Mississippi Hills – pt 2

(Como)

This-n-that, Como, MS

Sulla strada per Como

Como, MS

Como, Panola County. La contea Panola è un po’ Delta e un po’ Hill Country: appartiene alla regione Hills, ma confina con il Delta. Il marker storico, tra Main Street e Oak Street nel distretto storico, attesta l’ispirazione del Lago di Como per la scelta del nome della cittadina.

Como, MS

Il primo insediamento fu di George Tait e signora quando nel 1832 arrivarono dalla Georgia e comprarono la terra che poi divenne Como. Vendettero qualche lotto ad altri coloni, ma per ricevere la posta dovevano nominare il luogo, così pare che un laghetto vicino a un emporio fece pensare a Como. La piccola comunità, che fino al 1906 si chiamò Como Depot, crebbe soprattutto attorno alla ferrovia, la quale passando proprio in mezzo alla città contribuì allo sviluppo di un commercio fiorente, tanto che tra i tardi anni del 1800 e fino al periodo della Grande Depressione in proporzione alla popolazione c’erano più milionari qui che altrove negli USA.

Main Street, Como, MS

Oggi è economicamente depressa, con solo un migliaio di abitanti ma ben tre blues marker di musicisti del luogo messi in fila su Main Street: Fred McDowell, Othar Turner e il nativo Napolian Strickland. Oltre a quest’ultimo la piccola Como vanta altri musicisti nativi, altrettanto caratteristici: Sid Hemphill, sua figlia Rosa Lee Hill (registrata da George Mitchell e da Alan Lomax, v. anche nota 9 in Bentonia, MS) e la nipote Jessie Mae Hemphill (anche se non è certo che le due siano nate qua, Jessie Mae forse nella vicina Senatobia), R.L. Boyce, l’armonicista di strada Turner Junior Johnson, registrato da Lomax, e il chitarrista nei Tennesssee Three di Johnny Cash Luther Perkins. W.C. Handy, invece, prendeva il treno da Memphis per venire a suonare qui in Main Street.
Nel 2007 Jimbo Mathus ha rilocato a Como il suo Delta Recording Service, dopo averlo aperto a Clarksdale.
Poco a sud di Como c’è Sardis, dove ha vissuto il cantante gospel e R&B Joe Henderson, nella piantagione Hayes (a sud-ovest di Sardis), così come il chitarrista Lester ‘Big Daddy’ Kinsey e il banjoista Lucius Smith. Henderson e Kinsey si trasferirono entrambi a Gary, Indiana. Henderson (1937-1964), originario di Como, nel 1962 ha avuto un brano nei top ten della classifica R&B e in quella nazionale, Snap Your Fingers.

Windy City Grille, Como, MS

Windy City Grille. Siamo stati bene qui, e data la tarda ora in cui di solito pranzavamo anche in questo caso il servizio è stato ottimo essendoci pochi clienti. Windy City perché offre “pizza in stile Chicago”, che non abbiamo avuto il coraggio di provare. Non ricordo cos’abbiamo ordinato, ma sicuramente specialità locali o comunque del sud, forse catfish: con il pesce fritto o un’insalatona di quelle loro (cioè americane, cioè abbondanti) difficilmente si sbaglia (“o” perché di solito sono piatti unici).

