Mid-Delta, Mississippi – pt 2
(Tutwiler, Parchman, Drew, Dockery Farms, Ruleville, Glendora)
Tutwiler si trova sulla Highway 49 ai margini della contea Tallahatchie, ed è stata fondata nel 1899 da Tom Tutwiler, ingegnere civile impiegato nella costruzione della ferrovia che instaurò qui il suo quartier generale. Tra Clarksdale e Tutwiler ci sono diversi allevamenti di catfish; l’industria del pesce gatto è florida in Mississippi. Vicino ai laghetti capita di vedere aironi in volo in cerca di cibo.
A Tutwiler la Highway 49 si divide in due diventando West e East, ma i due rami non si allontanano troppo nella loro corsa verso sud, per poi ricongiungersi a nord di Yazoo City.
Stazione di servizio in rovina sulla Highway 49 all’ingresso della città; 4 way probabile riferimento alle strade che s’incrociano qui.
Ristoranti abbandonati in Hancock Street
Disegni naif evocanti amore fraterno-pace-rispetto-famiglia, scene idilliache di pesca e di vita all’aria aperta e riferimenti al blues sulle pareti del City Hall, un po’ in contrasto con l’ingresso stile tempio greco (visibile nella foto sotto).
Sito della leggendaria stazione, oggi solo luogo di pellegrinaggio: qui W.C. Handy nel 1903 ebbe la sua epifania blues mentre aspettava un treno.
Murales davanti alla ex-stazione in Front Street. Il memorabile incontro di Handy con il blues è descritto nella sua autobiografia, dove narra della folgorazione avvenuta nell’udire un “lean, loose-jointed Negro” – oggi una celebrità senza nome (1) – suonare la chitarra usando un coltello come slide e cantare ripetutamente la frase goin’ where the Southern cross the Dog. Il luogo di destinazione sottinteso è Moorhead, dove la Southern Railroad (est-ovest) incrociava ad angolo retto la Yazoo Delta Railroad (nord-sud, detta Yellow Dog, v. al link sopra), poi denominata Yazoo & Mississippi Valley.
Handy la considerò la musica più strana che avesse mai sentito e si basò su questa esperienza per le sue prime composizioni con la parola blues nel titolo, anche se queste non si possono considerare dei blues (già solo per l’approccio didattico e la pubblicazione su spartito), ma forme orchestrali in linea con le convenzioni del tempo e quindi musica popolare da ballo (tango, foxtrot, eccetera).
Tutto ciò non toglie importanza all’avvenimento, non tanto direttamente in senso musicale (non era uomo di blues, Handy, anche se il suo St Louis Blues è una pietra miliare del classic blues – i suoi meriti vanno piuttosto nell’impegno a popolarizzare la forma) quanto come testimonianza storica universale, necessità più o meno evidente tra gli studiosi / appassionati di blues: un punto in cui collocare formalmente nel tempo e nello spazio i primi vagiti del blues in quanto espressione musicale e, soprattutto, incarnata da un singolo musicista, nonostante sia intuibile che un fatto analogo si sarebbe potuto osservare anche in altre città della regione Delta del Mississippi/Arkansas, e di altri Stati del sud come il Tennessee.
Il murale ritrae il momento magico; in mezzo, le parole che lo celebrano sono ormai illeggibili.
Ma Rainey avrebbe più diritto d’esser chiamata Mother of the Blues di quanto non ne abbia Handy come Father of the Blues: il suo incontro fatale con il blues (in Missouri) accadde prima, nel 1902, tramite una donna che le fece visita mentre Rainey stava girando il sud con il tent show dei Rabbit Foot Minstrels. La donna le cantò un blues dell’amor perduto che la colpì e che poi Ma adottò nei suoi spettacoli. Raccontò il fatto in un’intervista nei primi anni 1930, anche se fu su carta solo nel 1940 (nel libro di John Work III, American Negro Songs), comunque molto prima del libro di Handy, aggiungendo che nel sud nello stesso periodo sentì altre canzoni simili. Inoltre lei fu autentica donna di blues e influente come performer, anche autrice e tra le prime a diffondere il verbo per via discografica.
