Lazy Lester – I Hear You Knockin’!


Mi ricordo ancora quel gelido giorno di gennaio del 1971, quando io e Lightnin’ Slim aspettammo alla stazione dei bus a Pontiac, Michigan, l’arrivo del suo vecchio partner, Lazy Lester. Il bus arrivò e andò, ma di Lester nessuna traccia. Mentre chiedevo informazioni presso lo sportello, un passeggero che era appena uscito dallo stesso bus mi sentì e disse che a bordo c’era un ragazzo nero, alto e magro, che sembrava addormentato. Doveva essere lui! La fermata successiva era Flint, circa una cinquantina di chilometri a nord.
Potete capire, eravamo attesi alla University of Chicago Folk Festival, dove era previsto che Lightnin’ e Lester suonassero insieme in un reunion concert. Arrivati alla stazione di Flint andai direttamente alla toilette, e indovinate chi ci trovai? Mr Lazy Lester! Si scusò, e finalmente potemmo andare a Chicago. Sono passati ventitré anni, ma lui è sempre il solito.
La citazione è dalle note di Fred Reif (amico e manager di Lester) in I HEAR YOU KNOCKIN’!, disco fondamentale contenente i trenta titoli usciti per Excello di Nashville, in altre parole la definizione dello swamp blues firmato Lazy Lester.
L’altra raccolta Ace Records, I’M A LOVER NOT A FIGHTER, ha un contenuto simile (i vari unissued si riferiscono a versioni alternative), ma manca di otto brani rispetto all’altra, sostituiti da due mancanti nella prima perché non usciti su Excello. Uno di questi è il noir Bloodstains on the Wall, impressionante episodio di Frank Patt. (1)
Le note dicono che risale al febbraio 1960 e che al piano c’è Merton Thibodeaux e al basso U.J. Meaux, mentre l’armonica con eco sopra il canto di Lester è inconfondibilmente sua, per forza in overdub. Il testo sottende a un omicidio e l’armonica riverberata, lamentosa, e la ritmica ripetitiva, si adattano al macabro umore, atipico per Lester:
Sheets and pillows torn to pieces,
bloodstains all over the wall
I know there weren't any when I left this morning
I didn't leave the phone out in the hall
Well, you gotta come clean baby,
I soon will find it out
Detectives will be hanging around my door,
they want to know what it's all about
So, tell me baby
What's those bloodstains on the wall
È un bel brano, inusuale nel suo repertorio ma, anche se Lester la recita meno drammaticamente di Frank ‘Honeyboy’ Patt, non era roba per Excello. Fu rilasciato nel 1976 da Flyright (d’ora in poi abbreviato in “FLY” quando inteso come disco fisico, e quindi associato al numero) in un’alternativa intitolata Bloodstains su They Call Me Lazy, (2) con solo il piano (da Bruce Bastin attribuito a Katie Webster) e il resto della ritmica. Il nastro da cui è tratto, dicono ancora le note dell’LP, sembra di prova, sebbene fosse già su un nastro precedente, con Lester al canto e il produttore Jay D. Miller alla chitarra, pratica comune anche con altri artisti dello studio. Un’altra versione, direi la stessa del disco Ace, è uscita nel 1985 su Baton Rouge Blues. (3) Qua Bruce Bastin ipotizza che l’armonica sia Slim Harpo, mentre nell’altro LP, anche se è la stessa versione, pensa a Sylvester Buckley.
L’altro dei due è Sad City Blues, anche questo edito dall’inglese Flyright nel successivo LP dedicato a Lester, Poor Boy Blues (4) datato 1978, e in Baton Rouge Harmonica (5) del 1988. Su quest’ultimo è presente anche un Courtroom Blues, la stessa melodia con testo diverso.
La versione nel CD Ace (I’m a Lover not a Fighter) è annotata come eseguita da Carol Fran e Katie Webster al piano, Lionel Torrence (Lionel Prevost) al sax tenore, Leroy Washington alla chitarra, Emile Joseph al basso e Warren Storm alla batteria; esclusa la presenza di due pianiste (a meno che una non abbia sostituito l’altra) è una formazione possibile in una sessione dell’agosto 1961. Le differenze sono minime, ed è evidente quanto Miller cercasse un risultato nell’ottica della commercializzazione.
