Jackson, Mississippi – pt 2

(Queen of Hearts, Hal & Mal’s, Malaco Records)

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Queen of Hearts, 2243 Martin Luther King Jr Drive, club notturno storico di Jackson. La struttura risale ai primi Novecento, ma la musica è cominciata nel 1972 con il proprietario Chellie B. Lewis, nipote di Eddie Boyd. Big Bad Smitty, nativo di Vicksburg, e Sam Myers suonavano qui regolarmente; i due, come altri musicisti, hanno anche alloggiato al piano superiore. Si trova all’angolo con Ann Banks Street, dov’è la casa che fu di Johnnie Temple e in cui abitarono diversi bluesman (v. link), a pochi passi dietro il locale.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Anche il chitarrista King Edward, figura storica vivente del blues di Jackson (come Jesse Robinson, v. suo concerto in fondo all’articolo), ha suonato qui dai primi anni fino ai giorni nostri (oggi è ottantenne), durante i quali Chellie Lewis ha ingaggiato musicisti e cucinato soul food ogni fine settimana. Lewis, nativo di Bolton, MS, aprì con il nome Nina’s Lounge prendendo il locale in affitto da Mose Chinn, il cui fratello Clarence gestiva il popolare New Club Desire a Canton. In precedenza Lewis aveva gestito una “casa del whisky” con un jukebox nei pressi dei Maple Street Apartments (demoliti nel 2009 per la presenza di amianto), e lavorato come cameriere al club di Percy Simpson in Moonbeam Street, dove a volte suonava il piano con la band di Elmore James. Non ho mai visto così tanti avvisi concentrati in un unico posto: ce n’è sui lati dell’edificio, sulle baracche dietro il locale, e all’interno; sullo specchio dietro il minuscolo palco c’è scritto This club is for you, but if you came to clown you can just turn around.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Altri musicisti di casa al Queen of Hearts sono stati, citando solo i più noti, McKinley Mitchell, Nolan Struck (fratello di King Edward), Johnny Littlejohn, Bobby Rush, Z.Z. Hill, Little Milton, Dorothy Moore, Lee ‘Shot’ Williams, Greg ‘Fingers’ Taylor (uno dei pochi bianchi), Walter Lee ‘Big Daddy’ Hood, Jesse Robinson, Robert ‘The Duke’ Tillman, J.T. Watkins, Sam Baker Jr, Louis ‘Gearshifter’ Youngblood, Dennis Fountain, Cadillac George Harris.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

È un juke joint autentico, ma non bisogna aspettarsi musica dal vivo con regolarità, né necessariamente blues. Un cartello dice che la serata blues è al sabato, noi c’eravamo di venerdì. Condivido ciò che dice Cheseborough nella sua guida: «La musica di solito non comincia prima di mezzanotte, a volte non comincia affatto. Rilassatevi, bevete qualcosa e siate pazienti, magari fate una colletta per motivare la band a suonare». Nel nostro caso non è cominciata, ma era ancora presto oltre a non esser serata, mentre la storia della colletta è plausibile dato che la band era lì e forse se ci fosse stato qualche altro cliente avrebbe suonato per le mance.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Qui ho vissuto un’esperienza un po’ inquietante, già dall’inizio con la sensazione d’esser entrata in un luogo privato più che in un locale pubblico, anche perché il locale era vuoto. In realtà poi non è successo niente e più che di paura s’è trattato di disagio, sebbene di solito io mi trovi bene in questo genere di posti (se suonano). La sensazione di pericolo è rimasta latente mentre ero lì; l’ho realizzata di più dopo, ma può darsi fosse un po’ immotivata. S’intende che è stata un’impressione personale e non equivale a dire di non andarci (anzi!), e sicuramente sarebbe stato diverso se ci fossero stati altri clienti.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Sono entrata, sola, per chiedere se più tardi avrebbero suonato. Dentro era semibuio e non ricordo quasi niente dello scambio verbale, occupata a gestire l’immediata sensazione di passo incauto. Il proprietario era seduto, seminascosto, dietro il bancone, rimanendoci (v. foto), e due tizi erano di fronte sorseggiando liquor, probabilmente già oltre il pensiero del tipo che ci fa una donna bianca sola in questo quartiere e in questo locale di neri? (1) Uno dei miei primi pensieri invece è stato come dileguarmi senza dar l’idea di una che, senza offesa, vorrebbe andarsene subito da lì.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Indietreggio mentre chiedo il permesso di fare qualche foto, tanto per distrazione o per la scusa di allontanarmi un po’, ma non ricordo assolutamente come sono arrivati altri due o tre, cioè se dall’esterno o dall’interno, vedo solo che improvvisamente sono lì, i componenti della band suppongo. Ora almeno hanno visto che non sono sola, ma permane la sensazione di fuori posto se non di pericolo, perché alcuni di loro sembrano alticci.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Ci sono il cantante, il bassista, il batterista e il chitarrista, oltre a Chellie B., e mi pare che non abbiano intenzione di suonare, neanche più tardi. Il cantante però, che si chiama Marvin Bradley (me l’ha scritto su un foglietto, e il suo nome è sul retro del blues marker dedicato al locale), dice che canterà per me. Così mi prende per mano, mi fa sedere al bancone e intona al mio indirizzo qualche verso di Bring It on Home to Me; la cosa mi rilassa un po’ (ma non del tutto), anche perché sono parole familiari, che seguo sottovoce.

