Lake Charles, Louisiana 2010
Vinton, Gateway to Cajun Country
Da Orange, TX, sulla I-10 la prima cittadina che s’incontra dopo il confine con la Louisiana è Vinton.
La scritta sull’acquedotto recita “Vinton, Home of The Lions” (squadra universitaria di football, credo), ma lo slogan della città è “Gateway to Cajun Country” perché si entra nella regione acadiana.
Qui è nato Clarence ‘Gatemouth’ Brown, e qui è cresciuta Marcia Ball, dove è tornata ai primi di ottobre di quest’anno per partecipare al Vinton’s Centennial Celebration Festival, festa per i primi cent’anni di vita della città.
Vinton si trova nel Calcasieu Parish, dal nome del fiume che scorre tra Sulphur e Lake Charles. In Louisiana le contee sono chiamate parishes, parrocchie; il termine deriva sia dal francese paroisse, che dallo spagnolo parroquia, le lingue dei colonizzatori.
Il nome spagnolo del fiume era Rio Hondo, ma i nativi americani lo chiamavano Quelqueshue (Aquila Piangente), poi francesizzato in Calcasieu.
La cittadina di Vinton ha tutto ciò che serve per un’infanzia serena o una vecchiaia tranquilla, tra il verde intenso della campagna, la preservazione delle tradizioni locali, i parchi, le scuole, i servizi efficienti, le attività sportive, il forte attaccamento degli abitanti alla comunità e ricorrenti feste a base di balli, musica e pesce fresco. Nella foto sotto, la pubblicità di un barbiere promette “Cajun Hair Styles”.
Il paese è attraversato dall’Old Spanish Trail, ora U.S. Highway 90, e si trova a nord della I-10. Weeping willow, tipico albero del sud, preso in corsa.
Al di là della ricerca del folklore e della varietà di escursioni possibili, attività che richiedono un po’ di tempo, non so cos’altro si possa fare qui, soprattutto in un’indolente e deserta domenica d’agosto come questa. “Mezzogiorno di fuoco” potrebbe essere il titolo della foto sotto.
A Vinton si può assaporare il dolce far niente, magari guardando il passaggio di lunghi treni merci sulla ferrovia New Orleans / Beaumont.
Lake Charles, The Festival Capital of Louisiana
Sulla I-10, dopo Sulphur, girando a destra sulla I-210 si compie un lungo giro a U attorno e sotto Lake Charles per poi immettersi di nuovo sulla I-10 volendo proseguire. Per quest’ultima si possono prendere entrambe le direzioni, che ci si voglia fermare o solo passarci; il loop allunga un po’, ma si va sullo spettacolare Calcasieu River High Bridge (sotto), sovrastante la baia e le anse del fiume Calcasieu dalle parti di Prien Lake. Il ponte ha resistito senza danni a diversi uragani, anche al più intenso verificatosi nel golfo a ovest di New Orleans, Rita, l’equivalente di Katrina per il Texas sud-est e la Louisiana sud-ovest.
Proseguendo invece sulla I-10 s’attraversa un altro bel ponte, il Lake Charles I-10 Bridge; qui sotto dal lungolago di Lake Charles.
La città sorge a est del Lago Charles, grande conca riempita dalle acque del Calcasieu River, fiume non molto lungo (trecento km circa) che nasce nel Vernon Parish e compie un percorso tortuoso tra campagna e foresta, per finire nel suo grande estuario Calcasieu Lake, nel Cameron Parish e in pieno Bayou di fronte alla costa del Golfo.
Un paradiso naturale se non fosse che la zona è ricca di industrie petrolchimiche e della raffinazione. Nel 1994, lungo il corso inferiore del fiume e fino all’estuario, sono stati trovati composti e rifiuti chimici altamente cancerogeni per decine di migliaia di tonnellate, veleni causanti danni incalcolabili a persone e ambiente. La responsabile delle perdite, Condea Vista, fece di tutto per nascondere il disastro riuscendoci per otto mesi, aumentandone così la portata ed esponendo al rischio di contaminazione chiunque avesse a che fare con le acque del fiume. (1)
Non è stato purtroppo l’unico incidente. Nel 2006 uno stabilimento della Citgo Petroleum di Westlake rilasciò tra i quindici e i diciottomila barili di petrolio nel Calcasieu Ship Channel. Intervenne la guardia costiera per contenere il liquido versato, furono chiusi molti corsi d’acqua e anche il porto di Lake Charles rimase fuori uso per qualche tempo a causa della contaminazione. Affermare che la Louisiana è maltrattata è un eufemismo; probabilmente bisogna aspettare che un presidente degli Stati Uniti sia di queste parti. Sotto, Walgreens, fornitissima catena farmaceutica, ed entrata a un Monte dei pegni in Ryan Street, la via commerciale principale.