Othar Turner blues marker, Como, MS

Othar Turner (aka Otha Turner, 1907-2003) è il musicista fife & drum più noto ai nostri tempi avendo raggiunto la fama mondiale durante il blues revival degli anni Novanta del secolo scorso (insieme ai colleghi dell’Hill Country blues visti nel precedente articolo) come l’ultimo suonatore vivente e attivo (1) del tradizionale fife o fice (come un flauto traverso per posizione, ma di bambù e senza tasti) della musica delle marching band di fife & drum, fino al 27 febbraio 2003, quando morì nella sua Gravel Springs a 95 anni.
Ho scritto sulla tradizione fife & drum afroamericana del Mississippi del nord (oltre che al link “fife & drum” sopra), anche nell’articolo del Sunflower Festival a Clarksdale in occasione dell’esibizione di Shardé Thomas, la nipotina (dodicenne ai tempi della scomparsa di nonno Otha) succeduta alla guida della Rising Star Fife & Drum Band di Turner.
È da notare che le sonorità e il rituale fife & drum pur avendo un certo carattere africano non sono stati importati dall’Africa. Piuttosto, gli afroamericani hanno infuso in ambito popolare la marcia militare euro-americana dei coloni nella poliritmia distintamente africana mediante strutture basate su riff e schemi call-and-response, probabilmente sulla scia della fine della Guerra Civile e forse utilizzando strumenti militari dismessi. Prima della guerra agli schiavi era in gran parte vietato suonare i tamburi per timore che li usassero per comunicare segretamente, sebbene gli afroamericani avessero già servito in unità militari (2) suonando flauti, pifferi, tamburi e trombe. Per trovare tracce di bande militari fife & drum americane bisogna risalire almeno fino alla guerra d’indipendenza.
Il repertorio delle band fife & drum nere che nacquero in ambito civile (dalla fine dell’Ottocento) per tradizione comprende spiritual e canzoni minstrel, e in seguito brani strumentali e proprie versioni di successi blues rurali e urbani, come Sitting on Top of the World dei Mississippi Sheiks e My Babe di Little Walter. Sebbene la tradizione sia identificata con il nord del Mississippi, è stata documentata anche in altre aree tra cui il Mississippi sud-occidentale, il Tennessee occidentale e la Georgia centro-occidentale. George Mitchell, ad esempio, nel 1969 registrò a Waverly Hall, Georgia, la Georgia Fife & Drum Band di J.W. Jones (fife), Floyd Bussey (bass drum) e James Jones (kettle drum).

Il patriarca Othar Turner, nato il 2 giugno 1907 o 1908 nella Madison County (nei pressi di Canton), a nord-est della capitale Jackson, si trasferì ancora in fasce con la madre nel nord del Mississippi, dove per gran parte visse nelle contee Tate e Panola. (3) Imparò da ragazzino a suonare l’armonica, le percussioni e il can fife stimolato dai picnic popolari di musica fife & drum, tradizione già consolidata nell’area, e da un mezzadro locale, R.E. Williams, che gli costruì il suo primo strumento prima che cominciasse a farli in autonomia con un pezzo di canna di bambù svuotato e lasciato asciugare per mesi, sul quale otteneva cinque fori per le dita e uno per la bocca usando un punteruolo caldo.
Alan Lomax nel 1978 registrò Turner per il suo documentario The Land Where the Blues Began, mentre George Mitchell lo aveva già registrato a Como nel 1967 (non al fife, ma alla chitarra: Black Woman e Bumblee Bee), Chris Strachwitz nel 1969 in uno studio di Memphis, e David Evans a casa nel 1970, e la sua musica uscì su varie antologie (di Testament, Arhoolie, L+R).
Negli anni 1970 Turner con la sua Rising Star Fife and Drum Band cominciò a esibirsi fuori dal Mississippi in vari festival, come al New Orleans Jazz and Heritage Festival, a Chicago e a Memphis, pur continuando a lavorare nei campi, tanto che riuscì a comprarsi una fattoria con diversi animali a Gravel Springs, campagna a est di Como e Senatobia, e a tenere i picnic nella sua proprietà durante i weekend del 4 luglio e/o del Labor Day, a base di musica fife & drum, capra arrosto (da lui macellata e cucinata al barbecue), panini con carne di maiale, pesce, birra e whisky fatto in casa, e balli su ritmi che con l’avvicinarsi della sera si facevano più frenetici. I picnic erano occasione di raduno tra locali e famigliari, ma con il successo attrassero gli appassionati di blues da Memphis, e poi da tutto il mondo.