Nelle note di Bastin al vinile Poor Boy Blues si dice che il brano apparve su tre nastri di Lester, e attribuisce il piano a Katie Webster. Anche questo è un episodio tanto bello quanto inusuale, un blues lento e triste distillato da una chitarra acquosa, e i demo non erano per Excello, ma per Dot Records.
È uno dei tanti accreditati a Miller (su I HEAR YOU KNOCKIN’ tutti lo sono) e fu provato anche da altri artisti, tra i quali è probabile che ‘Honey Boy’ Allen Pierre sia stato il primo dato che i crediti sono attribuiti a lui e a Miller; è stato ripescato molti anni dopo in Texas, nel bellissimo CD Antone’s del 2001 Blues Stop Knockin’, il migliore della rinascita discografica di Lester.
Nato Leslie Carswell Johnson il 20 giugno 1933 (6) a Torras, Louisiana, a due passi dal fiume Mississippi a nord di Baton Rouge, crebbe più con la musica country che con il blues: tra i suoi preferiti c’era Jimmie Rodgers, il singing brakeman. La madre suonava l’armonica e uno dei suoi fratelli la chitarra, sulla quale Leslie strimpellava le canzoni country preferite. Solo più tardi, durante l’adolescenza, quando la famiglia si trasferì nei sobborghi di Baton Rouge (7) cominciò a suonare il blues. Lavorò in una drogheria in città e in una stazione di servizio, e tra i suoi primi acquisti ci fu un’armonica e Juke di Little Walter. Uno dei suoi luoghi ambiti era il Temple Roof Garden, club leggendario di Baton Rouge:
Era qualcosa di speciale. Si trovava al piano superiore, sopra un barbiere e un cinema. Non avevo l’età per poter entrare, così non facevo altro che aspettare l’arrivo dei musicisti, afferrare un tamburo, un amplificatore o una chitarra e portarli su dalle scale per loro. Sai, a loro questo piaceva, e così mi permettevano di rimanere ad ascoltare.
Nel periodo di massimo splendore il Temple Roof Garden ospitava grandi nomi, come B.B. King, Jimmy Reed, Muddy Waters, Little Walter, le orchestre di Lucky Millinder, Lionel Hampton, Duke Ellington, Count Basie, Buddy Johnson. Spesso l’house band era diretta da Buddy Stewart, per trent’anni gestore del Buddy Stewart’s Rock Shop, ancora presente al 1706 N Acadian Thruway West come uno dei rari negozi di dischi sopravvissuti di tipo Mom & Pop (piccole attività a gestione familiare). Negli anni 1940/1960 Buddy Stewart condusse la sua orchestra nei club e nei locali più sofisticati lungo la costa del Golfo; gli artisti swamp blues erano tagliati fuori da questo circuito, la loro musica considerata troppo campagnola e rozza, provinciale.
E se per un bluesman come Lightnin’ Slim l’accesso al Temple Roof era proibitivo, il Tabby’s Blues Box and Heritage Hall (v. articolo su Baton Rouge), che si trovava su North Boulevard, aprì troppo tardi per lui e per Slim Harpo. In compenso il locale di Tabby Thomas fu un nido per gente come Silas Hogan, Guitar Kelley, Henry Gray, Raful Neal, e tenne viva la scena blues di Baton Rouge, da sempre abbastanza imboscata in una città piuttosto asettica.
A diciannove anni Leslie aveva una buona reputazione localmente come chitarrista capace e armonicista ispirato da Little Walter, ma anche da Jimmy Reed, il teorico dello swamp blues, e da Sonny Boy Williamson II, pur formando uno stile personale. Batteva la zona con Big John Jackson, leader dei Rhythm Rockers, in cui Leslie era all’armonica, Big John alla chitarra, Sonny Martin al piano, Donald Bates alla batteria, Sammy Brown alla tromba, Jack Charles King al trombone e Eddie Hudson alla voce; quasi tutti facevano ancora la scuola superiore e si destreggiavano tra il blues e i motivi pop dei tempi.