In questi dipinti si illustra il crop dusting (irrorazione delle colture via aerea), si proclama Tutwiler la “Wood Duck Capital of the World” (l’anatra dal tipico piumaggio variopinto) glorificando al contempo il pesce gatto, e si omaggia Sonny Boy Williamson II, includendo una mappa alla sua tomba.
Frank Stokes rimasto orfano fu tirato su dal patrigno a Tutwiler, dove imparò a suonare la chitarra, mentre John Lee Hooker non nacque qui come talvolta riportato, ma a sedici chilometri a sud di Clarksdale, nella fattoria del padre, da qualche parte in campagna vicino alla Highway 49 (i suoi erano di Glendora).
La lastra di cemento rappresenta le fondamenta della vecchia rimessa ferroviaria, che comunque era più recente rispetto a quella davanti alla quale Handy aspettò il treno. È stata dipinta come una trapunta da una cooperativa femminile denominata Tutwiler Quilters. I loro manufatti, anche a tema blues, si possono acquistare al Community Education Center (301 Hancock Street). Ho visto delle loro creazioni anche a Clarksdale alla Hopson Plantation.
In memoria dei caduti della contea Tallahatchie nelle varie guerre, Desert Storm, Vietnam, Corea, II.
Questa foto non ha molto senso, ma l’ho inserita perché è l’unica in cui è entrata per caso la rovina (a sinistra) del retro della funeral home dove fu composto il cadavere di Emmett Till; me ne sono accorta solo a casa. Là non l’ho vista, il che è un po’ strano dato che dall’altra parte, in Hancock St., devo esserci passata, e davanti all’edificio che sta cadendo a pezzi c’è una targa commemorativa. A Glendora (v. sotto) e a Money ho cercato e trovato altre tracce della storia di Emmett Till e quindi tornerò sulla vicenda, ma non sapevo dell’esistenza di questo reperto a Tutwiler.
Qui il 31 agosto 1955 fu preparata la salma di Emmett Till per il viaggio di ritorno a casa, a Chicago. Lo zio del ragazzino dovette firmare un documento in cui si impegnava a non aprire la bara, tuttavia quando arrivò a Chicago la coraggiosa madre di Emmett, data l’iniqua, violenta morte del figlio di soli quattordici anni per motivi razziali, andò contro quell’ordine con la volontà di far vedere a tutto il mondo com’era stato ridotto. La fotografia del suo mezzo busto nella bara, con il volto orribilmente sfigurato in seguito al trattamento inflitto, provocò profondo sgomento e fu fondamentale per innescare il movimento dei diritti civili.
Second Street, a sinistra la biblioteca pubblica.
Da questa strana casa proseguendo su 2nd Street si arriva alla tomba di S.B. Williamson II
Dopo poco più di mezzo chilometro bisogna girare a destra (all’angolo c’è un contatore del gas) su Bruister Rd, per circa due chilometri e mezzo fino a un bivio, poi a destra su Prairie Rd (in pratica si continua dritto) fino a che s’incontra il piccolo cimitero dissestato sul lato destro della strada. La chiesa si chiamava Whitfield Church, ma non c’è più. La tomba di Sonny Boy Williamson si trova davanti al boschetto.
All’ombra, un po’ distante dalle altre tombe; niente armoniche, gli lascio una collanina. Nacque vicino a Glendora (v. sotto), divenne famoso a Helena, Arkansas (dove morì), viveva a Belzoni quando Lillian McMurry di Trumpet Records lo incontrò e lo fece registrare a Jackson e a Chicago, e nell’ultimo periodo visse a Londra, ma è stato sepolto a Tutwiler, in un lotto di famiglia; qui ci sono anche due sue sorelle, Mary Ashford e Julie Barner, morte insieme nel 1995 nell’incendio della loro casa. Uno dei più grandi bluesman non ha avuto una lapide fino al 1980, quando McMurry ne ha fatta mettere una:
«Aleck Miller, better known as Willie ‘Sonny Boy’ Williamson, born Mar. 11, 1908, died June 23, 1965, son of Jim Miller and Millie Miller. Internationally famous harmonica and vocal blues artist discovered and recorded by Trumpet Records, Jackson, Miss., from 1950 to 1955».
Se l’anno di nascita è ancora incerto, con varie possibilità che vanno dal 1897 al 1912, il giorno della morte qui è certamente sbagliato: è infatti il 25 maggio.
