Lloyd Price – Lloyd Rocks
La copertina di questa raccolta Bear Family ritrae Lloyd Price con la sua orchestra formata da nomi eccellenti e diretta da Slide Hampton al Trianon Ballroom di Chicago nel 1963. Tra le foto rivelanti l’atmosfera del luogo anche una del pubblico in prima fila che, pur in un contesto cittadino ed elegante, si lascia contagiare dalla vitalità, dalla joie de vivre e dai ritornelli accattivanti di questo trascinante shouter che imperversò negli anni 1950/1960 lasciando un pugno di successi ripresi da centinaia di artisti.
Era il periodo in cui Mr Personality era tra i più richiesti entertainer, capace di riempire enormi sale da ballo e trascinare con ritmi esplosivi tra rhythm ‘n’ blues, rock ‘n’ roll e pop, maturati al caldo umido della Crescent City in un amalgama moderno ed esotico cesellato dall’idioma afroamericano.
Nato il 9 marzo 1933 a Kenner, nei sobborghi di New Orleans, (1) numero otto di undici figli della solida coppia Louis e Beatrice, tredicenne s’esibiva in una band in cui il fratello minore Leo era alla batteria, (2) dopo anni di perfezionamento su scatole di birra e lattine, e di apprendistato da Beatrice’s Fish ‘n’ Fry, il negozio di alimentari della madre fornito di uno sfavillante jukebox, esimio maestro di musica emanante i trionfi nazionali dei fratelli Liggins, di Roy Milton, Amos Milburn, Big Joe Turner, Louis Jordan, Nat King Cole, Charles Brown, sui quali il piccolo Lloyd cantava e ballava per le mance dei clienti, tra gumbo e panini di pesce o pollo fritto.
È al dj James ‘Okey Dokey’ Smith di WBOK che Lloyd s’ispirò per ciò che sarà il suo primo disco e grande successo, Lawdy Miss Clawdy, stimolato dalla pubblicità che il dj faceva per il Maxwell House Coffee: Lawdy Miss Clawdy, eat Mother’s Homemade Pies and drink Maxwell House Coffee!
Fu così che quando Okey Dokey capitò nella popolare bottega di panini, Lloyd gli fece sentire il suo personale arrangiamento dello spot.
[…] I knew nothing about writing no songs, or anything like that. I just banged it out on the piano. I knew how to play what they call eight-bar blues chords. And I did that, and he said, ‘Oh, I like that!’ (3)
Gli piacque così tanto che arruolò lui e gli altri del gruppetto per esibirsi in apertura alle partite di baseball domenicali in cui giocava, fino a quando il trombettista Dave Bartholomew, ai tempi massimo riferimento musicale della città in quanto talent scout, autore, produttore, arrangiatore, A&R man per Imperial e direttore delle magnifiche band prestate allo studio J&M di Cosimo Matassa, non passò anche lui in negozio:
[…] And this time I was on the piano, and I was singing Lawdy Miss Clawdy again. And he said, ‘Hey, I like that!’. To hear that from Dave was like thunder coming from the sky, and I had been hit by a thunderbolt! (4)
In un’altra intervista Price invece afferma che Bartholomew lo ascoltò nel bar del fratello. In ogni caso Art Rupe, qualche settimana dopo, trovandosi in città a cercar talenti – per la prima volta avventuratosi al sud attratto dal successo di Fats Domino – raccolse l’invito di Bartholomew facendosi accompagnare al negozio.
Rupe, e come lui altri imprenditori nel secondo dopoguerra, s’era lanciato nel mercato del disco in quanto emergente e lucrativo, non perché fosse un vero appassionato, ma a quel punto (1952) era già da qualche anno a capo di Specialty, fondata nel 1944, avendo fatto fortuna con il gospel e con Roy Milton & His Solid Senders, Joe Liggins, Percy Mayfield, acuendo così l’istinto per il potenziale di un brano. Il suo metodo però si basava su criteri oggettivi e su componenti a suo dire necessarie, avendo un modello a volte fuorviante; ad esempio di The Things That I Used to Do di Guitar Slim disse che faceva “schifo”, e fu solo grazie a Johnny Vincent se il disco uscì.
Altri discografici non intenditori di musica ma creatori di indie importanti furono i fratelli Bihari (Modern), indirizzati da musicisti come Maxwell Davis, Ike Turner o Johnny Otis – Syd Nathan (King) da Henry Glover (5) – Leonard Chess (per il blues) da Willie Dixon (però i fratelli Chess avevano acquisito esperienze in ambito musicale prima di fondare quella che divenne una firma leggendaria) – Herb Abramson (co-fondatore di Atlantic) da Jesse Stone (a differenza di Ertegun e Wexler, appassionati e cultori) – Lew Chudd (Imperial) da Bartholomew e, appunto, Art Rupe di Specialty, etichetta che senza Harold Batiste, ‘Bumps’ Blackwell e J.W. Alexander non sarebbe andata molto lontano.
Anche del primo incontro tra il discografico e il cantante esiste una versione diversa. Dalle pagine di Rhythm and Blues in New Orleans di John Broven, Rupe dice che fu Price a recarsi al suo cospetto rispondendo a un annuncio nell’airplay di Okey Dokey. Alla fine delle audizioni il boss di Specialty, deluso dal livello troppo amatoriale, apostrofò l’ultimo rimasto, Price, vedendolo incerto sul da farsi, imponendogli di procedere altrimenti se ne sarebbe andato. Il giovane Lloyd ne fu intimorito poi però cantò Lawdy Miss Clawdy, e Rupe in quella voce rotta dall’emozione sentì ciò che stava cercando.
