Leland, Mississippi
Leland, cittadina sui quattromila abitanti nella contea Washington attraversata da nord a sud dalla Old Highway 61 (che in città si chiama Broad Street) e da est a ovest dal Deer Creek, fiume che nasce nella contea Bolivar e attraversa il Delta passando anche per Metcalfe, Hollandale, Rolling Fork. Leland è luogo di crossroads, con la vecchia 61 che incrocia l’ex Highway 10, oggi Highway 82, delimitante la città a sud. Verso est, nei pressi del Lake Monocnoc, la 82 incrocia anche la nuova Highway 61.
Il sacro e il profano dirimpettai: di fronte a quella chiesa, in North Broad Street, il 61 Blues Club. Su un lato del tendone si legge “Adult Blues Club”, e sul cartello giallo: No drugs, no fighting, no loitering, no teenagers. Zero tolerance, violators arrested. Thanks. Sul piccolo cartello rosso: No firearms on premises. Ha musica dal vivo solo la domenica sera.
A fianco, l’archetipico Gigi’s Barber Shop. Un blues club storico di Leland era il Ruby’s Night Spot, 203 McGee Street, nel quadrante nord formato dall’incrocio della Old Hwy 61 con il Deer Creek. L’edificio è ancora in piedi ed è segnalato da un blues marker. Ruby Edward (1910-2001), poi diventata suocera di B.B. King, fu anche proprietaria del Club Ebony a Indianola, e nei suoi locali suonarono grandi come Ray Charles, Big Joe Turner, Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Elmore James, Little Walter, S.B. Williamson II, B.B. King, Little Milton, T-Bone Walker, Ike Turner, Bobby Bland, Little Richard e moltissimi altri. Insieme all’Ebony, negli anni 1940/1950 il Night Spot fu uno dei più importanti blues club del Delta, spesso rimanendo aperto fino all’alba grazie alla politica cittadina permissiva verso il gioco d’azzardo, con lo sceriffo locale che dietro mancia chiudeva un occhio sull’importazione di liquore dagli stati vicini in cui non vigeva più il proibizionismo.
La fama di Leland come città “aperta” deve però risalire a molto prima, dato che all’Highway 61 Blues Museum ho letto che nel 1908 un articolo di giornale riportò che localmente era conosciuta come “Hellhole of the Delta” a causa dei suoi sabati, quando la musica era suonata dalla sera al mattino agli angoli delle strade e nei club, attirando decine di migliaia di lavoratori dalle piantagioni limitrofe.
I said Greenville’s smokin’, baby, and Leland’s burnin’, Leland’s burnin’ down
Well, I believe I’ll keep my woman out of Greenville town
Così cantava il bluesman locale Charley Booker nel suo No Ridin’ Blues (probabilmente basato sullo Special Rider Blues di Skip James) del 1952. Le parole si rivelarono profetiche perché un mese dopo la pubblicazione un intero blocco di Leland fu distrutto da un grosso incendio.
Il marker del bluesman e scultore James Henry ‘Son’ Thomas è davanti all’ex Montgomery Hotel, in cui lavorò come facchino dopo il suo trasferimento a Leland nel 1961 quando aveva già sei figli, fino ad allora mantenuti con il lavoro nei campi. Nato nel 1926 poco più a sud-est di qui, a Eden (ci passeremo) nella Yazoo County, fu pubblicato la prima volta dal folclorista William Ferris nel 1968. Torno su Thomas più avanti con l’incontro di suo figlio Pat, che ha suonato per noi e ci ha accompagnato alla tomba del padre.
Highway 61 Blues Museum, 307 North Broad. Piccolo museo accogliente che si concentra sugli artisti compresi nel raggio di qualche decina di miglia: una bella sfilza di personaggi, come Little Milton, Charlie Patton, Jimmy Reed, B.B. King, Albert King, Edgar e Johnny Winter (v. più sotto), Eugene ‘Sonny Boy Nelson’ Powell, Tyrone Davis, Sam Chatmon, Smokey Wilson, e naturalmente James ‘Son’ Thomas, insieme ai favoriti locali Eddie Cusic, Willie J. Foster, Abie ‘Boogaloo’ Ames (per gli ultimi tre vedi più sotto), e altri.
L’ingresso denota che qui una volta c’era un albergo, e questa la sua hall. Siamo gli unici visitatori.
Niente effetti speciali qui, video o installazioni interattive; il blues è raccontato attraverso immagini, dipinti, manufatti artistici, attrezzi di lavoro e varia memorabilia.