Blues marker of the Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Nonostante il bel momento continuo a desiderare di uscire. Mi accorgo che il bassista, sobrio, sembra nervoso e allo stesso tempo vigile, all’erta, e realizzo che fin da quando è comparso m’è stato accanto; tanto come gli altri paiono distratti lui sembra molto presente. Con il suo tacito aiuto spostiamo la situazione fuori, come se mi leggesse nel pensiero, qualcuno esce (tra cui Marvin, che va in macchina a prendere carta e penna), qualcuno rimane dentro.

Queen of Hearts, Jackson, Mississippi

Dopo un po’ ce ne andiamo, con un certo sollievo.

Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Tutt’altra storia da Hal & Mal’s Restaurant and Brewery, 200 S Commerce St., un po’ radical chic, ma popolare e accessibile. All’interno spiccano le foto autografate (il primo a firmare l’autograph wall è stato Albert King, esibitosi per i fratelli Hal e Mal nel 1985), la cassetta postale di Jack Owens, gli occhiali che Elvis indossò alla parata del Rose Bowl, le decorazioni delle toilette: per le donne il tema è Ma Rainey, per gli uomini Elvis.

Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

È un grande edificio in mattoni a vista con ristorante, birreria, sala per concerti simile a una taverna e altri spazi, offrente diversi generi musicali durante la settimana. Lunedì è serata di blues jam, il Central Mississippi Blues Society’s Blue Monday, ma noi ci capitiamo sabato senza sapere che è una serata speciale, con una registrazione dal vivo per una stazione radio, e alla fine abbiamo beccato due concerti, anche se sapendolo prima avremmo potuto far meglio.

Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Quando arriviamo davanti a una delle entrate c’è molta fila; la maggior parte sono bianchi di mezz’età. Dato che siamo lì per cenare (era presto – l’americano medio va a tavola tre le 18 e le 19, ma noi avevamo fatto solo la colazione al mattino) e che non sappiamo per cos’è la fila, decidiamo di andare al ristorante, che ha un altro ingresso, e poi eventualmente scoprire di che si tratta.

Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Nonostante l’ora pre-tramonto anche il ristorante è pieno e non c’è posto, ma ci trovano un tavolino in un angolo dove qualcuno deve evidentemente suonare, cosa che cominciano a fare quando abbiamo quasi finito, così possiamo spostarci un po’. Purtroppo la fortuna della posizione ravvicinata non è equivalente alla qualità della proposta.

Joshua Steven Ward Duo, Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

È un duo acustico e il leader si presenta come Joshua Steven Ward (a dx), mentre del compare ricordo solo che proviene da Mobile, AL. Li abbiamo ascoltati per poco più del tempo di un lungo caffè bollente perché sia la scaletta – a parte l’iniziale Blackbird (Beatles) – con Wild World di Cat Stevens, un brano dei Genesis e uno autografo, sia l’esecuzione dallo stile troppo fiorito, da formazione classica, non mi piacciono granché, e quando attaccano Billie Jean di M. Jackson decido che ne ho abbastanza (ma gli lascio lo stesso la mancia).

Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Ci fossimo alzati un po’ prima! Infatti, entrando per curiosità dalla porta a fianco, quella dov’era la fila, troviamo ora una situazione molto tranquilla, l’ingresso non si paga più e, che sorpresa, dalla Big Room esce musica blues.