Nella foto sotto si nota un altro pawn shop, dall’insegna con il simbolo tradizionale dei Monti di pietà, tre sfere pendenti. Che c’entri qualcosa il fatto che in città ci sono tante case da gioco? Sull’acquedotto c’è scritto “Lake Charles, Home of the McNeese State University” con il simbolo, la lettera M sopra un cowboy a cavallo. Questa università pubblica è l’orgoglio della comunità, ed è anche il posto giusto per effettuare ricerche sulla cultura musicale di questa parte della Louisiana con l’aiuto della SWLA Musicians Encyclopedia, buon compendio redatto alla McNeese per partire alla conoscenza dei musicisti nati o vissuti in queste zone.
Lake Charles è stata pesantemente danneggiata da Rita il 24 settembre 2005. Un paio di giorni prima il sindaco diede ordine tassativo d’evacuazione, eseguito da circa il 90% della popolazione. Fu chiesto di non tornare prima di 48 ore, per i danni causati dai forti venti e dall’alluvione. La rete elettrica in certe aree rimase fuori uso per tre settimane, e alcune case divennero inabitabili a causa della muffa.
Avrei voluto pranzare qui (sotto), al Cajun Café, 329 Lawrence Street, ma purtroppo era chiuso. Sul selciato un disegno a gessetto con la classica filosofia americana: Some people dream of success, while others wake up and work hard at it.
Non è l’unico ristorante cajun, ci sono anche Abe’s Cajun Market, 3935 Ryan St., Hackett’s Cajun Kitchen, 5614 LA Highway 14, Blue Duck Café (“the only authentic New Orleans style restaurant in Lake Charles”), 345 Broad St., e Monique’s Restaurant & Catering, 920 Sampson Street. Ci sono diversi casinò, club, bar, ristoranti (mi danno una lista al motel), e in molti di questi c’è musica dal vivo, ma per quanto riguarda blues, R&B, o zydeco, è difficile. Negli anni 1940/1960 c’erano locali musicali rimasti leggendari, tipo Bamboo Club, Blue Moon, The Green Frog, Silver Star, The Aragon, Moulin Rouge, Golden Rocket, Speedy’s Broken Mirror.
A mettere questa piccola città in evidenza sulla mappa della musica americana fu Eddie Shuler, blue collar texano di Wrightsboro arrivato a Lake Charles da Dallas nel 1941 come operatore di escavatori e gru. Scriveva canzoni, ma cominciò a imparare la chitarra solo poco prima di entrare nella rinomata string band The Hackberry Ramblers, gruppo che dal 1933 suonava western swing, country, fiddle music, cajun, e che aveva registrato per Bluebird Records. Quando Shuler li incontra, nel negozio di musica in cui lavora part-time per pagare la chitarra che vi ha acquistato, sono disciolti da qualche anno, ma hanno intenzione di riformarsi: avendo imparato a usare la macchina per incidere gli acetati presente in negozio, s’offre di registrarli e di insegnargli le sue canzoni. Alla fine il loro cantante (presumibilmente abituato a cantare in francese) non vuol saperne di impararle, così, pur non ritenendosi un cantante, comincia a cantare con loro.
Considerandole troppo amatoriali Shuler non ricavò mai dei dischi dalle registrazioni in negozio, ma suonò con loro circa un paio d’anni (la formazione con Shuler consisteva in Luderin Darbone, Lennis Sonnier, Edwin Duhon e Lefty Boggs), fino al 1944/1945. I cantanti erano Sonnier e Duhon, Shuler era per così dire il cantante di riserva, anche in francese pur non capendolo. Shuler riesce a ottenere la possibilità di fare una sessione per Bluebird, ma Darbone, cajun, vuole fare dischi in francese e si oppone, così Shuler li lascia e forma una sua band da sette/otto elementi, Eddie Shuler’s All-Star Reveliers, che suona principalmente western swing alla Bob Wills, ma anche french music avendo un cantante e violinista cajun (Norris Savoie).