La collezione di fotografie è sostanziosa e proviene da alcuni dei più noti fotografi di blues, come Ernest Withers, Bill Steber, Raeburn Flerlage, Axel Küstner.
Ricordi di un noto night club di Greenville, The Walnut Street Bait Shop, gestito da Brenda Mitchell e Bradford Jordan, chiuso da qualche anno. Ho scoperto poi che l’immobile in cui era il locale è di proprietà di Danny, il tizio che lancia dollari sul soffitto conosciuto a Greenville, che vi ha aperto il suo Walnut Street Blues Bar.
Pianoforte di Abie ‘Boogaloo’ Ames, attivo negli anni 1950 nella zona di Detroit, ma proveniente dal sud. Morì a Greenville nel 2002, sua città adottiva dagli anni 1980. Negli anni 1960, tornato nel sud, lavorò come accordatore alla Baldwin Piano Company di Greenwood e per i quarant’anni successivi come pianista soprattutto nei ritrovi e nei party dei bianchi abbienti, affiancando l’attività di insegnante (la sua allieva più nota è Eden Brent). A Leland, Boogaloo ha suonato fino alla sua scomparsa ogni giovedì sera, accompagnato da una dance band, al Lillo’s Restaurant (1001 Highway 82), storico ristorante italoamericano risalente al 1948.
Angolo di batteristi: (da sin. a dx) Louis ‘Bubba’ Hubbard, di casa al Lillo’s Restaurant, Cedric Burnside, Junior Blackmon (nato nel 1933 a Leland, prima di fare il batterista per Howlin’ Wolf suonò localmente con il chitarrista Charley Booker), Frank Vick (nativo di Greenville, ai tamburi per Little Milton e Howlin’ Wolf) e Calep Emphrey Jr (n. 1949, Greenville, nella band di B.B. King). Sotto, pelle firmata da Hal Holbrook (nativo di Jackson, Mississippi, batterista jazz che lavorò con Boogaloo Ames). (A lato: Jimbo Mathus e Little Milton).
Vetrina dedicata al blues di Bentonia. Qui si vedono Jack Owens e una chitarra di Jimmy ‘Duck’ Holmes. A fianco, set di Louis ‘Bubba’ Hubbard sotto la sua immagine. Sopra, varie foto di bluesmen, tra cui ‘Pinetop’ Perkins e Matt ‘Guitar’ Murphy.
Nelle foto grandi, ‘Son’ Thomas e il figlio Pat ritratti da Axel Kustner. Sotto, altre immagini e oggetti di Son Thomas, tra cui chitarra con firma. Le sculture nella vetrinetta sul fianco destro sono di Pat, come il padre votato soprattutto a modellare teste di argilla.
Raymond ‘Pat’ Thomas entra poco dopo il nostro arrivo. L’incontro sembra casuale, anche se poi avrò l’impressione che Pat sia abitualmente avvertito della presenza di turisti nel museo (per guadagnare qualche mancia esibendosi), oppure semplicemente avviene non di rado perché forse passa da lì quotidianamente, eseguendo qualche lavoretto per il museo. In ogni caso per me è una sorpresa. Gli dico che l’ho visto in giro al festival di Clarksdale, ma non l’ho sentito suonare, al che lui si offre di esibirsi per noi, lasciandoci prima il tempo di guardare l’esposizione, e quando gli dico che in seguito andremo a visitare la tomba di suo padre si offre di accompagnarci. Molto è mediato dall’impiegato del museo che riporta a Pat quel che dico, ma soprattutto riporta a me ciò che dice lui dato che non capisco molto bene Pat a causa della forte inflessione afroamericana e per un difetto di pronuncia.
Il padre dei fratelli Johnny e Edgar Winter aveva un cotonificio a Leland, e questa porta autografata da Johnny Winter proviene da quel vecchio stabilimento.
B.B. King e, a sin., foto e pezzi della batteria di Calep Emphrey Jr, nella band di King.
Ritratto di Lil’ Bill Wallace per mano di Jay Kirgis
Vetrina per Little Milton (Milton Campbell), nato a Inverness (sotto Indianola) ma cresciuto a Greenville e Leland, e il suo iniziale mentore, il chitarrista Eddie Cusic (nativo di Leland), prima che quest’ultimo fosse arruolato per la guerra in Corea. Negli anni 1960 Cusic si ritrovò spesso insieme a Son Thomas.
