figura unica e imprescindibile, influente su tutti gli armonicisti blues a seguire.
Nato di discendenza creola nella regione acadiana della Louisiana centrale, a Marksville, e cresciuto da parenti in una fattoria vicino ad Alexandria, cominciò a suonare l’armonica a otto anni con l’influenza della musica cajun dell’area, ma fu ispirato anche dai musicisti country uditi dalla radio WSM di Nashville: da una sua dichiarazione il primo armonicista che sentì fu uno di questi, il bianco hillbilly Lonnie Glosson.
S’applicò anche alla chitarra, e presto fu affascinato dal suono del sassofono e da Louis Jordan, del quale imparò gli assolo eseguendoli nota per nota sull’armonica. Suonava a orecchio e già allora è probabile che ne uscisse un suono differente rispetto a quello degli armonicisti dei tempi, forse anche per l’eredità cajun, per l’energia che ci metteva, e per la precoce e attenta ricerca nella costruzione di ogni suono.
Costretto a maturare in fretta crebbe indisciplinato, autosufficiente e determinato. Il modo in cui passò l’infanzia formò il suo perenne senso di mancanza di radici, di estraniamento e di inquietudine, accentuati da instabilità emotiva e carattere irritabile; elementi alla base della sua breve vita e causa indiretta della sua morte. A tredici anni, ancora senza fissa dimora facendo la spola tra Marksville, dove stava la madre (conosciuta solo quando aveva circa undici anni), Alexandria, o dalla sorella maggiore, fu di nuovo allontanato, e mandato a New Orleans.
Pur in piena seconda guerra la città era viva, attiva, con un crogiolo di razze e i più diversi stili musicali che sicuramente impressionarono Jacobs. Suonava agli angoli delle vie, verosimilmente solo strumentali imitando il suono delle fisarmoniche su motivi cajun e mimando gli armonicisti blues e country più popolari, ma anche usando riff di musicisti in voga come Cab Calloway e il suddetto Jordan, e le sonorità delle band con fiati sentite via jukebox e radio o dall’esterno dei club in cui era troppo giovane per entrare. Assorbiva come una spugna, concentrandosi sui passaggi più accattivanti che catturavano l’attenzione del pubblico per riprodurli sulla sua armonica con la potenza e la determinazione di un adulto.
Poco dopo prese a viaggiare sui treni a mo’ di hobo e arrivò a Helena, AR, piccola blues town sul fiume Mississippi già frequentata da diversi musicisti importanti come Roosevelt Sykes, Sunnyland Slim, Memphis Minnie, grazie alle possibilità di suonare che offriva a ogni ora del giorno e della notte; come mai prima qui Little Walter fu esposto ad altri armonicisti blues.
Il suo modello primario, come per tutti, era il popolare John Lee ‘Sonny Boy’ Williamson, sentito nei dischi che dal 1937 lo resero famoso. Fu lui a sdoganare l’armonica a bocca da mezzo giocoso, usato principalmente per riprodurre i suoni rurali, come il fischio e il movimento del treno, e il rumore degli animali in corsa (ad es. durante la caccia, il cosiddetto fox chase), a vero strumento in accompagnamento alla voce del blues, dandogli un ruolo di conduzione nelle prime concezioni di blues band chicagoana nelle sue registrazioni Bluebird e RCA.
A Helena però Walter conobbe l’altro Sonny Boy, Rice Miller, che ai tempi non aveva ancora registrato ma era molto popolare per la trasmissione radio live presso KFFA, uno dei motivi per cui Helena attraeva musicisti blues. Walter guardava attentamente Miller mentre suonava, e prese occasionalmente il suo posto durante le pause nei juke joint. Sempre a Helena, attorno al 1943, conobbe altri tre musicisti che saranno importanti per la sua attività musicale: David ‘Honeyboy’ Edwards, con il quale vagabondò parecchio per suonare, Jimmy Rogers, che reincontrò nella Windy City per fare ciò che sappiamo insieme a Muddy Waters, e Robert Jr Lockwood, che per un po’ lo prese a suonare con sé.