Sulla 49 Highway West a sinistra comincia a delinearsi l’ex Parchman Farm (a destra se si proviene da Tutwiler), oggi Mississippi State Penitentiary, all’altezza del bivio con la Highway 32. “Parchman” rimane nel nome della località, nella contea Sunflower.
C’è il divieto di fermarsi per fotografare quindi tutte le foto verso la prigione le ho fatte dalla macchina in movimento. Prenotando telefonicamente si possono fare visite guidate di gruppo.
Parchman, dal nome della famiglia che possedeva parte delle terre acquistate dallo Stato del Mississippi per costruirvi la prigione, e Farm perché fin dall’inizio (1904) lo scopo principale fu di far lavorare i detenuti facendo profitti per la comunità con la coltivazione del cotone. Mentre le altre prigioni statali costavano denaro pubblico, Parchman riversò milioni nelle casse dello Stato fino alla riforma degli anni 1970. I prigionieri coltivavano il loro cibo, si cucivano gli abiti, allevavano bestiame, e i più fidati prestavano servizio addirittura come guardie armate.
Dal punto di vista economico funzionava in modo simile a una piantagione d’epoca schiavista, solo che qui i lavoranti erano galeotti e non solo afroamericani, ma come gli schiavi organizzati in gruppi di lavoro chiamati gang. Nell’isolamento di Parchman si preservarono work song nella forma di call-and-response per coordinare il lavoro, e altre forme tradizionali pre-blues; per questo fu meta di spedizioni da parte dei Lomax (v. La terra del blues), la loro prima volta nel 1933, e di altri ricercatori più recenti, come William Ferris. Qui i Lomax registrarono blues, work songs (tra cui Po’ Lazarus di James Carter, entrato nella colonna sonora di O Brother), spirituals e interviste con i prigionieri. David Cohn collezionò versi cantati di detenute intente al lavoro alle macchine da cucire negli anni 1930, e indubbiamente furono molti gli internati di Parchman a cantare il blues.
Parchman è citata in un blues da Charlie Patton, ma è Bukka White che in musica ne ha raccontato in prima persona essendovi stato rinchiuso (scontò tre anni, uscendo nel 1940). Son House è stato qui dal 1928 al 1930, mentre Wade Walton, il barbiere musicista, ha inciso un talking blues, Parchman Farm, (2) e un gruppo di prigioneri, l’house band di Parchman chiamata ad hoc The Confiners, uno strumentale nel 1961, Harmonica Boogie.
Il progetto di una prison band partì nel 1960 da Wendell Cannon (cantante rockabilly) e durò per decenni portando i detenuti più affidabili a esibirsi in giro nel Mississippi. Dave Kimbrough (figlio di ‘Junior’ Kimbrough), aka David Malone, fu uno della band negli anni Ottanta, lui e i suoi colleghi rimanendo fuori a suonare anche per settimane di seguito e dormendo nei motel. Ottenne inoltre un contratto discografico mentre era a Parchman, e vi registrò un demo. Kimbrough ha dichiarato che, a parte i primi sei mesi in cui come tutti gli altri fece lavori di fatica, da quando entrò nella band la prigionia fu tutt’altro che dura.
Anche Bukka White, pur più indietro nel tempo, disse di esser stato trattato bene e che in quanto musicista non era costretto a uscire nei campi. Il bianco contemporaneo Mark ‘Mule Man’ Massey musicalmente s’è formato a Parchman, istruito proprio da Kimbrough. Altri noti rinchiusi qui furono R.L. Burnside, ‘T-Model’ Ford, ‘Big Bad Smitty’ Smith, Terry ‘Big T’ Williams, S.B. Williamson II – e Vernon Presley che nel 1938 prese tre anni per la falsificazione di un assegno (da 4 dollari), ma vi trascorse solo otto mesi. Elvis, che aveva tre anni, e sua madre Gladys viaggiavano fino qui da Tupelo facendo parecchie ore di Greyhound. (Tombe dei Presley a Graceland).
Stazione di servizio a Drew
Continuando verso sud sulla Highway 49 West s’incontrano prima Drew poi Ruleville, distanti fra loro una ventina di chilometri, cittadine che negli anni 1920/1930 hanno respirato pesantemente blues. Il triangolo formato dalle località di Drew, Ruleville e Dockery fu un centro musicalmente dinamico, con un circo di artisti ruotante attorno a Charlie Patton.