Jesse Robinson Band, Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

C’è questa ottima band sul palco: ancora non so che si tratta di Jesse Robinson, pezzo storico sulla scena di Jackson, ma mi basta il bel suono e il repertorio con classici del rhythm and blues. Mi pento subito d’averne perso una parte stando ad ascoltare quelli là, ma non è mai troppo tardi per finire in bellezza la giornata.

Jesse Robinson Band, Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Il pubblico è scarso, qualcuno balla.

Jesse Robinson Band, Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

How Blue Can You Get, Everyday I Have the Blues, Rock Me Baby, The Thrill Is Gone, You Put It on Me… via via mi rendo conto che stanno suonando solo brani di B.B. King.

Jesse Robinson Band, Jackson, Mississippi

Scopro che dalla scomparsa di King Jesse Robinson è ufficialmente il frontman della B.B. King Blues Band, ruolo (con cui ha debuttato al New Orleans Jazz and Heritage Festival) che è conseguenza naturale dato che per anni ha suonato e aperto per King, e che il suo stile s’ispira chiaramente a quello del grande bluesman di Berclair.

Jesse Robinson, Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Living Blues ha dedicato buona parte del nº 244 (ag. 2016, uscito mentre ero là) alla scena blues passata e presente di Jackson, e lì Scott Barretta su Robinson ha scritto la stessa cosa che ho pensato quando ho saputo del suo ruolo al posto di B.B. King: è la persona giusta essendo poco noto fuori Jackson e quindi non creando particolari aspettative e, aggiungo, non essendo per età nella fase (se mai c’è stato) in cui preme realizzarsi con un proprio repertorio; questo non significa che Robinson non sia anche autore e solista (lo è), ma solo che forse non rischia di sentirsi ingabbiato in un materiale che è comunque parte della sua vicenda.

Jesse Robinson Band, Jackson, Mississippi

Nato nel 1944 a Benton, MS, è cresciuto a Mileston, appena fuori Tchula. Seventh son di quattordici, cominciò a suonare nei servizi religiosi nella chiesa del padre predicatore. La sua famiglia traslocò a Jackson quand’era adolescente, e più tardi Jesse prese a frequentare un club-sala da gioco, il già citato Percy Simpson’s in Moonbeam Street (ora Percy B. Simpson Drive), dove Elmore James s’esibiva regolarmente quand’era in città (con Sam Myers alternativamente al piano, alla batteria, armonica e voce).

Jesse Robinson, Jackson, Mississippi

I suoi primi concerti furono con band scolastiche alle gare di talenti dell’Alamo Theatre. A metà anni 1960, Robinson era nella house band del batterista Joe Dyson (ho parlato di Dyson nella I parte) in un altro leggendario locale della città e uno dei più rimpianti, il Stevens’ Rose Room, nella stessa area del Percy Simpson’s denominata Strip, zona delle attrazioni notturne a quotidiano spargimento di sangue e invisa dalla polizia, nei pressi dell’incrocio della Highway 49 con Northside Drive (stessa zona di Malaco Records).

Jesse Robinson, Jackson, Mississippi

Il suo principale mentore fu Willie Thompson, altosassofonista che gli insegnò a leggere e comporre musica, ma anche Henry ‘Skeets’ McDonald, chitarrista jazz arruolato in big band a Chicago con stile alla Django Reinhardt, e negoziante di dischi. Robinson, come tutti i decani del blues cittadino, fu assiduo sul palco del Subway Lounge al Summers Hotel, ma suonò spesso anche per il pubblico bianco nelle sale da ballo e nei ristoranti quand’era nell’orchestra di Duke Huddleston.

Jesse Robinson Band, Jackson, Mississippi

Nel 1965 si trasferì a Chicago lavorando con una sua band e come sideman (ad es., con Eddie Shaw e Jimmy Johnson), e per poco tempo con altri due migranti di Jackson, King Edward e McKinley Mitchell. Tornato a casa nel 1971, formò una nuova band e cominciò a lavorare tutte le notti all’Avalon Court di proprietà del cantante Jimmy King, e portando la formazione in giro per il Mississippi.

Jesse Robinson Band, Jackson, Mississippi

Fu anche partner di Sam Myers nella band Sound Corporation. Nel 1979 fu arruolato da Little Milton, e in seguito registrò tre dischi con Bobby Rush (è di Robinson il riff di chitarra che caratterizza Sue, hit di Rush nel 1983), andando insieme sulla strada per cinque anni.