Dipinto raffigurante il tracciato molto più tortuoso della vecchia Hwy 10 (rispetto all’odierna Hwy 82), passante per Greenville, Leland e Indianola, e nelle piccole cittadine circostanti.
Non so se è di Pat Thomas questa scultura che sembra ricavata da un ceppo di legno. Ricorda un totem o una reliquia voodoo, con grossi chiodi piantati in cima e di lato, candele, teschi scolpiti all’interno (con una tetra figura intera, in ombra) e, dall’altro lato, pitture raffiguranti il mito dell’incrocio.
Vetrina per Johnny Winter
Modellino della Dockery Plantation. A sinistra (fuori inquadratura) la stazione di servizio con le insegne della Coca-Cola, a destra la chiesa battista e sullo sfondo i capanni del cotonificio (al link sopra la Dockery reale).
Cigar-box guitar
Diddley bow
Tre immagini di Pat Thomas e di suoi disegni e sculture e, in mezzo, Eugene Powell ritratto nel 1998.
Eddie Cusic e Little Milton
A sinistra, foto scattata al Boss Hall’s di Leland nel 1995 e, a destra, al Club Ebony di Indianola, nel 1994 (B.B. King).
Altra immagine dall’Ebony di Indianola, nel 2001. La band è Little Blue e i Kings of Rhythm (Mickey Rogers e Jerry Fair alle chitarre) durante uno show della domenica sera.
Anche queste foto risalgono agli anni 1990. Da sinistra in alto, B.B. King (credo), battesimo nel Moon Lake, work gang nel penitenziario di Parchman, prison band di Parchman, guardia di Parchman, funerale di Lonnie Pitchford a Ebenezer (1998). Sotto, Bentonia Blues (non riesco a leggere ma, dietro al gatto nero, sembrano Jack Owens e Bud Spires), Splitting the Storm (Shaw, MS), vale a dire un’ascia che si staglia contro il temporale nella campagna del Delta, l’armonicista James Taylor (Greenville, MS), emulo di James Cotton, e la piantagione Dockery.
Abiti di scena di Mississippi Slim (si esibiva in Walnut Street a Greenville), Mickey Rogers, Joe Campbell e Joe Frank Carollo.
Come promesso, Pat Thomas si esibisce per noi al museo.
Figlio di Son Thomas, morto nel 1993 a 66 anni, Pat insegue la tradizione artistica del genitore, cantando (i blues paterni) in falsetto come lui, creando sculture e suonando in cambio di un’offerta, come faceva il padre che, in seguito al successo ottenuto durante il blues revival, riceveva i molti visitatori a casa.
Pat disegna gatti ovunque ed è un personaggio, ma musicalmente non è all’altezza del padre. Non si esibisce regolarmente al di là del cartellone degli stage acustici al Sunflower River Blues & Gospel Festival di Clarksdale.
Un paio di brevi video giusto per dare il sonoro a queste foto
Sale con noi in macchina, dove parla ininterrottamente e ci conduce al Bogue Memorial Cemetery presso la St Matthew Church (364 Old Tribbett Road). A vista, venendo da Leland, su Tribbett Rd girare a sinistra all’incrocio con Mark Rd, prima del ponte sul fiume.
La prima chitarra di Son Thomas fu un modello Gene Autry ordinata su catalogo Sears Roebuck, e tra le sue principali influenze dirette citò Elmore James, Arthur ‘Big Boy’ Crudup e il bluesman di Bentonia Jack Owens. Volle imparare la chitarra dopo aver sentito suo nonno, Eddie Collins, e uno zio, Joe Cooper, nei festini casalinghi nella nativa Yazoo County. A Leland, dopo esser stato impiegato per un breve periodo al Montgomery Hotel, si unì al patrigno nella sua attività di becchino, e più tardi lavorò in un negozio di mobili.
Bluesman carismatico, con canto dalla tonalità alta e uno stile inusuale di chitarra, come accennato sopra dopo il suo trasferimento a Leland incontrò lo studente di antropologia William Ferris (poi fondatore del Center for the Study of Southern Culture) di Vicksburg, il quale documentò attraverso riprese, fotografie e parole gli house party di Thomas, Poppa Jazz e altri interpreti del Delta in un’epoca in cui molti pensavano che il blues fosse morto.