Nei primi anni 1970 il gruppo si chiamava The Gravel Springs Fife & Drum Band, con Napolian Strickland al fife (Turner ai rullanti o alla grancassa), G.D. Young, e Abe ‘Cag’ Young (grancassa, figlio di Lonnie Young, che insieme al fratello Ed Young e al cugino G.D. aveva una popolare fife and drum band registrata nel 1959 da A. Lomax nello stesso viaggio che lo portò alla scoperta di Fred McDowell), (4) dove appariva anche sua figlia Bernice Turner Pratcher. Turner, Jessie Mae Hemphill e Abe Young si sono esibiti come Mississippi Fife and Drum Corps in un episodio di una popolare serie TV americana, mentre la Hemphill alla grancassa, A. Young al rullante e Strickland al fife si possono vedere nel documentario Deep Blues.
Turner è apparso in diversi documentari (come Gravel Springs Fife and Drum), in Mississippi Blues di B. Tavernier, in Gangs of New York di Scorsese (con Shimmy She Wobble), nella serie The Blues (ep. Dal Mali al Mississippi), e in molte antologie. Il suo primo album, Everybody Hollerin’ Goat, l’ha pubblicato a 90 anni con la Rising Star Fife and Drum Band nel 1998 per Birdman Records, seguito da From Senegal to Senatobia nel 1999, combinante la musica di Turner con quella degli Afrossippi Allstars, entrambi prodotti da Luther Dickinson. (5)
La Rising Star Band alla fine degli anni 1990 includeva il nipote R.L. Boyce (1955), anche batterista blues nelle sessioni con J.M. Hemphill e altri artisti, e solista come cantante e chitarrista, la figlia Bernice, i nipoti Rodney, Bill e Andre, e la nipotina di otto anni Shardé al fife (anche un altro nipote, K.K. Freeman, suonava il fife, ma solo Shardé sta continuando). Otha Turner ha cresciuto sei bambini (quattro figlie e due nipoti), e alla sua morte ha lasciato tre figlie, una figliastra, 35 nipoti e 25 pronipoti. Colpisce che Bernice Turner, in una casa di cura per cancro in fase terminale, abbia seguito il padre nell’aldilà a distanza di qualche ora, nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, a 48 anni.

Napolian Strickland blues marker, Como, MS

Napolian Strickland (1924-2001) nacque pochi chilometri a est di Como ed è rimasto tutta la vita nell’area. Imparò il can fife da autodidatta, portandoselo dietro e suonandolo su e giù per le strade dell’Hill Country. Ispirato dal suonatore di fife nel gruppo del batterista John Tyler di Sardis, Strickland ha inoltre riferito d’aver imparato seguendo le istruzioni di suo nonno a riguardo del sedersi su una tomba in un cimitero a mezzanotte. Più realisticamente, ha quasi certamente usufruito degli insegnamenti di Othar Turner, anche per la fabbricazione dello strumento.
Per diversi decenni è stato il musicista fife & drum più richiesto in Mississippi, regolarmente invitato ai picnic regionali per animarli anche con i suoi personali e caratteristici balli, che fossero riunioni di famiglia e/o di vicini o feste e celebrazioni religiose sponsorizzate da agricoltori e imprese locali. Era in grado di suonare molte ore di seguito, guidando la consueta processione di percussionisti e ballando come in un rito tribale, i musicisti attorniati dai convenuti.
Era abile anche sugli strumenti a percussione, l’armonica, la chitarra, il diddley bow, per contro non riusciva a sostenere una conversazione. Molto ricercato dai folcloristi desiderosi di filmare e registrare le sue esibizioni, il primo fu George Mitchell nel 1967 che lo registrò con la Como Fife & Drum nei campi dietro il negozio di L.P. Buford, sulla stessa strada di casa di Othar Turner, accompagnato da diversi percussionisti. In seguito arrivarono David Evans, William Ferris, Chris Strachwitz; alla grancassa spesso c’era Otha, il cui gruppo fu il primo al quale Strickland s’unì.