Jesse Robinson

Nel 1986 formò la Knee Deep Band, con Walter Lee ‘Big Daddy’ Hood (aka “500 Pounds of Blues”), cantante registrato negli anni 1970 al penitenziario di Parchman dal ricercatore William Ferris. Suonavano gli spettacoli di mezzanotte all’appena aperto sopracitato Subway Lounge gestito da Jimmy King. Quando nel 1990 Robinson lasciò, fu King Edward a rimpiazzarlo.

Jesse Robinson, Jackson, Mississippi

A metà anni Novanta fu fondamentale per rivitalizzare il blues in Farish Street, facendo i Blue Monday al Field’s Cafe (dove ora c’è l’F Jones Corner), e nei primi anni Duemila al Peaches’ Soul Food. Ha cominciato solo negli ultimi tempi a cantare come frontman e a registrare da solista.

Jesse Robinson Band
Jesse Robinson, Jackson, Mississippi

L’evento della serata per cui la gente era in fila, comunque, era una registrazione dal vivo per il Thacker Mountain Radio Hour, programma radiofonico settimanale di musica e letture trasmesso da Oxford, MS. Oltre alla Jesse Robinson Band erano in scaletta l’autrice Julia Reed e la band indie-rock Sweet Crude di New Orleans. La radio vanta anche un’eccellente band di casa, Yalobushwhackers. Il set di Robinson, in chiusura, non è andato in diretta, ma è stato registrato e messo in onda dal Mississippi Public Broadcasting una settimana dopo.

Jesse Robinson Band
Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Un’altra sala di Hal & Mal’s, Red Room, di dimensioni più ridotte ma anche questa con palco.

Phantom at Hal & Mal's, Jackson, Mississippi

Inquietante. Scattando mosso per camuffare le persone, è apparso il fantasma di una donna. La sua trasparenza è così marcata che s’intravede la persona che avrebbe dovuto coprire.

Martin's, Jackson, Mississippi

Di fronte ad Hal & Mal’s, un altro bar-ristorante storico con musica dal vivo, Martin’s, la cui entrata è su State Street. Nel weekend della nostra permanenza (19–20 ag. 2016) era in corso il Jackson Rhythm and Blues Festival al Jackson Convention Complex in Pascagoula Street, (2) ma è bastato trovarsi di fronte (per caso) questo enorme edificio tutto illuminato, ancora prima di entrare (per curiosità) e di rendersi conto dell’apparato organizzativo complesso spalmato su cinque palchi e di scorrere i nomi degli artisti presenti, per capire che si trattava di un evento pop ad alto pompaggio tutto lustrini, pochezza e mondanità. Gli interni di questa moderna struttura scintillante sono visibili da fuori: dentro si muovevano a più livelli persone abbigliate al massimo del loro concetto di chic. Sembra già iniziato se non quasi finito, ma tanto per saperne di più faccio la poca fila, passo i controlli di sicurezza e ottengo istruzioni abbastanza complicate più una mappa sulla quale mi evidenziano gli spettacoli ancora visibili.
È evidente che si tratta di “R&B” commerciale, tra cui qualche elemento hip-hop: basta solo leggere i nomignoli e pur non conoscendoli si capisce che sono rapper. Le uniche facce note sono Bobby Rush (che non ho interesse a rivedere, specie se devo sorbirmi dei cantanti pop) e Latimore (idem). Il biglietto costava 55 $.

Malaco Records blues marker, Jackson, Mississippi

Blues marker di Malaco Records davanti alla cancellata dell’etichetta, 3023 W Northside Drive. All’inizio l’intenzione è di dare solo un’occhiata da fuori, dato che sul Cheseborough c’è scritto che si può visitare solo su appuntamento, che noi non abbiamo. Fondata in questo sito nel 1967 da Tommy Couch Sr e suo cognato Mitchell Malouf, Malaco ha dominato per decenni l’industria discografica di Jackson, sopravvivendo anche a un tornado distruttivo nel 2011 e ripartendo con nuovi uffici e studio di registrazione nel 2012.
Prima di Malaco Records, agli inizi degli anni 1960 gli allora studenti di farmacia alla Ole Miss (3) Tommy Couch e Gerald ‘Wolf’ Stephenson assoldavano band per le feste delle confraternite. Dopo la laurea Couch aprì con Malouf un’agenzia di ingaggi e organizzazione concerti a Jackson chiamata Malaco Attractions (dai loro due cognomi), e Wolf Stephenson si unì come promotore. A quel punto vollero provare a produrre e registrare, sperimentando con autori e musicisti locali, e Johnny Vincent di Ace Records gli affittò una parte di questo edificio, la cui altra metà utilizzava già come magazzino. Nacque così lo studio con il primo 45 giri soul di Cozy Corley da Hattiesburg, nel 1968; da allora l’etichetta è cresciuta, ma questa è sempre rimasta la sua sede.