Fu durante la permanenza nella piccola Rayne che avvennero due incontri importanti: quello con Guitar Gable (Gabriel Perrodin), che suonava al Blue Gardenia, entrando poi Lester nella sua band, e quello con Lightnin’ Slim su un autobus diretto a Crowley. Al contrario di quest’ultimo, Leslie sapeva chi era Slim e, secondo i racconti dell’armonicista, aveva già suonato con il suo gruppo all’insaputa del titolare. Decise quindi di rimanere sul bus fino a Crowley con Lightnin’, diretto allo studio di J.D. Miller in North Parkerson Avenue.
Là stavano per cominciare una sessione, ma il previsto armonicista texano Wild Bill Phillips non si presentò, così Leslie si propose a Lightnin’ Slim dicendo di conoscere i suoi dischi. Cominciò così non solo il rapporto con il produttore Jay D. Miller, ma anche l’amicizia e la collaborazione con Lightnin’ Slim, precursore dello swamp blues della Louisiana:
«È stato uno dei miei migliori amici», ha dichiarato Lester. «Facevamo il diavolo a quattro tra noi, ma insieme ne abbiamo combinate delle belle». (8) Leslie entrò nella band di Lightnin’; suonarono nelle scuole cattoliche, negli auditorium e nei club attraverso la Louisiana, ma in seguito anche in Arkansas, Mississippi, Alabama e, occasionalmente, a Cleveland, Ohio, continuando a esibirsi anche con i Rhythm Rockers nei club attorno a Baton Rouge e Crowley, e cominciando a fare dischi a suo nome. Dai ricordi di Jay Miller:
Un giorno Lightnin’ Slim arrivò in studio per fare una sessione accompagnato da un giovane sconosciuto, alto, snello e presentatomi come Leslie Johnson […] Mi fu detto che Lightnin’ aveva incontrato Leslie su un autobus, ma che non l’aveva sentito cantare o suonare. Avendo cinque minuti prima della sessione, accompagnai Leslie in studio e noialtri andammo nella stanza controllo a sentire. Dopo aver acceso l’apparecchiatura e avergli segnalato di iniziare, rimasi stupito da quello che sentii. Era molto più di quello che m’aspettavo. Mi convinsi immediatamente che era un artista dal gran potenziale.
Dal 1956 diventò uno dei musicisti più presenti nello studio di Miller, solcando decine di nastri suoi o in supporto ad altri (oltre Lightnin’ Slim, Lonesome Sundown, Slim Harpo, Silas Hogan, Henry Gray, Tabby Thomas, Katie Webster, Nathan Abshire, Johnny Jano), all’armonica, alla chitarra, al washboard o altre percussioni. Sebbene non abbia avuto un hit nazionale, le vendite costanti e la sua presenza in studio come braccio destro di Miller gli permisero un’attività discografica continua per nove anni, con quindici dischi Excello usciti a suo nome.
Il CD offre i singoli in ordine cronologico, e il primo da titolare (Excello 2095) uscì nel 1957 con I’m Gonna Leave You Baby, di Leslie Johnson e Jerry West, lo pseudonimo che Jay Miller usava per firmare i blues.
È un medio-lento che evidenzia il tessuto ritmico imputabile allo studio Miller: slapping su carta o cartone a inumidire il drumming sordo e regolare proveniente da una cabina (come si vede nelle foto dell’articolo sulla visita a Crowley), un lavoro fino di chitarra e basso a intorbidire il movimento mentre Lester all’armonica commenta le sue frasi vocali ed esegue un solo.