Anche Strickland appare nel documentario The Land Where the Blues Began di Lomax, che in seguito gli dedicò diverse pagine nel libro omonimo, descrivendolo mentre suona can fife, diddley bow, armonica, dobro, i primi due fabbricati al momento, e prendendo spunto dal suo approccio musicale multiforme (“Napoleon ama, vive, mangia ed esiste per la musica”, pag. 305) per una disamina sul metodo emotivo e improvvisativo dei musicisti afroamericani rurali, basato su una concezione melodica complessa e dinamica in seno alla tradizione popolare orale, dagli effetti irresistibili non ottenibili mediante notazione musicale, e osservando (nella fattispecie qui si riferisce al diddley bow, o jitterbug, suonato da Strickland) la multilateralità degli arti e la capacità di sincronizzazione degli elementi in entrata e in uscita, derivata ed ereditata dalla danza africana.
Sue registrazioni sono uscite su Arhoolie, Testament, Blue Thumb, Southern Culture e le etichette della Library of Congress, tuttavia Strickland, forse affetto dalla sindrome del savant, ha lavorato e vissuto in fattoria la maggior parte della sua vita, spesso con la madre Dora Tuggle, viaggiando occasionalmente per suonare nei festival.
Dopo aver perso parzialmente l’uso del braccio sinistro a causa di un incidente d’auto a metà anni 1980, è entrato in una casa di cura a Senatobia e vi è rimasto fino alla fine senza più esser in grado di suonare.
Sono citate diverse date di nascita, spesso il 1919 essendo nei documenti della previdenza sociale, ma il suo certificato di nascita riporta 6 ottobre 1924; anche il nome si trova in diversi modi nei documenti, tuttavia sul Mississippi Blues Trail appare “Napolian” in base a ciò che hanno riportato i familiari al suo funerale.
Morì al North Oak Regional Medical Center il 21 luglio 2001; diversi eventi si sono tenuti in suo onore a Como, incluso il Napoleon Strickland Day, organizzato da Julius Harris e Beverly Findley.
Tra i musicisti che hanno lavorato spesso con lui c’è il già nominato R.L. Boyce. Altri suonatori di fife di Como sono stati John Bowden (1903-2000), ispiratore di Otha Turner, e Willie Hurt.

Fred McDowell blues marker, Como, MS

Blues marker di Fred McDowell in Main Street a Como; c’è anche un suo historic marker a Rossville, Tennessee (a est di Memphis), dove nacque nel 1904. (6) Riposa nel cimitero della Hammond Hill M.B. Church (8475 Tate Panola Road); lasciamo la macchina nel parcheggio della chiesa e attraversiamo la strada verso la collinetta (sul lato destro della foto sotto) su cui si trova il cimitero. McDowell è nel mezzo di una fila verso il fondo. La sperduta Tate-Panola Road (sotto) mi ha incantato, così carica di suggestioni Hill Country blues e delle immaginifiche e misteriose vibrazioni del chitarrista, per me tra le più belle dell’intero panorama blues.

Tate-Panola Road, Como, MS

Esistono due versioni sui suoi primi anni: una (Strachwitz) lo vuole orfano di entrambi i genitori in tenerissima età, e quindi portato in Mississippi da una sorella sposata che lo tira su finché da giovane adulto non torna in Tennessee, a Memphis, lavorando in un oleificio fino circa al 1929, quando è di nuovo in Mississippi a raccogliere cotone, prima di stabilirsi in una piccola fattoria vicino a Como dove Lomax lo scopre nel 1959.
L’altra (Welding) lo vede passare sia l’infanzia che l’adolescenza nel luogo natio, appunto Rossville, TN, dove cresce lavorando i campi con il padre e imparando a suonare sulle chitarre altrui, e dove ai balli di paese canta sulla musica osservando i musicisti così attentamente da riuscire poi a riprodurre ciò che più lo colpisce.
In sostanza la grande differenza tra le due versioni è la mancanza o meno dei genitori, oltre la crescita in Tennessee o in Mississippi, in seguito ci sono distinti riferimenti sulle prime influenze e la pratica, ma non contraddizioni come nel racconto della fase iniziale.
Il motivo per cui secondo me è interessante guardare in modo più veritiero possibile ai primi 20-30 anni di vita di un musicista di questi, anni di solito poco o per niente documentati (in particolare dei bluesman nati ai primi del Novecento o alla fine dell’Ottocento) e per i quali non si può che fare affidamento sui racconti dell’artista stesso benché a volte contraddittori (sempre che negli anni Sessanta l’ipotetico bluesman esistesse ancora e fosse intervistato, perché prima di quell’epoca non interessava a nessuno a parte qualche sparuto ricercatore), è soprattutto per questioni di formazione. Quando un talento è così grande viene da chiedersi quanto il dove e il come abbiano avuto parte nel risultato, benché la casualità della natura individuale ne costituisca sempre, credo, il nocciolo fondamentale oltre che indefinibile (e proprio per questo se ne cercano tracce in faccende meno astratte).