Bartholomew organizzò la sessione da Cosimo il 13 marzo 1952 e Lloyd fu supportato da alcuni degli uomini eccellenti che il trombettista portava nello studio di Matassa: la chitarra e la sezione ritmica di Ernest McLean, Frank Fields e Earl Palmer, il contralto di Joseph Harris, il tenore di Herb Hardesty, la tromba di Bartholomew, e Fats Domino in una delle poche occasioni non da solista. Il pianista è inconfondibile con il suo ondulato pattern terzinato e un piccolo middle break a sostenere il canto lamentoso di Lloyd, interrotto da un caldissimo breve solo di Hardesty. Per loro un giochetto da ragazzi di poco più di due minuti su una melodia con scritto sopra “New Orleans” in grassetto, istintivamente ripresa dal Junker’s Blues di Champion Jack Dupree di dieci anni prima.
Di Lawdy qui abbiamo anche la versione del 1959, più veloce e “pop-rock”, con un arrangiamento ritmico-melodico e la presenza di un coro che rimandano a Stagger Lee (forse chiesta così dai vertici ABC dopo il successo di quest’ultimo brano, come vedremo), ma manca il suo retro originale, improvvisato durante quella stessa prima sessione: Lloyd aveva appena ricevuto i documenti per il servizio militare e buttò giù un blues del postino, Mailman Blues, e Fats s’agganciò con il piano. Qui però c’è quella del 1959 (ABC 277), un boogie rock ‘n’ roll, anche questo accelerato e con staccati ispirati a Stagger, dall’orchestra di Don Costa.
La sessione del 26 giugno 1952 fu nello stesso studio, con lo stesso produttore (Rupe) e gli stessi musicisti escluso Domino; al piano c’è Edward Frank, sessionman frequente da Matassa soprattutto nella seconda metà degli anni 1950. (6)
Fu occasione altrettanto fortunata perché rilasciò ben tre top ten nella classifica R&B: le due del disco Oooh-Oooh-Oooh / Restless Heart (Specialty 440, d’ora in poi abbr. in “Sp”) e un rhumba boogie alla Prof. Longhair più accelerato e “rock”, Tell Me, Pretty Baby (Sp 452, 1953), arrivato 8º e ancor più nell’atmosfera incandescente della Crescent City “di frontiera” con uno spettacolare Earl Palmer tra second line e ritmi West Indies, impepato da un sax selvaggio, intrusivo (credo Joe Harris), e Lloyd lanciato in vocalizzi ispanici.
Questi andarono a rafforzare l’inarrestabile ascesa del primo disco, rimanendo Lawdy Miss Clawdy ai vertici delle classifiche R&B di Billboard e Cash Box per sette settimane nell’estate 1952 e complessivamente per sei-sette mesi, vendendo più di un milione di copie ed entrando anche nel mercato bianco. Fu il primo race record di Specialty a sfondare tra i bianchi (come vendite) nonostante non fosse stato pensato per quello, a differenza di altri prodotti concepiti appositamente senza riuscire nell’intento. Ho letto un commento (su YT) affermante che a New Orleans i clienti bianchi chiedevano il disco nei negozi fingendo di volerlo comprare per la cameriera nera. Fu un anticipo di rock ‘n’ roll e colpì anche il giovane Presley, che quattro anni dopo la riprese cambiando la frase “you like to ball in the mornin'” con “you like to bowl every morning” per non urtare la sensibilità delle mamme (dall’orecchio fino però! Non è immediato distinguere tra i due verbi, specie se cantati). Price ha affermato:
Lawdy Miss Clawdy was such a monumental record, it kind of like started what we call now rock ‘n’ roll. Before Lawdy Miss Clawdy the beats were shuffles. So the kids couldn’t really dance to it unless they really knew how to dance. You really had to know how to dance to the early black music. You know, they was throwing people over their heads, through their legs, and the time and the spin. Big bands was the thing. They called it swing. Lawdy Miss Clawdy by us not being musicians and not being able to play that stuff, we slowed it down. And then everybody could rock ‘n’ roll to it. (7)
La sessione del 13 ottobre, sempre da Matassa in North Rampart, produsse un altro hit nazionale, il tempo medio Ain’t It a Shame (sullo stesso disco di Tell Me Pretty Baby), non il brano di Domino di là da venire, ma di H. Eddy Owens, lo stesso di Hustle Is On e Travelin’ Blues incisi da T-Bone Walker.
Nel frattempo Bartholomew aveva ripreso il rapporto con Imperial, diventandone l’Artist & Repertoire man su New Orleans per i successivi dieci anni, ma ormai Lloyd si autoproduceva e usava in studio la band con la quale girava in tour, forse Duncan Connelly Jr (chitarra?), William Brown, piano, Curtis Mitchell, basso, Charles Otis, batteria, e i sassofonisti Neely Simmons, William Lundy, Lawrence E. Marioneaux.
Quasi gli stessi furono presenti la volta del 14 gennaio 1953 per Walkin’ the Track (Sp 494, 1954), con ancora due uomini di Bartholomew, Ernest McLean e Earl Palmer. Scritto e prodotto da Price, è un potente medio-lento affondato nello swamp della Louisiana, honking sax e stile ‘Fat Man’ sia nei vocalizzi in falsetto che nella chiusa pianistica.
Forse fu fatta da Cosimo anche la sessione del 16 aprile, e forse ancora con un misto di suoi musicisti, come Neely Simmons al tenore, e di alcuni frequenti in studio, come Palmer alla batteria e Huey ‘Piano’ Smith.