Non avendo niente per il retro, lui e la ben assortita band di Guitar Gable, con il fratello tredicenne di quest’ultimo, John Clinton Perrodin, detto ‘Yank’ o ‘Fats’, al basso, e Clarence ‘Jockey’ Etienne alla batteria, improvvisarono lo shuffle strumentale Lester’s Stomp che, in qualsiasi versione lo si ascolti (nella bella alternativa su FLY 526 c’è ancora lo slap e si odono voci di incitamento), rimane un favoloso uptempo boogie di due minuti (e uno dei pochi casi in cui il batterista usa i cimbali) mostrante la confidenza di Lester all’armonica, strumento di cui ha piena padronanza a differenza della voce, impostata sullo stile di Jimmy Reed ma non sufficientemente dinamica e potente, forse motivo per cui non riuscì a sfondare come solista. Questo primo disco uscì già con il soprannome datogli da Miller:
Disse che non avevo mai fretta […], che mi muovevo lentamente e avevo questo accento pigro, così decise di chiamarmi Lazy Lester. Non mi diede per niente fastidio […] Effettivamente, ammetto di non aver mai fretta, che si tratti di suonare il blues, di parlare, pescare, amare, qualsiasi cosa io faccia prendo tutto il tempo necessario per fare le cose come vanno fatte.
Il secondo e il terzo singolo uscirono nello stesso anno, ma non sempre le sessioni sono datate giuste e sui musicisti all’appello a volte ci sono contraddizioni, tenendo poi conto che non tutte le diverse versioni sono state fatte nella stessa sessione. Go Ahead e They Call Me Lazy (Excello 2107) sono entrambi tempi medio-lenti paludosi, intensi e imponderabili, il primo ancora con marcati accenti ritmici, bellissima armonica tradizionale e canto blues, il secondo (They call me Lazy, God he knows I’m only tired…) con armonica melodiosa, basso profondo e, a differenza della versione pubblicata su FLY 526, piano in sottofondo.
I Told My Litte Woman (Excello 2129) è un andante che inizia con un colpo sul crash e prosegue a passi marcati con l’armonica in un registro alto. Nel disco Ace c’è un’alternativa risalente all’ottobre 1957 che collega le due chitarre a Lester e a Gable, e la batteria a Jockey Etienne, (9) tuttavia sembrano identiche, e direi che il personale è lo stesso.
Il retro era la favolosa, minimale Tell Me Pretty Baby dell’agosto 1956, con aggiunta percussiva (washboard?) e Lester convincente su tutti i fronti. Le note del disco Ace, che credo presenti la stessa versione, dicono che c’è Guitar Gable alla chitarra, ma dato che se ne sentono due l’altra potrebbe essere lo stesso Lester, mentre al basso dovrebbe esserci ‘Yank’ Perrodin e alla batteria Etienne. Il FLY 526 ne presenta una versione veloce, con aggiunta di sax tenore, verosimilmente Lionel Torrence o Boo Boo Guidry, e un’altra è presente sul FLY 614. Lester ha descritto così la collaborazione con Miller nelle veci di autore:
Miller era un grande autore di canzoni […] Ci sedevamo da qualche parte nello studio e parlavamo. Afferrava la sua chitarra e ne usciva con qualcosa, allora prendeva un foglio, girava la chitarra sotto sopra e buttava giù le parole. Suonava ancora qualcosa e poi io aggiungevo la musica.

Il disco successivo (Excello 2143) uscì nel 1958 con un certo successo e data la suggestione di entrambi i brani non poteva esser altrimenti; oggi sono degli autentici classici. Da una parte l’originale, splendida I’m a Lover Not a Fighter, con chitarre e basso rockabilly, forse Guitar Gable, Al Foreman, Bobby McBride. Dietro ai tamburi probabilmente ancora l’inossidabile ‘Jockey’ Etienne.
La versione sul disco Ace in teoria dovrebbe essere la stessa (dato che la indicano uscita su Excello nel ’58), ma è leggermente diversa, con ritmica più rockabilly: sono comunque entrambe molto belle. Il FLY 526 presenta un’altra versione ancora, con un misterioso suono basso simile a una tuba, non attribuibile a uno strumento con tastiera. Ho letto poi che si tratta di una voce basso (per la verità, non intonatissima), di uno del gruppo Henry Clement’s Gaynotes. Fu registrato su due tracce con il basso vocale in una, per poterlo poi aumentare in fase di missaggio, come credo Miller abbia fatto.