Malaco Records, Jackson, Mississippi

I tre cominciarono a produrre master, ma necessitavano di licenziatari presso le grandi etichette per poter distribuire il materiale a livello nazionale, e tra il 1968 e il 1970 Capitol Records pubblicò sei loro singoli e l’album del 1967 di Fred McDowell I Do Not Play No Rock ‘n’ Roll (nominato al Grammy), rimasta la loro unica avventura nel profondo blues. Altri accordi con diverse firme come ABC, Mercury, Bang, permisero la pubblicazione di vari artisti e, a parte qualche esperimento disco, funk, pop e country, Malaco si focalizzò sul southern soul e il gospel, indirizzi in cui ha avuto i maggiori successi e che persegue tuttora con il rhythm and blues, il soul e il gospel contemporaneo. Gli incassi dalle vendite erano comunque minimi e poté sopravvivere solo con attività collaterali come registrazioni di stacchi pubblicitari, ingaggi di artisti e promozione di concerti, e noleggiando lo studio. Già che son qua, penso, posso entrare e chiedere, mal che vada rispondono di no, e invece l’impiegata mi dice di aspettare mentre vede se qualcuno è disponibile.

Malaco Records, Jackson, Mississippi

Nel maggio 1970 una Malaco in piena crisi fu salvata dal grande produttore e arrangiatore di New Orleans Wardell Quezergue, che offrì diversi artisti in cambio dell’uso dello studio e dei sessionman. Quezergue noleggiò uno scuolabus e portò cinque artisti a Jackson per una lunga sessione destinata a produrre due successi decisivi per l’etichetta: Groove Me di King Floyd e Mr Big Stuff di Jean Knight. Avendo sia Stax che Atlantic rifiutato la distribuzione dei brani, Malaco pubblicò l’episodio di Floyd sulla sua sussidiaria Chimneyville, e quando cominciò a impennarsi nella trasmissione radiofonica e nelle vendite, Atlantic ne acquisì la distribuzione e concesse a Malaco un accordo sui futuri prodotti Chimneyville. Il brano entrò nelle classifiche nazionali in ottobre, al primo posto in quella R&B e al sesto nella pop. Nel 1971 Chimneyville fece di nuovo centro con Baby Let Me Kiss You (#5 R&B e #29 Pop), ancora per King Floyd, e intanto Stax decise di dare una possibilità a Mr Big Stuff, che vendette più di due milioni di copie arrivando al primo posto della classifica R&B e al secondo di quella pop. Chimneyville in seguito ripubblicò un successo locale del jacksoniano McKinley Mitchell (Trouble Blues, 1976), che poi registrò con Malaco diversi brani prima di tornare a Chicago nel 1985.

Malaco Records, Jackson, Mississippi

A quel punto lo studio Malaco e i suoi musicisti divennero richiesti e, tra gli altri, Atlantic mandò le Pointer Sisters, Stax Rufus Thomas. King Floyd ebbe un altro successo da primi posti nella classifica R&B con Woman Don’t Go Astray, e Malaco pubblicò il suo primo disco di musica sacra, Gospel Train dei Golden Nuggets. Nel 1974 l’etichetta accusò una battuta d’arresto: il noleggio dello studio ebbe un calo, Atlantic ritrasse l’opzione distributiva, trattare con King Floyd divenne difficile, e Quezergue non poté fare molto altro. A causa di questa che sembrava la fine Malouf lasciò nel 1975, ma Couch continuò con Stephenson e, più tardi, Stewart Madison (quest’ultimo al lato amministrativo, Couch e Stephenson a quello creativo).
In casa avevano un potenziale successo, Misty Blue, registrato da Dorothy Moore nel 1973, ma ricevettero solo rifiuti da altre etichette alla proposta di acquisto del master, così nel 1975, ormai con poche risorse per stampare e distribuire il disco, lo pubblicarono per conto loro. Il brano fu subito trasmesso in radio e acquisì successo mondiale arrivando ai primi posti anche in Inghilterra; a questo Moore fece seguire, sempre per Malaco, più di una dozzina di altri successi e cinque nomine al Grammy.