Da lì uscirono l’esplosivo shouting di Where You At? (Sp 463, 1953), compendio di R&B e rock ‘n’ roll con coro responsoriale e diretta discendenza dal suono orchestrale jump blues, con sax alla Lee Allen, e Carry Me Home (LP Sp 2105, 1959), andatura e intro di piano in stile rumba di New Orleans, incendiario solo di sax e bei lick saturi di chitarra ritmica (McLean? Blanchard?) per una volta tanto ben udibili, addirittura con piccolo solo. Lloyd per esigenze metriche dichiara d’aver ventitré anni, ma ne ha solo venti.
A tenerlo sul mercato del 1953 ci pensarono anche What’s the Matter Now / So Long (Sp 457) e I Wish Your Picture Was You / Frog Legs (Sp 471), ma a quel punto Mailman Blues, originariamente chiamato Korea Boogie, si rivelò tristemente profetico.
Lloyd tempo prima aveva fatto lui stesso domanda nell’Esercito, ma dall’uscita di Lawdy molte cose erano cambiate. Specialty s’era affrettata a metterlo sotto contratto durante la permanenza in classifica prima che lo facesse qualcun altro, e la sua rapida crescita gli aveva procurato introiti sempre più consistenti dalle esibizioni live: se all’inizio il Dew Drop Inn lo pagava cinquanta dollari a sera, in pochi mesi arrivò anche a 2.500 a botta, bella somma per chiunque e ancor più per un afroamericano dei tempi.
L’obbligo di presentarsi per la guerra di Corea fu quindi una maledizione e a nulla valsero le proteste di Lloyd, che insieme a Rupe tentò invano d’ottenere l’esonero. Nonostante l’assunzione di un avvocato che lo tirò fuori ben tre volte dopo turni di due mesi, e che la signora Price avesse già sotto le armi altri figli, l’ufficio leva di Metairie non aprì spiragli: l’ordine da Washington D.C. fu definitivo dall’inizio del 1954.
Rimase nel lontano Oriente per due anni in varie località, non potendo registrare nulla dal gennaio 1954 al febbraio 1956, e al suo ritorno trovò molte cose cambiate. In Specialty il suo posto di numero uno era diventato di Little Richard, presentato ad Art Rupe da Lloyd stesso “by telephone from Tokyo”, come da sua dichiarazione. Price aveva conosciuto Richard a Macon, Georgia, città natale di quest’ultimo, e fu lui a suggerirgli di inviare qualche demo a Specialty. Rupe ci mise sei mesi per reagire, poi mandò Richard da Matassa nelle mani di ‘Bumps’ Blackwell, dove nacquero i primi grandi successi del Re del rock ‘n’ roll. Disse Little Richard dell’incontro con Lloyd:
He had a black and gold Cadillac. I wanted one just like that. The only place that had one was the funeral home, and you had to die to ride. (8)
Dopo il suo ritorno nella Big Easy, tra febbraio e giugno 1956 vi furono diverse sessioni prodotte da Rupe, tra lo studio di Matassa, in procinto di spostarsi in Governor Nicholls, e il Master Recorders, 533 North Fairfax, Hollywood, California.
Dell’8 febbraio nella sua città abbiamo Woe Ho Ho (Sp 571, 1956). A 23 anni la voce dello shouter è più matura, ma con l’usuale attitudine rock ‘n’ roll e l’impressione di spezzarsi in pianto (in Baby Don’t Turn Your Back on Me del 1953, qui non presente, lo fa letteralmente), accompagnata dalla “crema di crema à la Edgar” (citazione da Aristogatti): Edgar (guarda caso) Blanchard, Frank Fields, Earl Palmer, Edward Frank, Lee Allen (il solo è suo) e Alvin ‘Red’ Tyler; l’effetto però è tutt’altro che soporifero.
La sessione del 6 aprile è segnata a New Orleans con gli stessi musicisti, ma come si suppone nel libretto è probabile che fu condotta nello studio californiano con l’orchestra da giro di Lloyd, date le diverse sonorità del trascinante jump boogie Rock ‘n’ Roll Dance (Sp 578, 1956, lato A Country Boy Rock), scritto con John Marascalco, co-autore anche di diversi successi di Little Richard e da poco arrivato a Los Angeles dal Mississippi.
Quella del 19 aprile è invece direttamente assegnata allo studio di Hollywood, con i bandmate Lonnie Fowler, chitarra, e Big John Patton, piano, (9) e altri poco noti, come Lawrence Farrell, Prince Bouie, Marvin Warwick e Jimmie Robinson (escludo si tratti di Jimmie Lee Robinson, totalmente legato al Chicago blues), formanti la ritmica e i fiati.
Da qui saltano fuori il grandioso Country Boy Rock, che sarà anche stato inciso a L.A. ma suona molto N.O., con chitarra caratteristica di quel rockabilly che fece capolino nell’errebì della Big Easy proprio in quel periodo (anche il contrabbasso è “stile Memphis”), e la rutilante, Domino style, Why, somigliante alla Stagger Lee ancora da venire (in definitiva è il Lloyd Price style, che prese molto anche da Smiley Lewis), che però Specialty non pubblica; sarà rifatta e uscirà insieme a Just Because nel 1957 sulla prima etichetta del cantante, KRC.
È del 29 giugno l’ultima sessione qui attribuita alla sua città da lui prodotta nel nuovo Cosimo Recording Studio, per tutti semplicemente Cosimo’s, con la stessa formazione di cui sopra (Blanchard, Fields, ecc.).