Tate-Panola Road, Como, MS

La versione Welding è riferita da McDowell stesso (intervista con Pete Welding pubblicata in Blues Unlimited nº 24 luglio-ag. 1965, dalle note del disco Long Way From Home), e lo vede crescere in Tennessee lavorando con il padre nel campo famigliare: dodici acri con cotone, piselli e mais.
Il bluesman racconta d’aver cominciato poco più che bambino apprendendo i primi rudimenti di chitarra da un tipo “molto bravo” di Rossville, Raymond Payne, ma per quanto riguarda lo stile slide afferma d’averlo osservato per la prima volta da un vecchio zio quand’era piccolo, il quale invece di un collo di bottiglia usava un osso di bistecca lasciato seccare e levigato; all’inizio lui invece sperimenta con un coltellino tascabile. Di fatto però nessuno gli insegna nulla direttamente, compresa la sorella maggiore che suonava la chitarra; osserva e basta, dice, riflettendo sul fatto che non sarebbe riuscito a imparare se qualcuno avesse provato a insegnargli formalmente.
A ventun anni lascia Rossville e il lavoro agricolo, e va a Memphis. Lì lavora da Buckeye Oil Mill, grosso impianto in cui rimane circa tre anni; sono i tardi anni 1920, ma non è tra i primi bluesman registrati all’epoca. Strachwitz riferisce che ascolta i dischi di Charlie Patton, Blind Lemon Jefferson e Blind Willie Johnson, e che attorno al 1929 sente Patton in persona a Cleveland, MS, (7) forse nel juke joint della piantagione in cui McDowell si reca prendendo il bus da Memphis durante la stagione del raccolto del cotone, quando c’è più richiesta di lavoratori. (8)
Forse chi lo impressiona di più tra i tre è Johnson, dato che il tocco slide di McDowell ricorda quello dell’evangelista cieco, insieme alla ricchezza e alla profondità espressiva, e agli echi di Annie Mae McDowell come la voce femminile che accompagna il prodigioso Johnson nei canti religiosi. Prende a vagabondare e a fare lavori occasionali, nella contea Chickasaw (Mississippi?) per il trasporto e lo stoccaggio dei tronchi, e ancora a Memphis nell’officina costruzione treni merci dell’Illinois Central, e al Peabody Hotel nel 1940 (dove più di cinquant’anni dopo si svolgerà la sua induzione postuma nel Blues Hall of Fame).

Hammond Hill MB Church Cemetery, Como, MS

La sua prima chitarra la acquisisce da un certo Mr Taylor, un texano bianco, nel periodo in cui lavora in un caseificio a White Station, vicino a Memphis, poco prima di trasferirsi in Mississippi, qualcuno dice ad Hudsonville (paese di Junior Kimbrough) nel 1941 circa, e a Como negli anni Cinquanta. Uno dei pochi bluesman che non solo non emigra al nord, ma si trasferisce più a sud.
Si esibisce alle feste e forma il suo repertorio usando il così detto make-up, modo in cui i bluesman creano nuovi brani utilizzando parole o frasi rimaste più impresse dai dischi altrui: la personalità del nuovo interprete emerge dall’uso che ne fa, aggiungendone di proprie.
Suona con accordature aperte in mi e sol, generando ritmi insinuanti e intricate variazioni melodiche per sottolineare e supportare la sua voce. L’effetto sonoro spesso risulta copioso eppure dettagliato, melodicamente complesso e potente nella spinta ritmica. Il suo slide produce armonici magici, sonagli evocanti spiriti, mentre il ritmo si annida tra linee e versi. Echeggia estetica africana, in un downhome blues acustico che a volte produce effetti e volumi come se fosse elettrico, tradizionale e allo stesso tempo moderno, originale come pochi. Musica affascinante e senza tempo la sua, ronzante, ipnotica, abissale, che caratterizzerà per sempre la regione Hills, e che ha rischiato di rimanere inascoltata oltre le dolci colline.
McDowell ha già 55 anni quando nel 1959 Alan Lomax arriva a lui su indicazione del vicino e suonatore di fife Ed Young, e lo registra nella sua fattoria a nord di Como, vicino alla casa di Lonnie Young. Lomax e la cantante inglese Shirley Collins, infatti, sono lì per registrare la fife & drum band degli Young e l’arcaica musica da ballo degli altri vicini, i fratelli Miles e Bob Pratcher, rispettivamente voce-chitarra e violino. Partecipano sporadicamente le voci della moglie Annie Mae e di James Shorty, Sidney Carter e Rosa Lee Hemphill (Rosa Lee Hill) (le ultime due figlie di Sidney ‘Sid’ Hemphill, altra influenza di McDowell), la chitarra di Miles Pratcher, e il comb della zia di McDowell, Fannie Davis (che inizia troppo vicino al microfono e sulla voce del nipote, ma poi s’aggiusta, suonando un “pettine a denti stretti avvolto nella carta igienica” [da A. Lomax, La terra del blues]). (9)