Fu territorio anche di Tommy Johnson e di Willie Brown, (3) e di ogni altro musicista delle piantagioni vicine (come Dockery e quella di Jim Yeager) che si esibiva agli angoli delle strade, nelle feste casalinghe, nei juke joint. Qui Tommy Johnson sviluppò il suo Delta blues, prima di tornare a sud nella sua area, Crystal Springs e Jackson, con uno stile differente da Patton nella forma di un delicato e preciso finger picking e un canto vibrato tipo yodel.
Anche Howlin’ Wolf dal 1923 al 1933 visse e si formò da queste parti, come Roebuck Staples, e solitamente suonava nella piazza centrale di Drew. Nelle due foto sopra: North Main Street.
Drew vide appunto l’alba degli Staple Singers, precisamente di Roebuck ‘Pops’ Staples. Il cartello (blues marker) dice che nacque vicino a Winona nel 1914 ma nel 1923 la sua famiglia si trasferì alla piantagione di Will Dockery, e che i suoi figli Cleotha e Pervis nacquero lì (Mavis e Ivonne a Chicago). Roebuck però, in un’intervista a Chris Strachwitz (e secondo Greg Kot, v. fonti), ha detto che arrivarono lì quando lui aveva solo due anni. Il padre, Warren, affittò centocinquanta acri nella parte nord della vasta piantagione Dockery, dove avevano bestiame e coltivavano soprattutto cotone, ma anche granoturco, patate bianche, pesche, arachidi, pomodori, cocomeri. Il proprietario si chiamava Liston Sage, e il suo appezzamento era distinto tra upper e lower: loro vivevano nell’area superiore, Charlie Patton nell’inferiore.
Il Music Mart al 161 N Main Street non c’è più. In un ferramenta in questo tratto Roebuck comprò la sua prima chitarra, una Stella da cinque dollari a forza di cinquanta centesimi a settimana. Pops emigrò a Chicago a vent’anni (1935 ca) e prima di lasciare il Delta s’era già sposato (nel 1933 con la sedicenne Oceola) e aveva avuto due figli (Cleotha e Pervis, appunto). La famiglia Staples andava una volta al mese a fare provviste nel grande magazzino di Dockery che suppliva ai bisogni delle famiglie dei fittavoli (al picco se ne contavano quattrocento sparse sul territorio), e fu lì che un sabato pomeriggio nei tardi anni 1920 incontrò Patton, sentendolo suonare davanti al negozio.
Se la regione Delta con le sue piantagioni era il centro dell’industria del cotone, Drew era il centro di quel centro: a un certo punto contò più sgranatrici di qualsiasi altra città americana. Forse anche per questo si può considerare la vera culla del Delta blues.
Parco in Main Street. Essendo la sua famiglia molto religiosa, la prima musica che Roebuck udì furono i canti a cappella in chiesa, la stessa che facevano a casa, gli spiritual. Il blues lo conobbe dopo, a dodici-tredici anni, sulle strade tra Dockery e Drew, rimanendo impressionato dai dischi di Ma Rainey, Ida Cox, Bessie Smith, Blind Lemon Jefferson, Blind Willie Johnson, Big Bill Broonzy, sentiti al negozio della piantagione, e in seguito da quelli di Memphis Slim, Blind Boy Fuller, Robert Johnson. A quindici anni cantava con gruppi gospel e continuò a farlo dopo il trasferimento a Chicago dove poi formò gli Staple Singers con i figli.
Impianto USDA in Main Street
Dockery Plantation, tra Cleveland e Ruleville: davanti scorre la Highway 8 e dietro il “Big” Sunflower River. Fondata da Will Dockery nel 1895 e in seguito guidata dal figlio Joe Rice Dockery dal 1937 al 1982, comprendeva un ufficio postale, un grande magazzino e una sgranatrice. Il marker storico dice inoltre: “The plantation once employed Charley Patton, a legendary blues musician, who inspired such greats as Muddy Waters, Robert Johnson, B.B. King, and Elvis Presley”.