Portrait of Fred McDowell at Malaco Records, Jackson, Mississippi

Gigantografia di Fred McDowell, unico artista tradizionalmente blues ad aver varcato la soglia di Malaco, con il motto dell’etichetta, “The Last Soul Company”.
Aprirono quindi al mercato del gospel; dopo i Jackson Southernaires firmarono un contratto anche i Soul Stirrers, i Sensational Nightingales, i Williams Brothers e molti altri, con Frank Williams dei Southernaires che divenne il direttore del settore producendo virtualmente ogni disco gospel fino alla sua scomparsa nel 1993, e avviò il grande Mississippi Mass Choir, tuttora di base a Jackson. Nel 1977 bussarono alla porta alcuni autori, artisti e produttori della defunta Stax, come Eddie Floyd, Frederick Knight, The Fiestas (doo-wop) e David Porter.
Poco dopo arriva il nostro cicerone, Oscar ‘Outlaw’ Laws, rappresentante commerciale, che comincia di buona lena a portarci in giro nei vari uffici, presentandoci tutti quelli che incontriamo. Sotto, Outlaw nella sua postazione radio.

Malaco Records, Oscar 'Outlaw' Laws

In quel periodo l’originalità di Malaco consisteva nel continuare a proporre musica nera soul blues (ma dalle sonorità contemporanee) quando non andava di moda, e questa resistenza premiò quando Z.Z. Hill vendette mezzo milione di copie del suo secondo album, Down Home (1982), rimanendo nella classifica R&B di Billboard per ben novantré settimane tra il 1982 e il 1983, sorprendendo tutti e incanalandosi nel revival del blues e del rhythm and blues degli anni 1980. Almeno come immaginario, perché in realtà di blues quel vinile non ha nulla. Piuttosto sancì l’entrata definitiva di Malaco nel soul moderno, mentre il titolo richiamava la provenienza sudista del texano Hill e quindi la connessione territoriale con il blues tradizionale o il southern soul.
Molti afroamericani del sud pur cresciuti in quella tradizione cominciarono a lasciarsela alle spalle, affermandosi in quel netto divario sonoro tra tradizione e modernità, e qui quest’ultima rappresentò, più che una spinta evolutiva e creativa di assoluto livello artistico (4) una, anche legittima, richiesta di attenzione commerciale, e una difficile competizione con le mode imperanti della disco music e del nascente hip-hop; la competizione tra generi, o tra tradizione e modernità, non era certo una novità, erano solo cambiate di nuovo le richieste e i gusti dettati dal mercato.

Malaco Records, Jackson, Mississippi

Non ricordo il nome di questa signora gentile, ma ricordo l’affetto dimostrato da Outlaw nei suoi confronti, e la di lei affermazione sul fatto che è impiegata lì da trent’anni e le sembra d’esservi nata. Il successo del disco di Hill oltre a rivelare un nuovo mercato e un nuovo pubblico per un soul/blues leggero e disimpegnato adeguato ai tempi, divenne esempio da seguire per altri artisti R&B, e naturalmente per l’etichetta stessa. Il paradosso fu che nonostante quella musica non fosse R&B o soul in senso tradizionale, e il primo brano (di George Jackson) di quel disco titolasse Down Home Blues anche se non lo era, negli anni 1980 continuò a esser identificato come vecchio blues, e a dispetto di un certo successo di pubblico (nero) non andava in classifica: se artisti come Denise LaSalle e Latimore negli anni 1970 erano entrati quattordici volte nelle agognate liste, negli anni seguenti le grandi etichette si dimostrarono disinteressate proprio per via di quel “marchio”. La nicchia di Malaco fu quella, e qui perseguì la consuetudine della musica nera con dischi dal relativo successo di vendite (e LaSalle riprese quota nel 1983, dopo aver firmato con loro), soprattutto tra gli afroamericani, e con artisti destinati a rimanere distanti dal riconoscimento nazionale, diventando l’etichetta corrente di riferimento per il soul e il rhythm and blues del sud, con i suoi musicisti da studio (5) e i suoi autori. (6)

Malaco Records, Rosetta Anderson

Non riesco a trattenere un wow davanti alla quantità di carta nell’ufficio di Rosetta Anderson, responsabile dei diritti d’autore: la sola vista mi angoscia. Mi ha chiesto se ero già stata lì, perché le sembrava di conoscermi; non è la prima volta che me lo sento dire negli USA.