Al contempo dà inizio a Goldband Records (“Everyone a treat”) nel 1945, prima solo etichetta poi dopo una decina d’anni anche studio di registrazione, nata principalmente per pubblicare il suo gruppo e il suo genere preferito, il country-western e il western swing. Il loro primo disco (e primo Goldband, Broken Love / Is There Room in Your Heart) è registrato a New Orleans in uno studio in Canal Street, nel 1944 o 1945. (2)
I primi dischi Goldband sono tutti della sua band, e dopo il primo gli altri sono verosimilmente registrati in qualcuna delle stazioni radio cittadine (KPLC, KAOK, KLOE). La band suona live dalla KPLC tre volte la settimana, ed è in una di queste occasioni che avviene l’incontro con Iry LeJeune, fisarmonicista quasi cieco, che si presenta a Shuler portando sulle spalle un sacco di quelli usati per la farina con dentro uno strumento che egli non ha mai visto, e chiedendo di poter suonare con loro nella diretta radiofonica: Shuler vede qui per la prima volta una fisarmonica e gli viene detto da LeJeune che trattasi di un french accordion (un racconto simile l’ho letto anche per J.D. Miller…). Sino ad allora Shuler conosceva la musica cajun fatta da string band, e quindi dal violino; la fisarmonica, strumento principe della french music tradizionale, era in disuso.
Iry LeJeune suona con loro in quel frangente, ma quando chiede a Shuler di poter registrare questi è riluttante perché non conosce e non è attratto da quel tipo di musica per fisarmonica, così rimanda la risposta sperando che il fisarmonicista vada su altri lidi. Tuttavia, quando LeJeune torna accetta di fargli fare una registrazione di prova, mosso più da compassione per la disabilità del musicista che altro.
Sotto, Church Street, l’ex sede di Goldband è l’edificio sulla destra.
Aggiornamento (2021): lascio qui sotto i riferimenti ai libri di Broven, ancora validi, ma ho aggiornato la parte precedente e quella che segue a riguardo di alcune nozioni biografiche su Shuler e Goldband con fonti più affidabili; non che le notizie di Broven non siano realistiche e indicative, ma alla luce di queste più recenti appaiono non sempre esatte, soprattutto dal punto di vista cronologico. Poco di sbagliato quindi nella narrazione di Broven (tra l’altro, uno dei primi a scrivere sulla musica della Louisiana), tuttavia ho sentito la necessità di ricostruire la vicenda (solo fino agli inizi di Goldband, la parte sinora meno documentata) traendo informazioni da due interviste fatte a Shuler: quella del 1984 di Chris Strachwitz sul sito di Arhoolie, e soprattutto quella del 2001 (agg.ta al 2011) riportata sul blog Wired for Sound. Entrambe denotano qualche ambiguità, ma sono dovute alle del tutto comprensibili pecche di memoria di Shuler, che al contrario è da ammirare per la ricomposizione di sequenze avvenute dai 40 ai 60 anni prima. Mentre Strachwitz lascia andare certe dichiarazioni di Shuler degne di approfondimento o chiarimento, trovo la seconda intervista piuttosto soddisfacente perché cerca di sopperire subito ai dubbi o alle incongruenze nascenti dalle risposte di Shuler.
La fonte su Goldband è: Record Makers and Breakers, Voices of the Independent Rock ‘n’ Roll Pioneers, John Broven, University of Illinois Press, 2009, pagg. 171-175. A proposito delle registrazioni alla radio racconta Shuler dal libro di Broven:
So you’d go into the radio station and give the engineer ten dollars and a bottle of booze, and he’d make you an acetate. I’d go down to the wholesale supply house and buy a little pack of acetates, Presto, or something like that […]
Per la storia di Goldband e in generale per la musica della Louisiana, si cerchino anche From the Bayou, the Story of Goldband Records di Mike Leadbitter e Eddie Shuler, Blues Unlimited, 1969; Louisiana Rocks! The True Genesis of Rock & Roll di Tom Aswell, Pelican Publishing, 2009; South to Louisiana, the Music of the Cajun Bayous di John Broven, Pelican Publishing, 1983.
Sotto, la sede originale di Goldband Records in Church Street.