Nascono Heavy Dreams (Sp 746, 1985), ai tempi non pubblicata, I’m Glad, Glad (Sp 582, 1956), velocissimo rock ‘n’ roll adatto a elettrizzare un live set, e Baby Please Come Home (Sp 602, 1957), in cui Earl C. Palmer appare come al solito “in the pocket” mentre Allen e Tyler sostengono Lloyd, che vocalizza i suoi moaning. Era la chiusura dei concerti, una canzone su due accordi che gli permetteva di lasciare il palco facendo ballare il pubblico mentre la band improvvisava ad lib. Questi dischi non ebbero successo, anche perché gli impegni promozionali della Casa erano tutti rivolti a Little Richard e, dato che non c’era accordo con Rupe su ciò che doveva essere prodotto, il cantante terminò il rapporto, abbandonando anche New Orleans.
Inaugurò il 1957 stabilendosi a Washington, D.C., e lanciando KRC Records con il road manager Bill Boskent e il compagno d’armi e già suo promoter Harold E. Logan. Era piuttosto inusuale che un artista afroamericano tenesse le redini commerciali della propria carriera, e Sam Cooke poco dopo farà lo stesso con J.W. Alexander fondando SAR.
La canzone più distintiva di questo periodo fu Just Because (KRC 587, 1957), ballata che unisce il pop palustre della Louisiana con un’aria adattata dal Rigoletto di Verdi, Caro Nome (tutto torna, almeno a casa mia, perché Gilda fu tra le interpretazioni della sublime cantante lirica afroamericana di cui ho già detto in altra occasione, dallo stesso cognome di Lloyd, Leontyne Price).
Tra i giovani bianchi conquistati da Price vi fu anche John Lennon, che incluse il brano nel suo disco di cover, Rock ‘n’ Roll, in una versione piuttosto insipida se si pensa a quella di King Karl, con il cantautore creolo, debitore di Price, in una bella valorizzazione dell’originale. Ma se queste riprese furono tributi effettuati a tempo debito, diverso fu il caso di Larry Williams (già spuntato, sempre come effetto collaterale, in due miei precedenti articoli: Johnny ‘Guitar’ Watson e The Beat, Vol. 3).
Infatti, Just Because fu autoprodotta e registrata per KRC il 1º febbraio 1957 a New York (ignoti gli accompagnatori), riscuotendo successo regionale e in città limitrofe come Baltimora e Washington, ma fu contemporaneamente ripresa da Larry Williams, ex “valletto” di Price nonché suo cugino e occasionalmente suo pianista in tour (aveva già lavorato per Percy Mayfield e Roy Brown), e molto amico di Little Richard.
Lloyd pensa che Larry non avesse davvero intenzione di tradirlo, ma secondo il suo racconto Williams, dopo avergli chiesto denaro in prestito con una scusa, si recò da Rupe in California al fine di registrare Just Because. (10)
Seguendo ancora il racconto di Price, Rupe lo chiamò e gli disse che, in qualità d’influente boss discografico, avrebbe distrutto KRC se non gli avesse lasciato i diritti sulla canzone, cosa che il nostro non aveva intenzione di fare dato poi che Rupe era stato disonesto a proposito del suo contratto, avendogli chiesto molto denaro per risolverlo.
In ogni caso Williams incise il brano (Sp 597), e Price per poter competere lo cedette a una major, ABC-Paramount (con l’intercessione di Fred Foster, poi fondatore di Monument Records), che lo ristampò (ABC 9792) mandandolo nella classifica R&B in marzo, quando ancora la versione di Williams non era entrata. Quest’ultima vi entrò il mese successivo, ma Lloyd arrivò alla 3ª posizione mentre Larry si fermò all’11ª, il primo entrando anche in quella pop alla 29ª. (11) È evidente come questi tre rocker afroamericani, Lloyd Price, Little Richard e Larry Williams, oltre ad avere in comune il baffetto fossero in acerrima lotta per la classifica.
Nonostante il rinnovato successo ottenuto con ABC, Price era determinato a continuare con la sua etichetta, forte anche del suo accordo di distribuzione con Atlantic, e il 23 maggio, a New York o forse agli U.S. Recording Studio a Washington, produsse tre brani firmati da lui e Boskent.
Si tratta di Hello Little Girl (KRC 303, 1957), latin rock ballabile con percussioni e muro di fiati (ispirò Tequila a Danny Flores?), il suo retro con solo di piano Georgianna, nato dal Tee-Nah-Nah di Smiley Lewis, e The Chicken and The Bop (KRC 301, 1957), elastico jump rock e racconto di un negro party, soggetto che ha cavalcato la tradizione, qui con citazioni alle eroine immaginarie del rock ‘n’ roll, la sua Miss Clawdy, la long tall Sally di Little Richard e l’universale Corrina. I musicisti dovrebbero essere quelli della sua band da giro, forse Vernon Emmanuel alla chitarra, Gladstone Thomas all’organo, Claude Green al sax, Monzie Isaroon e Clinton Thorburne (piano, tromba o batteria), e Pritchard Cheesemen, sax. (12) Stesso personale e situazione per How Many Times (KRC 305, 1958), ricordante Blue Monday.