Hammond Hill MB Church Cemetery, Como, MS

Le registrazioni seguenti si realizzano solo nel 1962 e da parte di uno sconosciuto, Dick Spottswood (un neolaureato di Washington ammaliato, come Strachwitz, da quelle di Lomax), ancora a casa sua a Como (in Mississippi Fred McDowell, Rounder CD 2138, 1995) con un’unica, proficua giornata (una ventina di brani) che sarà pubblicata solo vent’anni dopo su vinili inglesi Heritage e Flyright. È incredibile anche la bontà audio, nonostante un piccolo pubblico di amici e vicini, bambini e cani, che crea atmosfera conviviale e agio a McDowell, ma che per il sonoro poteva esser sfavorevole, e se si tiene conto che Spottswood non ha nessuna mira commerciale.
Tra la partecipazione al festival di Newport nel luglio 1964 (su Vanguard) e le registrazioni Strachwitz per Arhoolie, McDowell entra nel revival folk-blues esibendosi nelle università e nei festival in USA e in Europa, e nei folk club. Strachwitz lo registra diverse volte tra il 1964 e il 1969, a Como, Berkeley e Memphis, anche in assetto elettrico. (10) Consiglio You Gotta Move (CD Arhoolie 304), che contiene anche gli unici due brani lasciati ai posteri dall’amico e vicino Eli Green, suo ispiratore noto localmente per l’associazione con il voodoo (e per l’influenza anche su ‘Junior’ Kimbrough: lo stregone Green pare aver donato a entrambi sonorità incantatorie). Difficile dire dove inizia uno e finisce l’altro, più in senso spirituale che strumentale: gran bella accoppiata, non c’è che dire, peccato sia finita lì. (11)
Strachwitz coglie occasione anche durante un tour europeo, il 20 ottobre 1965 a Londra, nella sessione per Big Mama Thornton, accoppiandolo alla grande cantante (Big Mama Thornton In Europe).

Fred McDowell grave, Como, MS

Anche se dentro il mestiere (a parte Spottswood) coloro che registrano McDowell (e non solo) negli anni Sessanta sono appassionati e intenditori, non discografici qualsiasi, complice il periodo di un blues revival culturalmente vivace e consapevole. Così anche Norman Dayron e Pete Welding non se lo fanno scappare, nel 1963 e 1964 a Como (tra blues e spiritual, v. My Home Is in the Delta, Testament TCD 5019), e a Chicago in versione tutta religiosa nel 1966 con gli Hunter’s Chapel Singers of Como (Annie Mae McDowell, Fannie Davis, Grace Bowden, James Collins), con cui era solito suonare alla Hunter’s Chapel, la sua chiesa.
Solo la sua chitarra acustica e quattro splendide voci oltre la sua, altra testimonianza imperdibile di ciò che McDowell riesce a sollevare dalle profondità, guidandoci in qualcosa di simile a un’estasi mistica (Amazing Grace, Mississippi Delta Spirituals by the Hunter’s Chapel Singers of Como, Miss., Testament, TCD 5004, 1994).
Welding, con David Evans, lo registra anche a Los Angeles all’University of California nel novembre dello stesso anno (Long Way From Home, The Blues of Fred McDowell, CD Milestone), e ancora nel 1968.
George Mitchell lo cattura invece a Senatobia nell’agosto 1967 (nella collezione Mitchell ci sono due brani in piena tradizione stomp country blues da festa, con la prorompente armonica di Johnny Woods, e in effetti sono registrati durante un affollato picnic di Turner, presente anche R.L. Burnside), e a Como, spesso con l’amico Woods, già citato nel precedente articolo (Fred McDowell and Johnny Woods, tracce uscite su diverse etichette in modi e tempi diversi, compresa Fat Possum con Mama Says I’m Crazy, 2003).