A Memphis il più vecchio Edwards lo condusse in Beale Street, al W.C. Handy Park; fu qui che Walter Jacobs conobbe Walter Horton. Suonò con loro al parco, a volte si univa Little Buddy Doyle, ma per Little Walter l’esperienza durò solo qualche settimana. Nei suoi seguenti vagabondaggi si fermò a St Louis, città che nel decennio precedente era stata centro blues durante la massiccia immigrazione di afroamericani dal sud, tra cui molti noti musicisti; quando vi arrivò anche Edwards Little Walter s’era già fatto notare localmente, e il duo si riunì. Walter lavorava di sera in un locale e di giorno in una lavanderia, ma quella vita non gli bastava e si misero di nuovo sulla strada. Si diressero a sud e finirono a Ruleville, MS, lavorando per un breve periodo come mezzadri, ma entrambi avevano sentito di Maxwell Street a Chicago e della vitalità musicale remunerativa del suo mercato all’aperto nei fine settimana, e fu con quell’idea che si diressero a Chicago.
C’è confusione su come e quando vi arrivarono perché i due viaggiarono su quella rotta più di una volta, ma è probabile fosse la metà del 1945. Edwards ne dà due versioni: la prima nella sua autobiografia, la seconda in un’intervista del 1999; i due racconti convergono a Decatur, Illinois, dove riescono a guadagnare, suonando per i passanti al deposito ferroviario, i soldi dei biglietti per Chicago.
Walter frequenta sicuramente da subito Maxwell Street, ma la prima data che lo attesta per certo al famoso mercato ebreo è il 1947, quando s’avventura nel negozio “Maxwell Radio, TV, Records” di Bernard Abrams, insieme a Othum Brown e Jimmy Rogers, per auto-registrarsi su un’apparecchiatura spartana messa a disposizione dal titolare, e possibilmente ottenere un loro “vanity disc” se Abrams decidesse di stamparlo attaccandovi un’etichetta gialla con la scritta “Ora Nelle Records”. E così sarà, il loro uno dei soli due dischi stampati dalla piccola firma: Ora Nelle Blues / I Just Keep Loving Her, rispettivamente cantati da Othum Brown e Little Walter, il quale mostra il debito a John Lee Williamson, mentre Jimmy Rogers pare alla chitarra nel brano di Brown (per altro su Ora Nelle Records v. l’articolo sotto su Maxwell Street, “And This Is Free”, oltre a: Chance Records, il link a Jimmy Rogers, e soprattutto Johnny Young); nel 1952 Chance ripubblicherà il singolo cambiando il titolo di Ora Nelle Blues con That’s Alright (lo stesso brano che poi Rogers registrerà per Apollo e per Chess), accreditando il disco erroneamente e totalmente a “Little Walter J”.
Nello stesso periodo si concretizzò, tra le pareti dell’appartamento di Muddy Waters, il primo nucleo di quella che sarà la band di Muddy. Little Walter fu portato da Rogers e “adottato” dai due, i quali già da tempo si affinavano su come accompagnarsi a vicenda (per la genesi del trio e sull’apprendistato di Walter, v. link di Rogers). I tre, a volte maggiorati dal batterista e chitarrista Leroy Foster, o di Elga Edmonds aka Elgin Evans, il primo batterista stabile della band, divennero noti sulla scena cittadina con il nome ufficioso di Headhunters perché la loro specialità era rubare il palco nei club del South Side a chi era in cartellone, suonando con quella nuova potenza e quel vibrante e irresistibile intrico sonoro messo a punto tra musicisti complementari e sulla stessa lunghezza d’onda.
È probabile che in quelle occasioni Walter avesse già in uso, abituato com’era a cercare di emergere e sopraffatto dal suono delle chitarre elettriche, il metodo di tenere nelle mani a coppa insieme alla sua Marine Band un piccolo microfono collegato agli impianti d’amplificazione dei locali, o a un amplificatore per chitarra.