A questo punto l’accordo con Atlantic s’interrompe e Price affida la distribuzione ad Ace Records di Johnny Vincent per l’uscita di Such a Mess (KRC 5000, 1958), novelty song sulla moda delle teenager di quegli anni (gli abiti sack-dress), con ripetuto riff di chitarra ritmica nella stessa influenza rockabilly di cui sopra. Della medesima occasione sono Down by the River, vagamente sulla melodia di Just Because, uscita sia come retro a un singolo di Eddie Seacrest (KRC 5001), sia sul disco (KRC 5002) insieme alla ballata swamp pop a due accordi Gonna Let You Come Back Home con solo melodico di chitarra, direi la stessa di Such a Mess. Di queste tre non si conosce la data di sessione e i musicisti non sono identificati, ma sono attribuite allo studio di Washington in Vermont Avenue.
Oltre ai suoi Price rilasciò su KRC singoli di sconosciuti quali i King Bees, Stella Johnson, Eddie Seacrest e Little Jimmie Merritt, ma questi sforzi editoriali senza altri successi dovettero provarlo se tutti i brani successivi qui presenti portano la firma ABC e provengono dagli studi Bell Sound in Midtown Manhattan, molti con la produzione dell’arrangiatore Don Costa.
Dalla sessione dell’11 settembre 1958 uscì il disco di successo descritto sotto, con la sua orchestra avente ancora John Patton al piano, Clarence Johnson, basso, Sticks Simpkins, batteria, Charles McClendon e Eddie Saunders, sassofoni tenori (anche quest’ultimo proseguì la carriera nel jazz), Ted Curson, tromba (poi associato a Cecil Taylor e Charles Mingus), e altri non segnalati.
Fu di nuovo Foster a offrirgli di firmare con ABC (di Sam Clark e Larry Newton), e quando Price fece ascoltare ai vertici due brani che aveva già pronti, loro, pur delusi dal fatto che non somigliavano a Just Because, decisero di dargli fiducia concedendogli un accordo che, a detta di Price, neppure Nat King Cole aveva: anticipo nell’ordine di migliaia di dollari, il 10% dei ricavi e il mantenimento dei diritti editoriali, cose non scontate ai tempi, tanto che Price si sentì “come se avessi rubato qualcosa”.
Il cantante li ripagò nel giro di un anno con almeno tre grandi successi, il primo dei quali, Stagger Lee (ABC 9972, 1958), non solo divenne il suo signature song, ma diede nuovo impulso al rifacimento del brano e della storia nei più svariati ambiti musicali, rappresentando un nuovo carattere nella tradizione delle ballate popolari europee basate su fatti di cronaca (broadside ballad), nello specifico sub-genere murder ballad, qui spoglio di dramma e cupezza.
Non so se Lloyd conoscesse una delle prime versioni, quella del 1928 di Mississippi John Hurt, Stack O’Lee Blues (solo da Hurt incisa otto volte), il cui originale titolava Ballad of Stack-o-Lee, ma invece è probabile, data la somiglianza, che abbia assimilato quella di Archibald, leggendario pianista di New Orleans che l’incise per Imperial nel 1950.
La vicenda è stata ripresa in musica centinaia di volte (altre varianti del nome sono Stackolee, Stackalee, Stagolee, Stag-O-Lee) e si riferisce a un fatto accaduto a St Louis; in ogni caso tutte le versioni riportano ‘Stag’ Lee come spietato assassino. Ecco la cronaca del quotidiano Saint Louis Globe Democrat, 28 dicembre 1895:
William Lyons, 25, colored, a levee hand, living at 1410 Morgan Street, was shot in the abdomen yesterday evening at 10 o’clock in the saloon of Bill Curtis, at Eleventh and Morgan Streets, by Lee Sheldon, also colored. Both parties, it seems, had been drinking and were feeling in exuberant spirits. Lyons and Sheldon were friends and were talking together. The discussion drifted to politics and an argument was started, the conclusion of which was that Lyons snatched Sheldon’s hat from his head. The latter indignantly demanded its return. Lyons refused, and Sheldon withdrew his revolver and shot Lyons in the abdomen. Lyons was taken to the Dispensary, where his wounds were pronounced serious. He was removed to the City Hospital. At the time of the shooting the saloon was crowded with negroes. Sheldon is a carriage driver and lives at 911 North Twelfth Street. When his victim fell to the floor Sheldon took his hat from the hand of the wounded man and coolly walked away. He was subsequently arrested and locked up at the Chestnut Street Station. Sheldon is also known as ‘Stag’ Lee. (13)
Fu registrata la prima volta nel 1923 da un gruppo vocale, Fred Waring’s Pennsylvanians (lo spartito era stato pubblicato nel 1911), continuando a essere tramandata anche oralmente e l’efferato Stag Lee diventando mito negativo (la sua casa è ancora meta di visite). Price, da sua dichiarazione, l’aveva inscenata tempo addietro solo per intrattenere i generali durante la guerra in Corea adattandola da “una vecchia canzone”, precisando subito dopo che non si trattava proprio di una canzone, ma di una storia sentita da bambino. Per i militari ne fece un atto teatrale, già dall’inizio molto descrittivo (The night was clear, and the moon was yellow / And the leaves came tumbling down), con tanto di scenografia e soldati-“attori” che agivano sul set.
Cambia la miccia della disputa con un debito di gioco, mantenendo il particolare pittoresco del cappello, identificato in uno Stetson, e il finale senza pietà, ma con il suo consueto umore vivace e leggero non scalfito dal coro crudele che con apparente innocenza incita ripetutamente “Go Stagger Lee!”, come se tifasse per l’assassino, il tutto spinto da una ritmica e una sezione fiati scattante, con quella specie di turnarounds (ta-ta, ta-ta, ta-ta) trasposti dal piano ai fiati (e al coro) da Don Costa, a chiudere e aprire ogni strofa o sezione. Forse fu proprio questa contrapposizione tra tema e umore a decretarne il successo, oltre al motivo orecchiabile.