La lapide, non del tutto stabile, è stata donata da John Fogerty. Il retro cita una strofa del suo Beefsteak Blues, intonato da Pat durante la visita al cimitero. Son Thomas godette di riconoscimenti durante il blues revival degli anni Ottanta, esibendosi così dai juke joint locali ai college, ai festival e agli eventi promossi dal Ministero delle politiche sociali, fino a suonare per i Reagan alla Casa Bianca, incontrando personalmente Nancy, e apparendo in On the Road di Charles Kuralt. Poi tornò nella sua vecchia shotgun house, più o meno vivendo d’arte e con la fama nel vicinato di hoodoo man supportata dal fisico scarno da stregone e dal carattere funerario delle sue sculture (soprattutto teschi, teste con denti umani o rappresentazioni di figure intere, magari adagiate in una bara). Nel periodo immediatamente precedente l’evento alla White House la sua ex moglie gli sparò allo stomaco con una calibro 22 ma, ancora in convalescenza, non rinunciò a volare a Washington, DC.
Altre tombe della famiglia Thomas
Angolo tra 4th e Main, murale Highway 61 Bluesmen. Leland è città di murali, e al momento ne sono stati completati sette su dodici in programma, quattro su edifici non lontani tra loro e tre sulla facciata dell’Highway 61 Blues Museum. Nel 2000 gli artisti locali Cristen C. Barnard e Jay Kirgis, insieme a un gruppetto di volontari, hanno cominciato questo dipinto considerando artisti famosi e no nativi, o che hanno lasciato traccia nel giro di qualche decina di miglia da Leland.
Alcune figure sono state aggiunte di recente. Dall’alto a sinistra: Caleb Emphrey, Sam Chatmon, Eugene Powell, Lil’ Dave Thompson, ‘Little Bill’ Wallace, Eddie Cusic, Willie Foster, Johnny Horton e ‘T-Model’ Ford. Sotto, da sin.: i nativi Joe Frank Carollo e Harry ‘Bub’ Branton, Pat Thomas, Johnny Winter, Edgar Winter, Jimmie Reed, Boogaloo Ames, Little Milton, ‘Son’ Thomas e l’artista di Ruleville Duff Dorrough.
Questo all’incrocio tra E 3rd e Main, disegnato da Cristen C. Barnard e Billy Johnson, è tutto per B.B. King e si riferisce a varie epoche della sua carriera. A questo stesso angolo un blues marker (Corner of 10 and 61) segnala la vecchia intersezione delle due Highway 10 e 61.
Un altro, denominato “Delta Dancing”, si trova al lato opposto dello stesso incrocio tra E 3rd e N Main, e celebra le danze e la musica live al Lillo’s Restaurant dove il pianista ‘Boogaloo’ Ames era di casa. La band raffigurata, con Boogaloo al piano, è quella del sassofonista ‘Doc’ Booth, chiamata Doc’s Bees.
Infine, uno per Jimmy Reed (nacque nella vicina Collier Plantation a Dunleith) in North Deer Creek Drive, di fronte al fiume e all’incrocio con la Highway 61, di C. Barnard e J. Kirgis.
I fratelli Winter, Johnny e Edgar, sono nati a Beaumont, Texas, ma hanno trascorso parte della loro infanzia a Leland (e non il contrario, come afferma Cheseborough), dove negli anni 1930 il nonno e il padre erano titolari di uno stabilimento cotonifero, J.D. Winter & Son, che si trovava in questo edificio. Il loro padre, John Dawson Winter Jr, era nativo della città e ne fu sindaco dal 1936 al 1941; era musicista anche lui, come altri componenti della famiglia. Anche dopo esser rincasati a Beaumont negli anni 1940, i ragazzi tornavano a Leland in estate a trovare la nonna.
Holly Ridge, poco a est di Leland passata Dunleith, dove si trovano le tombe di Charlie Patton, Willie J. Foster e Asie Payton. Il piccolo cimitero si trova di fronte ai capannoni della Holly Ridge Gin Company. Nonostante il suo nome sia sulla mappa, non si può considerare Holly Ridge un paese, piuttosto un incidentale incontro tra strade di campagna su cui sorge qualche abitazione e fattoria.
L’indirizzo più o meno è 84 Holly Ridge Rd, poco a nord della Highway 82. Non è detto che i resti di Charlie Patton siano dov’è la sua lapide, alcuni affermano che si trovano sotto l’edificio della Holly Ridge Gin.
Non ho trovato la New Jerusalem M.B. Church, che Cheseborough indica a circa trecento metri a ovest da qui, dove Patton suonava per i diaconi; il cimitero comunque prende quel nome.