Malaco Records, Jackson, Mississippi

Divenne quindi casa anche per la seconda carriera di artisti legati per fama e sonorità agli anni 1950/1960, come Little Milton nel 1984, che riagguantò notorietà con il primo singolo per l’etichetta, The Blues Is Alright (altro caso malachiano di successo con “blues” nel titolo, ma ben distante musicalmente), e Bobby Bland nel 1985, mentre il povero Z.Z. Hill, coetaneo ma appena arrivato al successo commerciale, scomparve nel 1984. Johnnie Taylor, altra gloria di un passato musicale di poco più recente, allo stesso modo snobbato dalle etichette, dalle radio e dalle riviste mainstream, fu arruolato nella scuderia dopo che Couch lo sentì cantare alla cerimonia funebre di Hill.

Malaco Records, Jackson, Mississippi

Dagli uffici passiamo ai “bassifondi”, nel warehouse, dove incontriamo un altro dipendente, che ci rifornisce di tre dischetti appena usciti (2015 e 2016), di magliette Malaco e altri gadget. La visita improvvisata sarà pressoché completa, ma (comprensibilmente) svolta in velocità.

Malaco Records

Zona ristoro e, sotto, il magazzino. Nello stesso periodo (1985) Couch, Stephenson e Madison acquistarono il leggendario Muscle Shoals Sound Studio (il secondo, aperto al 1000 Alabama Avenue nel 1979) a Sheffield, Alabama, insieme ai diritti di pubblicazione. Malaco continuò a operare dalla sede a Jackson, ma usò quello studio di Muscle Shoals per registrare Johnnie Taylor, Bobby Bland, Little Milton e altri, con la sezione ritmica storica di Muscle Shoals tranne Barry Beckett, sezione che lavorò anche con altri artisti Malaco e in altri studi. Couch chiuse e vendette lo studio nel 2005 (a una compagnia televisiva e cinematografica), a fronte della scarsa richiesta di utilizzo.

Malaco Records, warehouse

Nel 1986 acquisirono anche la divisione gospel di Savoy Records, ritrovandosi così un vasto catalogo di dischi storici, come le registrazioni del Rev. James Cleveland, di Inez Andrews, del Georgia Mass Choir, e molti altri. Nel 1989 si aggiunse alla scuderia Shirley Brown, mentre l’album Midnight Run di Bobby Bland rimase nella classifica Top Black per più di cinquantadue settimane, e più tardi entrò Tyrone Davis, di precedente fama chicagoana.

Malaco Records, vault

Il cosiddetto vault (il primo che vedo in carne e ossa!), luogo tra il misterioso e il sacro che m’è sempre parso quasi immateriale o comunque non ben definito, dal quale possono sbucare magicamente, soprattutto dopo un passaggio di proprietà di un’etichetta storica, vecchie registrazioni dimenticate o credute perse. Questo di Malaco non solo è ben circoscritto, ma è anche robusto, ed è grazie alla sua struttura in calcestruzzo, mi dice Outlaw, che le migliaia di master qui contenuti si sono salvati durante il devastante tornado del 2011.

Malaco Records, studio

Verso gli studi. Vorrei soffermarmi di più, ma non voglio togliere altro tempo a Outlaw rispetto a quanto già ci sta dedicando; prima o poi deve tornare al suo lavoro.

Malaco Records studio, Jackson, Mississippi

Banco del mixer. Dal 2013 il presidente è il figlio di Couch, Tommy Couch Jr (presentatoci alla fine del giro), che come il padre ha cominciato ingaggiando band per le feste delle confraternite nei campus universitari del sud, e nel 1992 ha fondato una sua etichetta, Waldoxy Records, incentrata sul rock alternativo e sul blues bianco, in seguito aprendo verso lo stesso mercato di Malaco, pubblicando un’antologia di McKinley Mitchell e mettendo sotto contratto Bobby Rush, Artie ‘Blues Boy’ White, Mel Waiters, Poonanny, e altri.