Dall’altra, l’incalzante Sugar Coated Love, di nuovo accreditata a Jay Miller e ancora con sapore rockabilly, battito di mani e armonica con eco, proveniente da una sessione con (forse) Pee Wee Trahan e Guitar Gable alle chitarre, e l’allora “sbaffato” Warren Storm al rullante e grancassa. Sul FLY 544 è presente un’altra versione simile, ma in cui l’effetto elastico sembra superiore e Lester assume una vocetta ironica; qua la batteria è attribuita a ‘Jockey’ Etienne.

Nel 1959 esce I Hear You Knockin’ (Excello 2155) con il ritmo marciante al rullante di Warren Storm, la chitarra di Tony Perreau e il basso a sei corde di Emile Joseph. Non c’entra con quella di Smiley Lewis, ma è possibile che l’abbia ispirata. Forse si voleva bissare il successo di Sugar Coated Love, perché l’andatura flessuosa è simile. Sul FLY 544 c’è un’alternativa più lenta in cui lo slapping sul giornale è più marcato. In genere queste percussioni erano ottenute muovendo le spazzole o un giornale arrotolato su uno scatolone di cartone (gli imballi dei dischi), oppure battendo un giornale appoggiato sulle gambe in posizione seduta.
È un altro andante a marcetta Through the Goodness of My Heart, risalente a una sessione del maggio 1958, in cui Lester non suona l’armonica. Al di là del suo caratteristico e inconfondibile canto pigro sono le soluzioni ritmiche e l’effetto eco, come a propagare il suono per tutta la Louisiana, se non per tutto il mondo, il marchio di fabbrica del blues di palude prodotto a Crowley. Qui appaiono Pee Wee Trahan e (forse) Tony Perreau alle chitarre, Bobby McBride al basso e Henry Clement alla batteria.
Lester ha aggiunto molte informazioni sul personale presente nelle sessioni. Nomi come Pee Wee Trahan, Isaiah Chatman, Emile Joseph, Sammy Hogan (figlio di Silas), Hank Redlich, Tony Perreau, U.J. Meaux e Merton Thibodeaux sono stati tutti menzionati da lui quando la loro presenza non era mai stata documentata prima.
Siamo nel luglio 1959 e I Love You, I Need You (Excello 2166) è una breve ballata blues con armonica che evidenzia Al Foreman, chitarra, Rufus Thibodeaux, basso e Henry Clement, batteria. Il retro Late, Late in the Evening è uptempo, mentre l’alternativa nel disco Ace ha un diverso effetto perché rallentata.
Su quest’ultima le note dicono che ci sono ben tre chitarre: Lester, Pee Wee Trahan, Al Foreman, ed è segnalato Sammy Drake alla scatola di cartone, più udibile però in un’altra bella versione sul FLY 526, nella quale spicca appunto il battito cartaceo, senza batteria, e in cui il risultato è diverso ancora, molto più downhome anche grazie a come suona l’armonica.
Bye Bye Baby (Gonna Call It Gone) (Excello 2182) non è riuscita perché Lester fatica a seguire il tempo cantando, e tutto sembra sul punto di cadere rovinosamente da un momento all’altro, anche se il brano viene portato fino alla fine.
A svelare il retroscena di questo episodio è la versione dall’effetto comico pubblicata sul FLY 526, là chiamata I’m Leavin’, in cui già dall’inizio i musicisti non vanno insieme cercando di seguire le irregolarità del solista. Il collasso comincia dopo il minuto e mezzo con Lester che va fuori tempo, ma continua cercando di recuperare. Il commento cantato di Lester (“mother!”) all’1:46 è un’imprecazione. A questo punto qualcuno forse deve avergli fatto un cenno, perché a 1:57 inserisce la sua negazione, sempre cantando: “No, I didn’t cut no meter” e prosegue come niente fosse, ma dopo qualche secondo d’inerzia naturalmente la band interrompe.
Segue il vociare, e si sente Lester difendersi strenuamente (“No I’m good, man”) prima di ammettere, ridendo, che potrebbe aver “cut a little time”; a queste parole la band riparte subito per un altro take. Il risultato è ancora sconnesso, ma Miller lascia finire, e non fu ripresa in nessuna sessione seguente.
