Harlem 2008
Piccolo ritratto di Harlem. L’ex sindaco Giuliani è arrivato anche qua: ripulitura del quartiere, restauro di vecchie case, nuovi negozi, diminuzione della criminalità, e con gli uffici dell’ex presidente Clinton, al 14º piano di un edificio al 55 West della 125ª strada, anche aumento del costo degli affitti.
Di notte, naturalmente, Harlem come altri quartieri periferici rimane luogo per amanti del pericolo, anche se non più come un tempo. È abitato al 90% da afroamericani ed è pieno di storia, ma c’è rimasto ben poco di visibile: i leggendari Cotton Club, Savoy, Club Harlem, Monroe’s, l’originale Minton’s Playhouse (nel 2006 ha riaperto un nuovo locale) non ci sono più, mentre l’Apollo Theater è ancora attivo, anche se non sembra campare benissimo.
Durante il percorso in metropolitana, fermata dopo fermata scarseggiano i bianchi e aumentano i neri e gli ispanici, questi ultimi diretti nel Bronx, fino a che di bianchi rimaniamo solo noi, stessa cosa all’inverso nel ritorno, fatto in bus: il mezzo è poco stabile, peggio che andar per mare, ma si vede tutta Broadway fino a Downtown.
Angolo tra la 125ª e F. Douglass Blvd (8th Avenue). Si notano a sinistra l’Apollo Theater e poco più in là a destra l’Hotel Theresa.
Incrocio con il viale ora intestato ad Adam Clayton Powell
Lo storico Apollo Theater (1913) sulla 125ª, ora Martin Luther King Boulevard.
Ancora oggi al mercoledì sera ci sono gli amateur night contest aperti al pubblico, dagli anni Trenta del secolo scorso vetrina per gli artisti emergenti.
Alcuni dei grandi che si sono esibiti qui negli anni Trenta: Ella Fitzgerald la prima volta nel 1934, Bessie Smith la notte di capodanno del 1935, Billie Holiday con Count Basie nel 1937. Da allora, la lista degli afroamericani di successo (o agli esordi) passati su questa scena è infinita.
Anche Obama è salito sul palco dell’Apollo, come candidato alla presidenza USA. Nel gennaio 2007 la salma di James Brown è stata esposta qui. Il suo Live at the Apollo del 1962 fu un successo epocale.
A pochi passi dall’Apollo, l’ex Loew’s Victoria Theater, risalente al 1917, ora chiuso.
Verso il negozio Bobby’s Happy House aperto nel 1946 da Bobby Robinson, promotore, autore e produttore per Elmore James, King Curtis, Lee Dorsey, e tanti altri (apri link nel suo nome per maggiori dettagli).
L’assortimento non è ampio, ma non si viene qui per questo: merita una visita per la sua storicità, non tanto del luogo (è stato spostato qui meno di una ventina di anni fa, in origine era poco lontano, sulla 125ª all’angolo con Frederick Douglass Blvd, ora ha girato quell’angolo), ma come istituzione di Harlem e per la passata attività musicale del proprietario, in particolare negli anni 1950/1960. Robinson ora ha novant’anni, e ogni tanto la domenica si fa vedere in negozio. (1)
Il commesso di Bobby’s si lascia fotografare mentre (a mano) fa il conto dei miei dischi. Sicuramente il negozio non rende abbastanza per guadagnarci ma, come dicevo, è più che altro un simbolo storico-musicale e vive ancora solo per l’affetto del titolare e dei frequentatori locali (e dell’affittuario, che gli concede un prezzo di favore rispetto al costo medio dei negozi ad Harlem).
Hotel Theresa, dove alloggiavano gli afroamericani che s’esibivano in città.
Ora ci sono uffici, ma la scritta è rimasta a testimoniare.
Alhambra Ballroom, nato nel 1905 come Alhambra Theater per gli spettacoli di vaudeville, successivamente aprì al piano superiore una grande sala da ballo. Jelly Roll Morton, Bessie Smith, Billie Holiday, Duke Ellington, Cab Calloway, Count Basie e tanti altri sono stati qui. Recentemente è stato restaurato.
Gli edifici non sono altissimi, e molti sono risalenti agli inizi del secolo scorso.
Lenox Lounge, jazz club in Lenox Ave / Malcom X Blvd, forse l’unico locale con musica dal vivo ancora abbastanza tradizionale.
Anche Lenox Lounge è un locale storico, risale infatti alla fine degli anni 1930. Lenox Avenue è citata in diverse poesie di Langston Hughes.
Belle vecchie case in pietra bruna una volta sbarrate, da qualche tempo restaurate.
Le strade sono state rinominate in onore di grandi personaggi afroamericani, e ora hanno due nomi.
Chiese a ogni angolo
Chiesa cristiana degli Avventisti del Settimo Giorno
Non tutte accettano volentieri i turisti, specie se arrivano in massa.
Se si è accettati, come in questa, è consigliabile, o inevitabile, farsi coinvolgere nella funzione religiosa.
Libreria specializzata in letteratura afroamericana e importante polo culturale del quartiere per trentatré anni, da molto tempo bisognosa di sostentamento. Sono arrivata tardi: ha chiuso.
Il rinomato Sylvia’s Restaurant invece ha festeggiato il 45º anniversario
Andrea cammina spedito verso Sylvia’s, Queen of Soul Food.
Il ristorante è frequentato dai locali e dai turisti per il gospel brunch della domenica dalle 11 alle 16
Tutti si danno appuntamento da Sylvia, infatti è pieno.
Val la pena aspettare: l’ambiente è OK, i camerieri hanno la divisa, la direttrice di sala è cool.
Questo poster me lo sarei portato a casa
Anche il bancone, per il takeaway o per un pasto veloce, è affollato tutto il tempo. Le torte, come ogni cosa americana, sono enormi. Alcuni clienti sono molto eleganti.
L’attesa per il tavolo è molto lunga perché siamo in otto ed è proprio domenica mattina. La direttrice ha preso il nostro caso a cuore, e ogni tanto viene a trovarci: Keep on talk, talk, talk!, ci dice.
L’atmosfera è calda, qualche cliente balla e canta, compresi i camerieri e la direttrice, che fa anche l’hostess per British Airways.
La cantante viene al nostro tavolo: Italy is in the house!, annuncia a tutto il locale.
Scorcio in attesa del pranzo, servito velocemente. Petto o coscia?
Coscia, naturalmente. Sylvia’s fa il miglior pollo fritto dello Stato di New York City.
Usciamo che è quasi sera, ma ne è valsa la pena.
- Aggiornamento: Bobby Robinson è scomparso il 7 gennaio 2011. Inoltre, il negozio è sparito definitivamente pochi giorni dopo la mia visita, sfrattato per far posto a un ufficio.[↩]
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