Il primo disco di Iry LeJeune (Lacassine Special / Calcasieu Waltz) è registrato alla radio KAOK e pubblicato su una sussidiaria di Goldband, Folk Star, nata nel 1948/49, altri a casa di Iry (ma qui si parla di un registratore a nastro portatile, quindi forse arriva dopo), e forse qualcuno con un disc cutter che Shuler piazza nel retro del suo negozio (Eddie’s Music House) aperto circa nel 1945/46 all’angolo tra Broad e Reid Street con un prestito di duecentocinquanta dollari della madre (nel 1947 si sposta tra Broad e Front Street, sotto l’Old Spanish Trail, non lontano dal lago, e dal Cajun Café), dove vende dischi, accessori e strumenti, e ripara apparecchi radiofonici in “quick service” (a un certo momento lavora anche come assicuratore part-time, poi da metà anni 1950 lui e la moglie Elsie gestiranno un’attività remunerativa di vendita e riparazione televisori, Quick Service TV Repair).
Per stampare si serve di un impianto a New York o manda ai fratelli Bihari, oppure a San Antonio da Bob Tanner (dischi con etichetta TNT), negli anni 1950 invece invia a Memphis in una fabbrica di prodotti plastici. I dischi di LeJeune (Shuler suona la chitarra in molti di questi, e molti escono su Folk Star) avranno un inaspettato successo, contribuendo a diffondere il genere che grazie a loro diventa assai più popolare localmente, soprattutto dopo la tragica scomparsa di LeJeune in un incidente d’auto nel 1954, a soli 26 anni.
Nel 1952 trasferisce le attività del negozio e di riparazioni al 313 Church Street (v. sopra) in una ex chiesa; per le registrazioni invece sembra usare ancora le attrezzature delle stazioni radio locali, o perlomeno non c’è diversa evidenza.
L’attività dello studio cominciò nel 1955 (Shuler comprò un Ampex 350, che userà ancora negli anni 1970), e in totale Goldband (e sussidiarie) pubblicò migliaia di titoli tra country, cajun (altri furono Sidney Brown e Jo-El Sonnier), zydeco (Boozoo Chavis uno dei suoi artisti più noti, e il suo Paper in My Shoe [1954] considerato il primo disco zydeco), rockabilly / country (Al Ferrier, Johnny Jano), swamp pop (Gene Terry, Phil Phillips), R&B (Guitar Junior [Lonnie Brooks], Big Walter Price, Rockin’ Sidney), blues / swamp blues (Hop Wilson, Juke Boy Bonner, Morris ‘Big’ Chenier, Katie Webster, Jimmy Wilson, Clarence Garlow), country-rock (Freddie Fender), e il primo disco di una tredicenne Dolly Parton, arrivata dal Tennessee con la nonna su un Greyhound nel 1959.
Morris ‘Big’ Chenier nacque a Opelousas, Louisiana, nel 1929, ma si trasferì qui. Big suonava la chitarra e il violino e nei tardi anni 1950 fece tournée sia come artista solista che come accompagnatore di suo nipote, Clifton Chenier. Incise per Goldband nel 1957 e, nonostante Shuler lo volesse di nuovo, in seguito s’accontentò di tour occasionali e soprattutto di gestire i divertimenti nel suo ristorante, The Chenier Barbecue and Smoke House, su Enterprise Boulevard.
Il posto migliore in classifica l’ottenne con il 45 giri del 1960 Sugar Bee, primo disco di musicisti cajun a entrare nella classifica Billboard Hot 100, di Cleveland Crochet & The Hillbilly Ramblers, band di Lake Charles come Shuler stava cercando, cioè un gruppo di discendenza cajun ma dalla ritmica rock ‘n’ roll: nasce un nuovo sotto-genere, il cajun-rock. Il suono della fisarmonica è integrato con quello di una steel guitar e il testo è in inglese; la particolarità è attribuibile anche allo shouting sanguigno del cantante e steel guitarist Jay Stutes. Dopo il successo il gruppo si rinomina Cleveland Crochet & The Sugar Bees. Il brano fu ben ripreso dai Canned Heat, con Alan Wilson come un Kim Wilson ante-litteram, da un suono di cromatica pazzesco; prima ancora era stato rifatto dal Sir Douglas Quintet.
Tuttavia il suo più grande successo commerciale come produttore fu Sea of Love, classico immortale della musica pop d’eccellenza. Scritta e cantata da Phil Phillips (Philip Baptiste), nativo di Lake Charles, Shuler registrò questa bella ballata swamp pop nel 1959 per il suo vicino George Khoury, come lui proprietario di un’etichetta e titolare di un negozio di dischi a pochi passi di distanza (v. sotto).