Siamo nel 1960, e dietro c’era la soffice ballata romantica A Real Combination for Love, esempio swamp pop in cui Lester canta ispirato. Nel disco Ace c’è un’alternativa con sottofondo d’organo chiesastico attribuito a Katie Webster, della quale si può dire formasse, assieme a Rufus Thibodeaux, Al Foreman e Warren Storm, parafrasando il titolo, “a real combo for a good background”.
Il bel disco con Patrol Blues e You Got Me Where You Want Me (Excello 2197) uscì nel 1961. Il primo è un blues lento sulla prigione, presente come alternativa simile anche nel disco Ace, mentre il secondo è caratterizzato da cambiamenti di tempo. Entrambi sono presenti in versioni molto simili nel FLY 544.
I’m so Glad (Excello 2206) è un blues più arrangiato del solito con la presenza del bel sax di Lionel Torrence, oltre a Tony Perreau (chitarra), Katie Webster e Jockey Etienne, con Lester anche alla chitarra. Quella Ace è la stessa, mentre c’è un’alternativa sul FLY 544 con diversa sonorità, mancando il sax e risultando più downhome e pungente, con i colpi su uno scatolone e l’armonica spiegata in pieno riverbero, con tutta probabilità ottenuto entrando nel suo echo-chamber (qui spiego di cosa si tratta).
L’altro lato era la coinvolgente Whoa Now, nello stesso stile (tra Chicago e West Coast) ma imperturbabile come sempre, e direi che il sax è ancora quello di Torrence/Prevost, idem per il sottofondo di piano e quindi entrambe potrebbero risalire alla stessa sessione, probabilmente fatta nell’anno di uscita, 1961. Sono invece diverse da questa e tra loro le due versioni uscite sul disco Ace e sul FLY 526, registrate molto tempo prima, dato che per quella sull’album Flyrigth il nastro riportava la data della sessione, il 24 luglio 1957 secondo i dati forniti da Bastin, e in questo caso ci si può fidare (i suoi dati a volte non sono compatibili). Quella su Ace è bellissima almeno quanto, se non di più, quella pubblicata, nonostante (o grazie alla) strumentazione più povera: solo Lazy con la sua voce e i suoi break d’armonica, una bella linea di basso dalla chitarra ipnotica di ‘Blue Charlie’ Morris e percussioni sul cartone di Sammy Drake; questo combo potrebbe essere lo stesso della versione Flyright, ma le note Ace dicono che risale all’ottobre 1957. Sullo stesso stile quella dell’LP, ma non efficace come l’altra. Esemplare la laconicità di Lazy (nella vers. Excello):
I say like the little red rooster
Said to the little grey hen
You used to lay your eggs in another yard
But you can't do that again
Whoa now, stop your runnin' around on me
Well you're thinkin' crazy baby
If you think that's how it's gonna be
Well you say that was your brother
I saw you with last night
I've never seen a brother
Kiss and squeeze his sister tight
Saltellante e piacevole la breve If You Think I’ve Lost You (Excello 2219), da una sessione del maggio 1962 con Bobby McBride passato alla chitarra, Rufus Thibodeaux al basso a sei corde e Henry Clement alla batteria; un’altra versione è presente sul FLY 544 con il titolo Ain’t Nothing in This World. Anche I’m so Tired è vivace e quella nell’edizione Ace sembra uguale, ma dicono trattarsi di una versione non pubblicata. Diversa è invece quella sul FLY 526, lenta, forse migliore.
Lonesome Highway Blues e I Made up My Mind (Excello 2230) sembrano provenire dalla stessa sessione del 1963 perché il personale è identico. Il primo è un blues lento in chiave minore con il canto di Lester in primo piano e sottofondo ad andamento evanescente e luttuoso, il secondo è un tempo medio con l’usuale tiro tonico. Entrambe hanno Sylvester Buckley all’armonica mentre Lester figura alla sei corde, Isaiah Chatman all’altra chitarra e Sammy Hogan alla batteria. Si sente inoltre un washboard, distinguibile soprattutto nel primo brano.
Fantastico il flessibile, mellifluo umore di You’re Gonna Ruin Me Baby (Excello 2235), risalente al 1963. La versione Ace sembra uguale, anche se targata come inedita, e quindi il personale dovrebbe essere lo stesso: Al Foreman e Bobby McBride alle chitarre e Sammy Hogan alla batteria. Tuttavia il basso è ben udibile e caratterizzante, quindi è probabile che McBride fosse lì: semplice ed efficace, carica di coolness.