Charlie e la sua ultima moglie, Bertha Lee, vissero a Holly Ridge per la maggior parte del 1933 e del 1934, gli ultimi due anni di vita del cosiddetto fondatore del Delta blues. Si esibivano nei juke joint della zona e specialmente nel retro di un negozio del “centro”, dove Patton ebbe anche la sua ultima residenza. Il proprietario del negozio, un bianco, spesso lo accompagnava al violino. Non so dov’era questo negozio, ma tra un gruppetto di edifici ne ho visto uno con un’insegna sbiadita della Coca Cola, all’angolo dell’unica via principale, Holly Ridge Rd, somigliante a uno di quei vecchi negozi, benché sembri rimodernato, idem la costruzione a fianco. Bertha Lee ha registrato con Patton alla sua ultima sessione a New York per Vocalion, nel 1934, poco prima della di lui scomparsa a soli 43 anni per problemi al cuore.
L’iscrizione “La voce del Delta” e il resto dicono verità semplici e sacrosante. Negli anni Novanta John Fogerty ha donato al Mt Zion Memorial Fund un sostanzioso obolo che ha contribuito alla tomba di ‘Son’ Thomas (sopra), al restauro del Robert Johnson Memorial, al supporto delle famiglie di Big Joe Williams e Charlie Patton, e a questa pietra tombale posata nel 1991. In una foto (di Panny Mayfield, la fotografa che ho conosciuto a Clarksdale) scattata qui, Fogerty è accanto a ‘Pops’ Staples e Skip Henderson, allora direttore del MZMF, durante una cerimonia in memoria di Patton. A detta di un/a nipote del bluesman, pare che una rappresentanza della Vocalion fece erigere qui una lapide poco dopo la scomparsa del bluesman, ma non si sa che fine abbia fatto: dal 1934, di anni e di trafugatori ne sono passati parecchi.
Di Asie Reed Payton si sa poco: non fece nulla per avviare una carriera musicale. La sua vita era nei campi di questa contea, dove guidava il trattore e viveva in una shotgun house senza telefono. Come suo padre prima di lui, al sabato sera suonava in uno dei due soli piccoli negozi di Holly Ridge (anche qui ipotizzo ciò che ho detto poco più su). La sua pietra, recente e finanziata credo dalla Fat Possum, dice semplicemente “bluesman”, laconicità che trova significato nella sua musica e nella sua vita.
L’unico suo disco, Worried, è uscito postumo nel 1999 per Fat Possum, registrato nel 1994 in due sessioni come demo su nastro; una sessione dal vivo al fu juke joint di ‘Junior’ Kimbrough a Chulahoma, e una in studio al Jimmy’s Auto Care, il vecchio studio FP. Implacabili suoni urgenti e scarnificati di un Delta blues elettrico senza pretese, a parte un paio di tracce che, come purtroppo FP ci ha abituato, non sono scampate a campionamenti in fase di inopportuno rimissaggio. Se n’è andato per infarto, e anche sua moglie Mary è qui.
Harmonica parader with soul, inusuale ed evocativa descrizione. Il cantante e armonicista Willie James Foster (da non confondere con Little Willie Foster, armonicista e cantante del Mississippi a Chicago negli anni 1940/1950 dove suonò con molti, ma a suo nome registrò solo un paio di singoli), dagli anni 1960 in poi attivo sulla scena di Greenville, Indianola e Holly Ridge, è probabilmente il bluesman capitato su un campo di cotone più precocemente rispetto a qualsiasi altro, essendo letteralmente nato in un sacco di cotone quando la madre lo partorì al lavoro nei campi vicino a Leland, nel 1921. Comprò la sua prima armonica da Rexall a Leland (dove ora c’è la farmacia Fred’s Xpress, 407 N Main Street) a sette anni spendendo i venticinque centesimi guadagnati in ben due settimane come water boy nei campi. Prima e dopo il servizio nella seconda g.m. Foster visse e suonò a Chicago, Detroit e St Louis, ma trovò successo solo negli anni 1990, molto tempo dopo il suo ritorno nel Delta, dove suonava con ‘T-Model’ Ford, Asie Payton, Sam Carr e Frank Frost. Perse la vista a causa del glaucoma ed entrambe le gambe per amputazione (nel 1992 un taglio al piede nell’acqua della Nuova Zelanda, dov’era in tour, gli provocò una grave infezione), ma continuò a suonare e a guidare la sua band dalla sedia a rotelle fino all’ultima notte in cui morì.
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Blues Commission, Blues Trail Markers.)
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