Khoury, ch’era nel giro della distribuzione dischi per i juke-box, sentì la versione per sola chitarra da Baptiste e gli piacque, ma decise di affiancargli Ernest Jacobs, pianista e arrangiatore dei Cookie and the Cupcakes, altro memorabile gruppo della scuderia Shuler. La canzone ebbe lunga gestazione, ci lavorarono per due mesi con chitarra e piano, e infine fu incisa nello studio Goldband con altri quattro componenti del gruppo e le armonie vocali dei Twilights.
Eddie Shuler è scomparso nel luglio del 2005 a 92 anni. Purtroppo la speranza di visitare lo studio sfuma: è chiuso per restauro (sopra). In ogni caso anche quando è aperto bisogna telefonare per prenotare una visita. La proprietà è stata rilevata nel 1995 dall’University of North Carolina, per preservarla come luogo storico e d’interesse. Aggiornamento: purtroppo la struttura è stata rasa al suolo nel 2017.
Il negozio di Khoury (Khoury’s, come l’etichetta) si trovava in un edificio color nocciola a un piano al 328 Railroad Avenue, di fronte alla stazione dei treni e appena girato l’angolo dalla via dello studio di Shuler. Dovrebbe essere questo il posto, nella foto sopra, in quel lotto ancora pavimentato circondato da erba alta; davanti c’è un gradino. Rimango, immaginando come doveva essere l’area, se c’era vita, edifici e altri negozi, o se anche allora attorno non c’era nulla o quasi. Mi sembra di vedere una via con la stazione da una parte e dall’altra una fila di negozi, magari qualche panchina su cui sedersi in attesa del treno. Khoury è morto nel 1998, per quanto ne so il negozio è esistito almeno fino al 1989. Non ho notizie della scomparsa di Phil Phillips, attualmente sembra sia vivo e abiti ancora qui. (3)
È ora di di pensare a un negozio di dischi vivente, Lake Charles Music, 1000 East Prien Lake Rd, dove passiamo prima di andare “a casa” anche se è domenica ed è chiuso, dato che è vicino al motel e vogliamo vedere dov’è per far prima l’indomani; dobbiamo partire abbastanza presto dato che ci aspettano altre due tappe da fare in giornata, Crowley e Lafayette.
Il giorno dopo è nuvoloso e molto umido, e il negozio vale la visita, anche se il personale ci ha messo a disagio perché non ha fatto altro che osservarci di sottecchi, c’era molto silenzio ed eravamo gli unici clienti.
È molto grande ed è soprattutto dedicato alla vendita di strumenti su due piani, mentre al terzo ci sono i dischi. Tratta anche impianti hi-fi e ha uno studio di registrazione.
La scelta di CD è buona, ma per quanto riguarda il blues si concentra soprattutto su classici e su raccolte; per il resto, come in tutti gli altri negozi che ho visitato, prevale la musica della Louisiana.
The Charpentier Historic District è il quartiere con le residenze storiche in stile vittoriano, datate tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900; alcune sono davvero imponenti. Qui sotto, l’Historic City Hall.
Il Palazzo di Giustizia della “parrocchia” (contea), Calcasieu Parish Courthouse.
Il soprannome della città è “The Festival Capital of Louisiana”, ospitando un centinaio tra festival e carnevali.
Lakeshore. La zona è stata rimessa a nuovo dopo il distruttivo passaggio di Rita.
Lil’ Alfred (Alfred Babineaux, 1944-2007, Alfred Babino è la versione nero-creola del nome) è un altro dei tanti musicisti nati a Lake Charles. Cresciuto come vocalist poi si dedicò anche al sax, ispirato dalla madre e dal cugino, la prima cantante di chiesa e il secondo, il batterista Simon Lubin, già nei Boogie Ramblers, gruppo che registrò per Shuler nel 1955 e che evolse nei Cookie and the Cupcakes di cui ho accennato sopra, la cui famosa Mathilda fu ripresa nel primo album in studio dei Fabulous Thunderbirds.
La band intestata al tenorsassofonista e cantante Huey ‘Cookie’ Thierry (dopo la sua entrata nei Boogie Ramblers passò un po’ di tempo prima che ne diventasse il cantante e che la band prendesse il suo nome), era un caratteristico ensemble creolo di swamp-pop del sud-ovest della Louisiana guidato dall’altosassofonista e cantante Shelton Dunaway, con il tenorsassofonista Sidney ‘Hot Rod’ Renaud, il chitarrista Marshall Laday, il bassista Joe ‘Blue’ Landry, il batterista Ivory Jackson, e il citato pianista Ernest Jacobs.