Il retro Strange Things Happen è un altro felice episodio, poi ripreso benissimo sul CD Antone’s All Over You del 1999. Sul disco Ace (il più dotato di note sulle sessioni) non c’è, quindi è difficile risalire alla data e al personale, anche se non ho dubbi che si tratti dello stesso periodo. Quella su FLY 526 mi sembra uguale, e la chitarra potrebbe essere Al Foreman.

Il 45 giri con A Word about Women e The Same Thing Could Happen to You (Excello 2243) risale al 1963/1964. Le due originariamente erano sullo stesso nastro ed è probabile che i sessionman siano gli stessi: Al Foreman e Hank Redlich alle chitarre, Rufus Thibodeaux al basso e il mai sentito Elton Thibodeaux alla batteria (forse Elgin Thibodeaux?). La prima, mid-tempo tranquillo e tipico, è presente anche sul FLY 544 con il titolo A Woman. La seconda ha l’umore sospeso di un country song, e credo sia tra le preferite di Lester dato che la propone anche oggi; stessa versione sul CD Ace, e bella anche quella sul FLY 544 (dove però dichiarano la presenza di Bobby McBride), leggermente velocizzata.
Ancora più country la romantica ballata Take Me in Your Arms (Excello 2274) con l’organo di U.J. Meaux, per il resto c’è la collaudata sezione ritmica Al Foreman, Rufus Thibodeaux e Warren Storm: tutti visi pallidi. Now It’s Time è la versione alternativa nel FLY 544: pur rimanendo un delicato e melodico ballabile questo è più originale, con l’armonica (forse) di Sylvester Buckley che s’integra con il sottofondo.
Stessa formazione per l’allegro uptempo You Better Listen (to What I Said), e anche qui la presenza dell’organo mostra quanto i tempi siano cambiati; il disco uscì nel 1966. Un’altra versione simile è sul FLY 544 con il titolo You Gonna Lose Your Head.
Anche Because She’s Gone e Pondarosa Stomp (Excello 2277) furono pubblicati nel 1966, mancanti nel CD Ace. Il primo è un bel blues lento e triste che evidenzia il lirismo di Lester, il secondo è un uptempo strumentale per armonica e organo, mostrante che quando necessita scaltrezza e velocità lui c’è (come canta in I’m a Lover Not a Fighter: Well, people say I’m lazy but there’s a lot they don’t know / When I’m in the mood I can go, cat, go!). Pondarosa è il nome in gergo del noto penitenziario della Louisiana, Angola, e il titolo del brano oggi è usato da una fondazione che organizza un festival annuale a New Orleans e altri eventi.
Fu il suo ultimo singolo Excello, e anche la collaborazione con Jay Miller s’interruppe nello stesso anno, con la motivazione che Lazy era diventato troppo inaffidabile.
Questi trenta brani sono piccole perle, ma non dicono tutto dei nove anni trascorsi a Crowley. Si potrebbe pensare che arrivasse da Baton Rouge, facesse la sua sessione e poi se ne andasse in attesa di ricevere i proventi del disco; invece non era così, e di denaro ne ha visto poco. L’impegno nello studio fu talmente costante che dovette trasferirsi e solo analizzando il suo lavoro nel complesso, ad esempio mediante la serie Flyright e i dischi in cui è stato supporto per altri artisti di Miller, si può inquadrare il suo contributo nella giusta prospettiva.
La serie inglese aggiunge poco di nuovo musicalmente, ma mostra in parte lo scenario delle interminabili prove e varianti, il retrobottega, l’atmosfera, la varietà di suoni prodotti, il blues, il rock ‘n’ roll, il cajun, lo zydeco, il country.