Altri armonicisti più vecchi, come S.B. Williamson I, Snooky Pryor, Walter Horton, già avevano amplificato il suono allo scopo di potenziarlo, tuttavia la novità e l’originalità di ciò che ottenne Walter non consistette solo nella crescita del volume sonoro e quindi nel semplice uso dell’amplificatore, ma tramite la distorsione elettrica ricavare nuovi effetti e timbri mai sentiti prima da nessun altro strumento. Il suo genio fu nell’ignorare i limiti che si attribuivano all’armonica usando una libertà espressiva paragonabile a quella dei solisti jazz con gli strumenti a fiato, originando suoni inusuali e inaspettati da un mezzo così piccolo e modesto solitamente usato come accompagnamento al canto o ad altri strumenti, se non come giocattolo.
Little Walter darà quindi vita a una nuova gamma sonora di sfumature e toni, dai più tenui ai più esasperati, mentre i suoi fraseggi si affrancheranno dagli schemi servendosi di passaggi behind the beat per un effetto swing, e di attacchi off the beat sincopati dal superbo impatto, oppure enfatizzando i principi fondamentali del beat, evolvendo quindi lo strumento da semplice accompagnamento ritmico a un ruolo solista e fluidamente melodico su figure dagli accenti e lunghezze irregolari, accentuando le dinamiche e la carica emozionale sulle varie possibilità di sustain, distorsione e riverbero offerte dall’amplificazione.
In studio intanto, nelle registrazioni Regal, Tempo-Tone, Parkway, Chess (a suo nome e per altri, e in quelle di Muddy), suona ancora l’armonica acustica almeno fino all’inizio del 1951. In compenso si cimenta alla chitarra elettrica in qualche episodio, e tra questi cito quelli che sono verosimilmente gli ultimi (alla chitarra, in studio), Still a Fool di Muddy Waters e Money, Marbles and Chalk di Jimmy Rogers, perché avvengono lo stesso fatidico giorno e nella medesima circostanza, 11 luglio 1951 presso Chess, in cui Walter registra, come sideman dei suddetti, i brani in cui lo si può sentire per la prima volta all’armonica amplificata.
La sessione di Rogers produce il singolo Chess #1476 con il suo brano sopra citato e Chance to Love, in cui Walter suona amplificato autonomamente mostrando il suo distintivo stile da slow blues, con tocco morbido ma autorevole. Tuttavia è la sessione di Muddy a cui si attribuisce l’esordio registrato del Walter armonicista elettrico, che tiene a coppa armonica e microfono e suona attraverso un suo amplificatore, e in particolare al brano Country Boy (Chess #1509) basandosi sul numero progressivo delle registrazioni; nella stessa occasione infatti nascono altri due brani di Muddy con l’armonica amplificata di Walter: She Moves Me (Chess #1490) e My Fault (Chess #1480, Still a Fool sul lato B), tutti e quattro i brani della sessione con Leonard Chess in persona alla grancassa, la sua presenza come a dare finalmente la benedizione al Walter elettrico anche in studio.
È con la sessione del 12 maggio 1952 però che la vita di Little Walter s’avvia a cambiare, quando debutta come solista per Chess registrando un tema abitualmente usato nella band per chiudere e aprire i set, uno strumentale cui assegna il titolo di Your Cat Will Play, poi (fortunatamente) rinominato (forse da L. Chess) Juke prima dell’uscita in agosto sul singolo #758 della sussidiaria Checker in compagnia di un brano con il suo canto espressivo e diretto, Can’t Hold Out Much Longer, accompagnato da Jimmy Rogers ed Elga Edmonds, e forse da Muddy che quel giorno ha una sessione anche lui. È singolare che allo strumentale sia attribuito il lato A, quando di solito era il brano vocale quello designato, quasi come se ai vertici ci fosse la consapevolezza del valore anche commerciale di questa novità, e la si desiderasse spingere rispetto a un blues più tipico, contrariamente all’usuale politica di Chess.
Juke in poco più di due minuti e mezzo è l’opera di un funambolo che, su uno shuffle dinamico e pervasivo, compie con toni roventi e grassi le sue acrobazie da libero improvvisatore tra jump blues e bebop; pure alle orecchie dei profani tutto ciò dev’essere sembrato assolutamente nuovo non solo dal punto vista sonoro, ma anche per intensità emotiva ed espressiva stante l’apparente limitatezza del mezzo. Il successo di Juke fu travolgente e gli procurò un diffuso riconoscimento personale, assicurandogli un posto nella scuderia Chess e stimolando una discreta serie di successi: altri quattordici titoli entrarono nella classifica R&B tra il 1952 e il 1959, tra cui altri tre strumentali nei top ten, Sad Hours, Off the Wall, e Roller Coaster, e nel 1955 un altro numero uno, My Babe, arrangiamento di Willie Dixon dello spiritual This Train.