Fred McDowell grave, Como, MS

La catenella l’ho messa io, chissà se è ancora là. Il simbolo massonico sotto le date sta a significare la sua orgogliosa appartenenza (una massoneria un po’ diversa dalla nostra).
Ester Mae McDowell non è da confondere con Annie Mae McDowell, la moglie precedente che armonizza con lui nei brani religiosi. McDowell lascia Annie Mae per Ester Mae verso la fine della sua vita; con quest’ultima non ha figli, e quelli di Annie Mae sono gli unici eredi dei diritti d’autore che i suoi brani continuano a generare essendo stati rifatti da diversi e noti artisti blues e rock. Sotto, sul retro della lapide un verso di You Got to Move, suo adattamento di un vecchio spiritual diventato tra i più noti dopo esser stato inserito dagli Stones in Sticky Fingers.
Altri due suoi tipici signature song sono la splendida Write Me a Few Lines (attribuita a Eli Green), rifatta da Bonnie Raitt (non l’unica che la chitarrista ha ripreso), e Shake ‘Em On Down di Bukka White; anche se quest’ultima è ripresa da molti, quella di McDowell si salda nel repertorio dell’Hill Country blues, in particolare in Burnside, che inizia suonando proprio la chitarra di McDowell a una festa. Diventa così nota che tra i locali McDowell acquisisce il soprannome di Shake ‘Em.

Fred McDowell grave (back), Como, MS

Seguono altre registrazioni, alcune dal vivo (Mayfair Hotel a Londra nel 1969, Gaslight di New York nel 1971), e credo che l’ultima sessione in studio sia quella alla Malaco di Jackson, MS, nell’ottobre 1969 (I Do Not Play No Rock ‘n’ Roll, CD Fuel 2000 del 2001, prodotto da Tommy Couch), unico bluesman registrato dall’ancora attiva etichetta del soul mississippiano (entrando alla Malaco la prima cosa che si vede è una gigantografia di McDowel, v. articolo al link sopra).
Le ultime novità sono sbucate fuori nel 2010, da una calda notte di agosto del 1967 in cui Bill Ferris lo registra in modo informale circondato dal consueto drappello di amici e parenti (Napolian Strickland all’armonica). Un bel mucchietto di inediti uscito su Come and Found You Gone, via Devil Down Recordings di Chapel Hill, N.C., che insieme pubblica anche una serie di scatti di Ferris al picnic del 4 luglio 1970 di Othar Turner a Potts Camp, MS.
Nonostante il successo internazionale continuò a vivere in un trailer a Como, ricevendo visite da appassionati e aspiranti musicisti (tra cui Bonnie Raitt, che basa il suo stile slide su quello di McDowell), e a lavorare alla pompa di benzina presso la stazione di servizio/negozio di dolciumi Stuckey’s, all’angolo sud-est della Highway 310 e l’I 55 a Como:

All my friends are here, so you know I’m going to be here. There’s nothing for me to do at that trailer all day. And if a car comes in and needs gas, I might as well go fill it up. I’m going to be here anyway. They give me thirty-two dollars a week, and I’m just stealing that money, Dick. (12)

Stuckey’s era anche una specie di ufficio per McDowell, che come Burnside, Kimbrough, e verosimilmente tutti i bluesman mississippiani d’epoca non aveva un telefono. Il personale s’abituò a ricevere chiamate di agenti e produttori, anche con accenti stranieri: “We got Paris, France, on the phone, Fred“.
Muore al Baptist Hospital di Memphis il 3 luglio 1972. Per molti anni la sua lapide ha riportato il 1872 come anno di morte; con l’interessamento di Dick Waterman, Chris Strachwitz e Bonnie Raitt ne è stata posata una nuova negli anni Novanta.
Al prossimo e ultimo articolo sull’Hill Country blues, nonché l’ultimo sul viaggio in Mississippi.

(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Historical Markers; note a The George Mitchell Collection, Volumes 1-45, Fat Possum Records, 2008; note a Fred McDowell, The First Recordings, Rounder Records CD 1718, 1997; note a Long Way From Home, The Blues of Fred McDowell, CD Milestone, 1990; note a Fred McDowell, You Gotta Move, Arhoolie CD-304, 1994; Alan Lomax, La terra del blues, viaggio all’origine della musica nera, Il Saggiatore, MI, 2005.)