Il finale spietato non piacque però al potente vj Dick Clark, e per la trasmissione nel popolare programma American Bandstand pretese un’edizione più accettabile in cui ‘Stag’ non uccideva Billy e la discussione era su una ragazza contesa, argomento più alla portata dei teenager. Qui appare la versione originale, ma in altre raccolte c’è quella modificata, con disappunto di Price che la pensò destinata solo a quell’occasione televisiva.
Il lato B presentava You Need Love, ispirata da A Lover’s Question di Clyde McPhatter, e nonostante Price qui fosse convinto d’aver scritto la sua “più grande canzone”, a differenza di Stagger Lee che invece non vedeva come possibile hit, fu proprio quest’ultima a trionfare, con tre milioni e mezzo di copie e un primo posto sia nelle classifiche R&B che pop per quattro settimane agli inizi del 1959. Il disco in effetti marcò la svolta pop: caratteristica sezione fiati in sostegno, ritmica accentuata, e un elegante coro femminile bianco, Ray Charles Singers (nulla a che vedere con il noto pianista), gruppo associato a Perry Como.
Tra i membri dell’orchestra di Price, come abbiamo visto anche nelle sessioni di registrazione, ve ne furono altri che poi divennero noti nel jazz. Infatti, figurarono tra i suoi ranghi anche i chitarristi Pat Martino, Cornell Dupree (lo ricordo con Aretha Franklin, ma partecipò a migliaia di registrazioni per molti artisti) ed Eric Gale, questi ultimi due spesso associati, i sassofonisti Grover Washington e Jimmy Heath (fratello del più noto bassista Percy), e il direttore Slide Hampton.
Inoltre, furono con lui tre nomi poi fondamentali nello studio Motown, il direttore e compositore Gil Askey (già con l’orchestra di Buddy Johnson), il sassofonista e flautista Thomas ‘Beans’ Bowles e il tastierista Earl Van Dyke.
L’associazione con il geniale James Booker, invece, è una di quelle sorprese che s’incontrano quando si scandaglia la discografia del pianista scoprendolo in ruoli fantasma o in compagini estemporanee e in registrazioni provenienti da un luogo all’altro d’America, anche su strumenti come la pianola o l’organo. In questo caso Booker appare solista all’Hammond in suoi quattro strumentali (Ooh-Pee-Day, Number Four, Soulful Waltz e Pan Setta) nell’album This Is My Band intestato a Lloyd Price. Tranne la prima traccia del disco, (14) tutto il vinile è strumentale e il cantante non ci mette piede direttamente, ma fu pubblicato sulla sua etichetta Double-L nel 1963. L’orchestra è impeccabile (i componenti non sono segnalati); Booker apparentemente è ospite solo in quegli episodi (gli unici con l’organo), e si destreggia con l’usuale agilità tra le magie sonore dell’Hammond senza rivelare la sua tormentata estasi (come invece faceva sul pianoforte), sciolto e diretto, ricco di versatili umori blues, soul, funky, pop, jazz.
La sessione del 4 dicembre 1958, con gli stessi accompagnatori, coro e stile di Stagger Lee, produsse Where Were You on Our Wedding Day (ABC 9997, 1959), scritta con Patton e Logan, balzante alla posizione 4 della classifica R&B e alla 23 di quella pop. Qui fecero anche una nuova versione di Lawdy Miss Clawdy per il suo primo LP, The Exciting Lloyd Price, mentre qualche settimana dopo, il 12 gennaio 1959, esce dallo studio newyorchese un remake di Mailman Blues con l’orchestra di Don Costa, entrambe già citate sopra.
La sua frequentazione dello studio al 237 West 54th Street continuò a essere fortunata, perché il 25 marzo produsse un altro disco di successo (ancora con Don Costa), Personality / Have You Ever Had the Blues (ABC 10018, 1959); sull’ultimo titolo oltre a Price e Logan c’è il credito a Bill Jennings, chitarra mancina di Louis Jordan, del sassofonista Willis Jackson e delle imperdibili collaborazioni con gli organisti Wild Bill Davis e Brother Jack McDuff. Pensavo quindi che avesse ripreso un suo strumentale, invece Jennings glielo diede direttamente proponendogli il riff (ripreso poi anche dall’organista Freddie Roach) e il soggetto, mancante solo di parole, durante una “seduta” su un marciapiede di Atlantic City. Come sessionmen sono segnati solo Bill Jones alla chitarra e Ted Curson alla tromba, ed è un irresistibile cha cha cha eseguito da un’orchestra favolosa, pur lontana dallo spirito di New Orleans.
Personality invece nacque dalla sua immaginazione durante un percorso solitario in macchina da Pittsburgh allo studio di New York, mentre il response del coro gli fu ispirato dallo spiritual Wade in the Water. La memorizzò, e arrivato là trovò Patton che la suonò all’istante, mentre Sam Hurt, il trombonista, aggiunse il “giro”: rimase in cima alla classifica R&B per quattro settimane.
Il 25 maggio figurano certi ancora solo Jones e Curson quando Price e Logan hanno il terzo grande successo con l’etichetta newyorchese, 3º posto nella classifica pop, I’m Gonna Get Married (ABC 10032, 1959, anche il retro Three Little Pigs si piazzò), in cui il coro ha ancora parte significativa essendo la voce che avverte “Charlie” di non sposarsi perché “troppo giovane e brillante”: motivo orecchiabile e un successo documentato anche dal fatto che nel 1960 vi fu un answer song di Titus Turner, We Told You Not to Marry.