Malaco Records, studio

Non riesco a fare foto panoramiche (e questa è decisamente mossa), la stanza non è grande e siamo in tre-quattro persone. Tutti gli spazi qui sono più eleganti e rifiniti. Gli studi sono il cuore di una vera casa discografica e hanno sempre un certo fascino.

Malaco Records, studio

Negli anni 1990 Malaco ha allargato il suo orizzonte lanciandosi nel jazz passato (stampe di concerti dal vivo europei di Ellington, Basie, e altri grandi) e contemporaneo, nel settore cristiano, e nel “rinnovamento” di una vecchia gloria come Johnnie Taylor operato dal produttore Rich Cason con sonorità pop stile Los Angeles indirizzate al pubblico giovane; purtroppo è stato proprio un album di questo tipo, Good Love!, a essersi aggiudicato per assurdo la classifica “blues” di Billboard: non importa quanto la musica cambi, se il cantante è nero e ha una certa età, per il mercato è sempre blues.

Malaco Records, studio

Per quanto riguarda il “soul” ora l’etichetta promuove artisti come Grady Champion, Mr Sipp e J.J. Thames, cito questi perché sono quelli dei cui dischi sono stata omaggiata.

Malaco Records, studio

In questi corridoi incontriamo anche l’unico rimasto tra i fondatori, Wolf Stephenson in persona, e Outlaw ce lo presenta. Ha barba e capelli bianchi, e quell’aria navigata carica di storia che mi piacerebbe respirare più a lungo.

Malaco Records, Dorothy Moore on the wall of fame

Sono tanti i musicisti sul Wall of Fame, distribuiti su varie pareti. Tra questi, ricordo Harrison Calloway, che fondò i Muscle Shoals Horns prima di trasferirsi a Jackson, dove fu arrangiatore per Malaco. Dorothy Moore è stata una delle maggiori star dell’etichetta. Molti sono anche coloro che lavorarono dietro le quinte naturalmente, tra cui l’autore George Jackson e, infilato non a caso tra Little Milton e Bobby Bland, Dave Clark, nativo di Jackson e attivo soprattutto nel campo della promozione per cinquant’anni, nonostante fosse musicista e autore. Lavorò con Jimmie Lunceford e con etichette come Aristocrat e Chess a Chicago, prima di approdare alla Duke/Peacock con cui rimase fino agli anni 1970, contribuendo al successo di Bland, Junior Parker, O.V. Wright, mentre alla Stax si concentrò su Little Milton e gli Staple Singers. Prima di entrare alla Malaco nel 1980, fu alla TK Records, tra i cui artisti figuravano KC and The Sunshine Band e Betty Wright.

Malaco Records, wall of fame

Alla fine del giro come detto conosciamo anche il presidente, Tommy Couch Jr, e un artista gospel in sua compagnia, di cui però non ricordo il nome. Malaco dedica al gospel grande attenzione e ha avuto diversi riconoscimenti da Billboard sia come etichetta primaria del settore e come distributrice, sia attraverso i suoi artisti ripetutamente premiati.
Usciamo, saliamo in macchina mentre sono ancora frastornata non solo dall’inaspettata esperienza, ma anche dalla gentilezza e disponibilità incontrate, e pare che non sia finita: sentiamo chiamare e dal retrovisore vediamo Outlaw che corre verso di noi con un pacchetto. Vuole semplicemente darci anche due tazze marcate Malaco. Sono ancor più stupita dal gesto, per il fatto che abbia voluto farlo anche se eravamo già usciti. Siamo sconosciuti capitati senza preavviso e, soprattutto, cosa a cui molti badano prima di concedere, non abbiamo nulla da dare in cambio, se non un altro grazie.

(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Historical Markers.)


  1. “Uhm, bel bocconcino!”, come direbbe un leone davanti a una pecorella entrata nella sua gabbia.[]
  2. La via dove visse Bo Carter, ma non c’è nulla da vedere.[]
  3. Università del Mississippi[]
  4. Come furono, ad esempio, il southern soul degli anni 1960 o il blues elettrico di Chicago degli anni 1950, che non crearono una frattura, ma un accrescimento e una continuità diretta di pari intensità e valore artistico a fronte della migliore tradizione.[]
  5. Carson Whitsett e Larry Addison, tastiere, James Robertson, batteria, Ray Griffin, basso, Dino Zimmerman, chitarra.[]
  6. George Jackson, Larry Addison, Rich Cason, Jimmy Lewis.[]
Scritto da Sugarbluz // 17 Aprile 2018
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