J.D. Miller aveva una vasta scuderia, sia come artisti solisti che di supporto, che in buona parte ho già nominato. «Tutti quei ragazzi erano bravissimi musicisti. Eravamo sempre nei pressi dello studio con tante idee nella testa. Nove volte su dieci ero io l’unico ragazzo nero nello studio», ha ricordato Lester, che doveva organizzare le sessioni: «Mi prendevo cura degli artisti, sistemavo lo studio. Prendevo anche molti accidenti da alcuni musicisti, quando arrivavano e Miller non c’era». Il padre di J.D. di solito era davanti al suo negozio, e diceva loro che il figlio aveva lasciato Lester a curare la faccenda. «Molti di quei ragazzi non gradivano perché non ero bianco, ma gli dicevo: “Miller mi ha dato questo incarico perché ne so più di voi, e se voi volete fare quello che lui vuole che facciate, dovete fare quello che io vi dico di fare”. Molti di loro erano giovani, verdi di rabbia! Gente come T.K. Hulin e Rod Bernard».
Nel 1966 prese la decisione di ritirarsi dalla musica. Era stanco dei juke-joint, dei mancati accrediti e dei maltrattamenti, e aveva comunque sempre dovuto svolgere lavori occasionali come operaio edile e stradale, taglialegna, camionista: «Semplicemente, all’improvviso non volli più farlo».
Per fortuna dopo qualche anno di lontananza qualcuno si ricordò di lui, e a Lester, cambiati i tempi, tornò la voglia di rimettersi a suonare il suo particolare downhome blues, riportando a galla intatta la passione musicale e proiettandola nel terzo millennio per tutti coloro che per motivi anagrafici non hanno potuto assistere alla prima del film.

Oggi il Modern Music Center è gestito dal figlio Mark.
Altri link utili: Lazy Lester al Lucerne Blues Festival 2016 e Lazy Lester al Circuito dei Club a Terni nel 2007
(Fonti: Note di Fred Reif a I Hear You Knockin’!, Excello Records/AVI CD 3003, 1994 e a I’m a Lover Not a Fighter, Ace Records Ltd. CDCHD 518, 2009; Note di Bruce Bastin all’LP FLY 526 They Call Me Lazy vol. 7 della serie The Legendary Jay Miller Sessions, Flyright Records, 1976, all’LP FLY 544 Poor Boy Blues vol. 16, stessa serie, Flyright Records, 1978 e all’LP FLY 607 Baton Rouge Blues vol. 42, stessa serie, Flyright Records, 1985; Note di John Broven all’LP FLY 614 Baton Rouge Harmonica vol. 49, stessa serie, Flyright Records, 1988; John Broven, South to Louisiana: The Music of the Cajun Bayous, Pelican Publishing, 1983, Pagg. 137 e 138).
- Del 1954 per Specialty Records, l’incredibile chitarra era Jimmy Liggins, il piano Gus Jenkins.[←]
- Vol. 7, serie The Legendary Jay Miller Sessions, LP FLY 526.[←]
- Vol. 42, serie The Legendary Jay Miller Sessions, LP FLY 607.[←]
- Vol. 16, serie The Legendary Jay Miller Sessions, LP FLY 544.[←]
- Vol. 49, serie The Legendary Jay Miller Sessions, LP FLY 614.[←]
- Triste aggiornamento: Lazy Lester se n’è andato in pace il 22 agosto 2018 a casa sua, Paradise, California.[←]
- A Scotlandville, luogo comune anche ad altri bluesman. Altre comunità nere erano presenti su Highland Road e North Acadian Thruway.[←]
- Nelle note di All Over You, Fred Reif aggiunge che, nonostante dopo aver caricato Lester alla stazione degli autobus di Flint questi discusse con Slim per tutto il viaggio verso Chicago, il loro rapporto era dettato da una solida amicizia.[←]
- Nel 1976 viveva a Lafayette, registrando ancora regolarmente per Jay Miller con Marcel Dugas’ Entertainers, entrambi udibili sul FLY LP 539, Zydeco Blues.[←]
È vietata la riproduzione anche parziale di questo articolo senza autorizzazione
“Mi chiamano Lazy, pigro, ma Dio solo sa che sono stanco…”
– da “LA MUSICA DEL DIAVOLO” di Giles Oakley ed. italiana Gabriele Mazzotta editore, 1978
Grande articolo. Grazie
http://www.blackbluefestival.com/
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