Nel frattempo Don Costa si trasferisce da United Artists e Sid Feller ne prende il ruolo nella sessione del 15 settembre. Non ci sono notizie sul personale di Wont’cha Come Home, rifacimento di Baby Please Come Home piazzato 6º nella classifica R&B e 43º in quella pop, e anche qui si nota la vicinanza alla formula di Stagger Lee, senza però quel guizzo e quell’unicità. Il lato A, la ballata Come into My Heart fece ancora meglio nelle liste R&B e pop, nei posti rispettivamente 2º e 20º.
Sid Feller appare in altre due altre sessioni qui rappresentate e una è quella dell’8 dicembre, con Lady Luck, 3º R&B e 14º pop (ABC 10075, 1960, anche il retro Never Let Me Go va in classifica), ancora nello stesso cliché. L’unico rilievo interessante su questo brano è che Price commenta l’affermazione di Dr John sul fatto che la canzone gli sia stata rubata: “Mac is out to lunch”.
Niente di molto diverso il 14 aprile 1960 con Question (ABC 10123, 1960), premiato con 5º posto R&B e 19º pop, anche se qui s’apprezza l’accento swing e il canto più da crooner, aspetti inusuali per lui nei dischi singoli. Rileva infatti giustamente Bill Dahl che ABC destinava i singoli al pubblico dei teenager, mentre gli album (sempre pubblicati sia in mono che in stereo) erano rivolti al pubblico adulto. A prova ci sono LP come Mr Personality Sings the Blues (ABC-Paramount 315), dove affronta pietre miliari del blues urbano, ad esempio Ain’t Nobody’s Business, Please Send Me Someone to Love e Kidney Stew, The Fantastic Lloyd Price (ABC-Paramount 346), con classici di Tin Pan Alley come What Is This Thing Called Love, Because of You, Let’s Fall in Love e Don’t Take Your Love from Me (strada peraltro già accennata nel suo primo LP, The Exticing Lloyd Price), o Lloyd Price Sings the Million Sellers (ABC-Paramount 366), riproposte di successi come Will You Love Me Tomorrow, Save the Last Dance for Me, At Last, Corrina, Corrina e Spanish Harlem.
Le ultime due tracce qui, del 19 e 20 gennaio 1961, sono tratte proprio da Sings the Million Sellers, prodotto ancora da Sid Feller e arrangiato da Gil Askey. Si tratta dell’incalzante The Hoochie Coochie Coo, già hit di Hank Ballard & The Midnighters, boogie rock uptempo tutto da ballare con lick ritmici di chitarra e fiati, e dell’Ain’t That Just like a Woman di Louis Jordan. Chitarra ritmica aderente e serrata, passaggio di pianoforte, batteria economica e sezione fiati espressiva pur nella velocità. Il libretto del CD dice che l’unico musicista appurato è il tenorsassofonista Herman Greene (Green, in realtà), ma sull’LP sono segnalati, come membri della sua orchestra, Ernest McClean e
Bill Jones, chitarre, Clarence Johnson, basso, William Brown, piano, Claude Green, Charles McClendon, Eddie Saunders, sax tenore, Joseph Harris, sax alto e Ted Curson, tromba.
Intanto i vertici ABC, nella figura di Sam Clark, si mostrano insoddisfatti delle vendite degli ultimi dischi, e quando a Price è proposto materiale e produttori differenti lui se ne tira fuori.
Con Logan si mette di nuovo in proprio aprendo un’altra etichetta, Double-L, distribuita da Liberty, e qui le cose più rilevanti (oltre al già citato vinile con l’apparizione di Booker) dal punto di vista del successo commerciale sono la sua versione del classico di Erroll Garner, Misty (Double-L 722, 1963), e l’acquisizione di un gruppo di incisioni fatte a Detroit dal giovane sconosciuto Wilson Pickett, lanciando di fatto la sua carriera pubblicando il suo primo successo, che lo farà entrare in Atlantic.
Double-L vive solo fino al 1966, ad esempio pubblicando i 45 giri di Pookie Hudson (ex-Spaniels), Billy Guy (fondatore dei Coasters), Herman Griffin, Erma Franklin, Gerri Granger (s’era esibita da giovanissima nella band di Price), e altri più sconosciuti.
Dopo la chiusura di Double-L il suo nome appare su qualche piccola etichetta, come Ludix, JAD, Curio, Hurd, Reprise (fondata da Sinatra, non più così piccola da quando è stata acquistata da Warner Bros; è l’etichetta storica di Neil Young), e almeno su quattro singoli Monument (brani vecchi e nuovi) di Fred Foster, che gli produce anche un LP, Lloyd Swings for Sammy (Monument 8032/18032, mono e stereo, con note di Sammy Davis Jr). Inoltre escono quattro singoli sulla sua nuova firma (uno di questi registrato in Jamaica), Turntable, aperta con l’inseparabile Logan, più un altro singolo a metà con Howard Tate e un LP, Lloyd Price Now!, del 1969.
Il nome dell’etichetta è lo stesso del club che i due possiedono dal 1967 a Midtown su Broadway (nello stesso luogo in cui era sorto il primo Birdland nel 1949), offrente acts di James Brown, (15) Wilson Pickett, The Coasters, Maxine Brown, Howard Tate, Garnet Mimms, Chubby Checker, e altri. Il direttore artistico è il sassofonista jazz Charles Davis, le house band quella di Lloyd o quella di King Curtis, e l’orchestra dell’Ed Sullivan Show usa il locale per le prove.