Lil’ Alfred s’unì ancora minorenne a un cantante di Lake Charles, Joe Weldon, con il suo gruppo, The Whirlwinds, che già aveva registrato per Khoury, e quest’ultimo fu il produttore di Alfred fino a quando decise d’abbandonare l’attività mantenendo solo il negozio. Little Alfred (chiamato così perché agli inizi cantava canzoni di Little Richard) era ancora alla scuola superiore anche quando registrò a Houston per Khoury, insieme ai “Cupcakes”, in cui militò come cantante e sassofonista al posto di ‘Cookie’ Thierry dal 1965 al 1967.
Un altro gruppo icona della scena SWLA a cui partecipò fu l’imperitura orchestra The Boogie Kings (aka The American Soul Train), fondata negli anni 1950 da Doug Ardoin e ancora in attività; quando Duane Yates lasciò, Babino per un po’ ne prese il posto (Even with a horn section, the band never read a note of music. They would just listen to the records that they wanted to learn, and then play them. Why waste time with rehearsals?). (4) Un altro libro per approfondire la storia e conoscere i protagonisti del genere è Swamp pop: Cajun and Creole Rhythm and Blues, Shane K. Bernard, University Press of Mississippi, 1996.
Valmont J. Benoit Jr (Junior Benoit [1930-2008]) fu un altro musicista (di quello stile) nativo di Lake Charles. Benoit suonava steel guitar, violino, chitarra e fisarmonica. Tramonto sul Lago Charles.
Lo swamp e il cajun non erano invece nelle vene di un’altra nativa, Nellie Lutcher, cantante e pianista del jazz anni 1940 che incise per Capitol Records e duettò con Nat King Cole.
È nata qui anche Lucinda Williams. Il padre poeta e professore universitario piuttosto noto, Miller Williams, la madre Lucy pianista diplomata alla Louisiana State University di Baton Rouge. I suoi divorziarono quando lei era piccola, fu affidata al padre e crebbe cambiando più volte città a seconda degli incarichi accademici del genitore. In casa avevano un pianoforte e uno zither, sul secondo cominciò a esercitarsi a otto anni.
Lucinda scrisse Lake Charles pensando a Clyde J. Woodward Jr, vecchia fiamma e musicista che diceva d’essere nato a Lake Charles ma era di Nacogdoches, Texas, poco lontano dal confine:
He always said Louisana / Was where he felt at home / He was born in Nacogdoches / That’s in East Texas / Not far from the border / But he liked to tell everybody / He was from Lake Charles.
In un altro passaggio dice: Ti ha sussurrato un angelo / ti ha tenuto stretto e portato via le paure / in quei lunghi ultimi momenti? / Guidavamo fino a Lafayette e Baton Rouge / in una Camino gialla / ascoltando Howlin’ Wolf / Gli piaceva fermarsi a Lake Charles / perché era il posto che amava.
La città è menzionata anche in Continental Trailways Blues di Steve Earle, e in Up on Cripple Creek di The Band: When I get off of this mountain / you know where I want to go / straight down the Mississippi river / to the Gulf of Mexico / to Lake Charles, Louisiana / little Bessie, girl that I once knew.
Did an angel whisper in your ear And hold you close and take away your fear In those long last moments We used to drive Thru Lafayette and Baton Rouge In a yellow Camino Listening to Howling Wolf He liked to stop in Lake Charles Cause that's the place that he loved
(Lucinda Williams)
- Fonte: Baron & Budd. Aggiornamento: la pagina in questione non è più rintracciabile.[↩]
- Ho già incontrato in precedenza riferimenti a uno studio in Canal St., chiamato National Recorders e gestito da due tecnici della radio WWL, offrente quindi un servizio limitato, ma unico studio esistente a New Orleans prima che Cosimo Matassa aprisse il suo, e credo sia lo stesso nominato da Shuler; nell’intervista su Wired for Sound (citata nel testo) ho letto che si chiamava National Radio Recording Studio ed era situato nel Godchaux Building.[↩]
- Aggiornamento: Phil Phillips è deceduto il 14 marzo 2020[↩]
- Da Berman Music Foundation[↩]
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