  1. I fratelli Young e Sid Hemphill già scomparsi, Strickland in una casa di riposo.[]
  2. L’uso del termine “afroamericani” qui, cioè in ambito militare, mi sembra più appropriato rispetto a “schiavi”, anche quando la schiavitù era ancora in vigore; il termine “african-american”, in ogni caso, non è un’invenzione politically correct moderna, ma risale a molto prima della fine della schiavitù, al di là che venisse usata solo in determinate occasioni.[]
  3. Da adulto per qualche mese visse anche a Muncie, Indiana, e frequentò Indianapolis, Memphis, Blytheville, Grenada, Batesville, Jackson. Lavorò sulla ferrovia, e trasportò legname con i muli attraverso le foreste.[]
  4. Nel libro La terra del blues, Lomax descrive la focosa performance degli Young e l’interazione ritmica con il pubblico danzante.[]
  5. Luther Dickinson ha registrato Turner su nastro durante i picnic nell’arco di sei anni, e come cantante di blues, sempre a casa sua, accompagnato da lui stesso alla chitarra slide in stile Fred McDowell. Luther ha pubblicato un EP di quattro tracce della Rising Star Band nel 1995 sulla sua etichetta Sugar Ditch Records.[]
  6. McDowell non ha mai saputo con esattezza la sua data di nascita. Viene spesso citato il 12 gennaio 1904, riportato sulla tomba e ufficializzato, anche se i documenti della previdenza sociale e del censimento indicano il 1906 e il 1907.[]
  7. Il periodo combacia con la presenza di Patton a Cleveland, che visse nella vicina Merigold dal 1924 al 1929 circa, come descritto nell’articolo al link.[]
  8. I proprietari dei campi di lavoro s’assicuravano che la manovalanza potesse soddisfare i bisogni ricreativi, ottenendo così un doppio beneficio: lo svago dei lavoratori e un guadagno extra. McDowell ha ricordato un cosiddetto floor walker aggirarsi per il locale reggendo vasche piene di whisky per i clienti.[]
  9. Queste prime registrazioni escono nel 1960 su Atlantic; oggi si possono trovare nella serie Portraits, Alan Lomax Collection, Fred McDowell, The First Recordings, Rounder Records, CD 1718, 1997, e in parte ascoltare direttamente qui (link non visibile nel pop-up, occorre cliccare la nota).[]
  10. Elettrico solo verso la fine degli anni 1960, e McDowell ci terrà a precisare che lui “non suona rock ‘n’ roll” (frase che poi sarà il titolo di un album), accompagnato da eccellenti musicisti bianchi, come il chitarrista Mike Russo, il bassista John Kahn (noto nella band di Jerry Garcia), e il batterista Bob Jones (ad es., in The Best of Mississippi Fred McDowell, Arhoolie CD 501).[]
  11. Brooks Run into the Ocean e Bull Dog Blues, in ‘Mississippi’ Fred McDowell, You Gotta Move, Arhoolie 304, 1964/1994. Registrati a casa di Eli Green nella sperduta campagna di Holly Springs nel marzo 1965, la lead guitar è McDowell, Green all’anarchica voce e all’altra chitarra. Lo spirito del blues rurale primordiale è senz’altro evocato. Di più, tirato fuori e percosso. In entrambi i brani si riconoscono i suggestivi ghirigori di McDowell; il primo riporta al Muddy Waters pre-elettrico, il secondo ha ritmica accentuata dai battiti legnosi sul pavimento della baracca e della chitarra, e sul finale si moltiplica in modo irruento causando l’ilarità dei due e di chi ascolta. Nelle note al disco c’è il racconto di Strachwitz delle circostanze della ricerca e del ritrovamento di Green, simili a quelle che avrebbero potuto esser quarant’anni prima. Nelle stesse il produttore scrive che McDowell porta il bottleneck autocostruito al terzo dito, e che (il bottleneck) è di misura ridotta per permettergli di suonare la melodia e la ritmica con entrambe le mani. Per terzo dito intendo l’anulare.[]
  12. Risposta di McDowell alla domanda del fotografo e suo agente Dick Waterman su come mai conservasse quell’impiego.[]
Scritto da Sugarbluz // 17 Gennaio 2019
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