Tutto ciò finisce nei primi mesi del 1969, quando Harold Logan è freddato in stile regolamento di conti nell’ufficio del locale; Price riduce sempre più le attività musicali, il club però rimane aperto e nel 1971 viene rinominato Crawdaddy. A metà anni Settanta con l’avvento della disco music l’attività live è quasi inesistente sostituita dai dischi e dai dj, e il posto diventa discoteca, ma è anche usato come studio di registrazione per un progetto di Lloyd dedicato ai ragazzi; lo venderà nel 1976.
Nel frattempo stringe un legame con Don King, futuro famoso promoter di boxe, e lavora con lui in quell’ambito avendo un ruolo nello storico Rumble in the Jungle del 1974 in Zaire tra Muhammad Ali e George Foreman. Rimane a Lagos in Nigeria fino al 1984, vivendo di rendita grazie agli investimenti e ai diritti discografici, tornando occasionalmente negli USA e gradualmente alla musica facendo la sua prima apparizione a New Orleans dopo 26 anni nel 1986, e su altri palcoscenici in un revue insieme a Ben E. King, Jerry Butler e Gene Chandler. Dovuta la sua recente partecipazione in un episodio della serie TV Treme con una rinnovata versione di Stagger Lee, accompagnato da un’ottima sezione fiati della città diretta da Allen Toussaint.
La sua consacrazione ufficiale è avvenuta il giorno del suo compleanno, 9 marzo 2010, con l’induzione nel Louisiana Music Hall of Fame durante una cerimonia alla presenza del governatore della Louisiana e dell’allora sindaco di New Orleans, Ray Nagin. Oggi è ancora attivo imprenditore di se stesso e il suo nome, la sua faccia e la signorina Clawdy sono anche un marchio commerciale. (16)
(Fonti: Bill Dahl, libretto a Lloyd Price, Lloyd Rocks, BCD 16999 AR, Bear Family, 2008; John Broven, Rhythm and Blues in New Orleans, Pelican Publishing, 1988; Lloyd Price, The Discography, di Bill Dahl, Michel Ruppli, Richard Weize e Russ Wapensky; Discografia Soulful Kinda Music.)
- La zona a quei tempi si chiamava Moisant Field, oggi vi si trova l’aeroporto.[↩]
- Leo Price ha firmato Send Me Some Lovin’ (insieme a John Marascalco) e Can’t Believe You Wanna Leave, incise da Little Richard e la prima anche da Sam Cooke. Ha una ventina di brani accreditati da BMI e nel 1954 registrò lui stesso qualche singolo su etichetta Meladee di Mel Mallory come Little Leo, mentre il demo di Send Me Some Lovin’ lo incise per Specialty.[↩]
- Dalle note di Bill Dahl al disco, pag. 4.[↩]
- Ivi, pag. 5.[↩]
- Nathan non mise sotto contratto James Brown per Please, Please, Please perché la considerò “spazzatura”, ma ci pensò Ralph Bass per Federal, vendendo un milione di copie.[↩]
- Tanto per chiarire: lo studio di Matassa non aveva una sua vera e propria house band quindi è più corretto parlare di studio band, anche se la differenza può apparire irrisoria. Infatti, a seconda del periodo e delle circostanze – etichette, e bandleader-compositori-arrangiatori come Bartholomew, Paul Gayten, Harold Batiste, ‘Bumps’ Blackwell, o Allen Toussaint – ritroviamo dei musicisti ricorrenti; nomi “di casa” o “dello studio” non nel senso “di Matassa”, ma in quello di frequenza essendo sotto l’ala di uno o l’altro direttore, e anche nel senso di locali, sulla scena cittadina.[↩]
- Dalle note di Bill Dahl al disco, pag. 15.[↩]
- Da Charles White, The Life and Times of Little Richard: The Quasar of Rock, Harmony Books, 1984, Pag. 40.[↩]
- John Patton, tra gli accompagnatori di Price, è oggi conosciuto grazie alla sua carriera nel jazz e soul-jazz. Nativo di Kansas City, le sue prime esperienze le ebbe proprio con Price in tour dal 1954 al 1959. Nel 1960 arrivò a New York e passò all’Hammond B-3 e nel decennio d’oro per l’organo registrò molto per Blue Note sia come solista che come accompagnatore, per George Braith, Don Wilkerson e molti altri, in particolare Grant Green e ‘Sweet’ Lou Donaldson. Memorabili sono le collaborazioni con Green e il batterista Ben Dixon, organ trio che, sia come gruppo a sé che come sezione per altri, lasciò un segno indelebile e una dimostrazione di interazione ed empatia non comuni.[↩]
- Secondo quanto ha detto Williams, invece, quando entrò in Specialty viveva a Oakland e non vedeva Price da un po’, e una volta là qualcuno gli consigliò di fare un cover del brano.[↩]
- Williams poi nei successivi due anni sfondò con Short Fat Fannie, Bony Moronie, Slow Down, Dizzy Miss Lizzy, High School Dance, Bad Boy, She Said Yeah.[↩]
- Cheesemen prima di Price incise con il chitarrista Brownie McGhee per Savoy nel 1947 e poi lavorò come sideman in ambito jazz, ad es. con Specs Powell.[↩]
- Da The Stagger Lee Files.[↩]
- Cantata da Norman Thrasher, ex membro originale dei Midnighters di Hank Ballard.[↩]
- Brown e Price apparvero insieme in un episodio televisivo del sitcom “Amen” con Sherman Hemsley, da noi noto per I Jefferson.[↩]
- Aggiornamento: Lloyd Price è scomparso il 3 maggio 2021, a 88 anni.[↩]
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