In seguito al successo nel 1952 Walter lasciò la band di Muddy per perseguire la carriera solista (ma continuò ad accompagnare in studio sia lui che Rogers nella maggior parte della loro produzione Chess degli anni 1950) ingaggiando gli Aces (Dave Myers, Louis Myers, Fred Below), già backing band di Junior Wells. Li rinominò The Jukes, ma al 1955 lo sfaldamento fu completo, con i membri che via via abbandonarono il leader, a partire da Louis Myers. All’inizio Walter rimpiazzò, sempre in cerca dei migliori, con i chitarristi Robert Jr Lockwood e, più a lungo, con Luther Tucker, e il batterista Odie Payne. Altri con lui negli anni 1950 furono il chitarrista J.L. Robinson e il batterista George Hunter. Occasionalmente la sua band includeva anche un sassofonista (in uno dei suoi primi tour ci fu Ray Charles in quel ruolo), ma verso la fine degli anni 1950 Walter non ne aveva più una fissa, e ingaggiava vari musicisti al bisogno.
Nel 1953 cominciò a suonare anche l’armonica cromatica, e secondo Billy Boy Arnold Walter fu il primo armonicista blues a usarla (si sentano ad es. gli strumentali Lights Out [1953] e Blue Light [1954], e Just Make Love to Me e I’m Ready di Muddy del 1954). Purtroppo l’avvento e il successo del rock ‘n’ roll (e in seguito della british invasion) non furono indolori per il blues; verso la fine degli anni 1950 l’amarezza di Walter era ormai un astio generalizzato che, acutizzato dal problema d’alcolismo e dalla natura irascibile, gli procurò scontri violenti e guai con la legge, portandolo a una fine di carriera precoce.
Quando venne in Europa, nel 1964 e nel 1967, non era più lo stesso. Il tour del 1964 fu una serie di “one night only” in Inghilterra che lasciò strascichi di tasse non pagate; in queste occasioni fu accompagnato dalla band di Long John Baldry (Groundhogs), e altri gruppi.
Il tour del 1967 fu invece con l’American Folk Blues Festival di LippmannRau, e qui si trovano le sue uniche conosciute testimonianze visive. Le prime, originariamente trasmesse alla tivù danese, lo riprendono come accompagnatore di Hound Dog Taylor e di Koko Taylor, arrivate in DVD nel 2004. Le seconde, dallo stesso tour, furono per un programma tedesco e a tutt’oggi sono le uniche a mostrarlo solista e cantante, pubblicate solo nel 2009. Ho già parlato di queste occasioni e dello scoramento di Walter per il divieto di usare l’amplificazione, e perfino il microfono nelle mani a coppa, negli articoli “The American Folk Blues Festival 1962-1969 Vol. Three” e “Legends of The American Folk Blues Festivals” qui sotto. La fine era vicina.
A parte questi due tour europei, Walter negli anni 1960 rimase spesso a suonare a Chicago e dintorni, e registrò poco in studio. Qualche mese dopo l’ultimo rientro dall’Europa rimase ferito, apparentemente in modo lieve, mentre era in pausa in un club del South Side, in un alterco durante una partita a dadi in cui fu colpito alla testa con un attrezzo. Sembra che non cadde a terra e che se ne andò sulle sue gambe, ma è probabile che questo ulteriore incidente abbia peggiorato una situazione già compromessa, dato che morì quella notte stessa.
La causa ufficiale fu trombosi coronarica, e fu sepolto il 22 febbraio 1968 al St Mary’s Cemetery, Evergreen Park, Ill., rimanendo la sua tomba senza nome fino al 1991, quando gli appassionati Scott Dirks e Eomot Rasun fecero installare un marker. (Le notizie biografiche sono tratte dal libro “The Little Walter Story, Blues with a Feeling”, 2002, di T. Glover, S. Dirks, W. Gaines.)

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