È evidente che i compilatori hanno usato un criterio di popolarità nel citare qualcuno tra i grandi toccati da Patton, allo scopo di far comprendere a più persone la sua importanza fondamentale, e va da sé che uno come lui, avendo lasciato una sessantina di registrazioni (grazie a H.C. Speir che venne qui a sentirlo, forse consigliato da Bo Carter), abbia potuto riverberare con forza ben oltre il Delta e il suo tempo contingente. È meglio però specificare che Robert Johnson, Muddy, B.B. ed Elvis non hanno avuto rapporto diretto con lui (per Elvis è chiaro visto che è nato nel 1935). Naturalmente R.J. e Muddy, rispetto agli altri due, sono meglio collegabili a Patton via Son House, ma è possibile che non l’abbiano mai visto. Rimanendo invece aderenti alla realtà del luogo e alle dirette influenze bisognava citare, come visto sopra, Tommy Johnson, Willie Brown, Son House, Howlin’ Wolf, Roebuck Staples, Bukka White.
Dockery è una delle più belle esperienze blues che si possano avere in Mississippi. Camminare qua dentro (in totale solitudine) è come fare un salto nel tempo, avendo modo di fantasticare quanto si vuole.
Un gioiello d’epoca anche la stazione di servizio. Viene a salutarci una signora del posto, così le chiedo se la piantagione è attiva e mi conferma che lo è, ma solo la parte nuova, più piccola, e che i proprietari abitano poco distante, nel bosco. Consiglio di non disturbare nessuno negli uffici, se non sono loro a farsi vedere; è un luogo privato. La parte storica esterna è visitabile liberamente e per conto proprio.
Il famoso fienile e la sua scritta, forse l’immobile inerente al blues più rappresentativo di sempre. Tra le travi c’è un guest-book, un po’ provato dalle intemperie.
Tutti i vecchi edifici sono stati restaurati e dal 2006 sono nel National Register of Historic Places
La meraviglia non finisce qui. Dietro il blues marker c’è un pulsante per far partire la musica, così oltre la vista altri sensi sono stimolati, e il clima che si crea fa venir voglia di piantar tenda. La voce baritonale aspra e possente di Charlie (Spoonful Blues) rompe il silenzio e pare uscire da uno degli edifici, diffusa da altoparlanti celati.
Il video è casuale e molto breve perché non c’era cosciente intenzione di pubblicarlo (come tutti gli altri del viaggio), solo di tenerlo per me, ma un po’ rende l’idea.
Il marker chiede se Dockery può esser considerato il luogo di nascita del blues; per me non c’è risposta o dovrebbe essere no non potendo ridurre il vissuto e la cultura comune di un popolo a un’unica situazione. Senz’altro qua è stato covato già solo perché fu casa non solo di Charlie Patton come abbiamo visto, ma anche di colui che è considerato il suo maestro, Henry Sloan (n. 1870), influente su ogni musicista della regione. Non si sa quasi nulla di Sloan, però data di nascita e varie testimonianze conducono verso uno dei primissimi bluesman conosciuti mai registrati.
Pensando alla discografia non esclusivamente blues di Patton e alla sua attività di vivace intrattenitore alle feste, dove suonava le richieste del pubblico con un repertorio di ballate e canzoni popolari, c’è piuttosto da chiedersi se registrò il blues soprattutto perché diventato attuale e quindi richiesto dal pubblico e/o dai discografici, questi ultimi già in un possibile atteggiamento in seguito costante, cioè volere dai neri solo il blues perché quella fu la forma, la loro tipicità, in cui il mercato li rinchiuse fin dall’inizio.
La signora davanti alla stazione di servizio mi ha detto che recentemente Rosanne Cash e la Tedeschi Trucks Band hanno suonato qua; è probabile abbiano usato questo come palco. Ci cammino sopra piano, qua sotto c’è un leggero rimbombo e la musica di Patton è ancor più ominosa: la sua è “la voce di un leone” (Howlin’ Wolf dixit).
Rosanne Cash, Susan Tedeschi, Derek Trucks, Quincy Jones, Herbie Hancock, T-Bone Burnett, Thelonious Monk III, l’autore William Ferris e altri, sono nella Consulta di Dockery. La fondazione si propone di preservare l’identità e l’eredità storica del luogo.
La proprietà di Will Dockery si estendeva per 64 km2, e lui stesso partecipò a bonificare quella che era una vasta palude. Divenne come un paese, con chiese, scuola elementare, taverna, maniscalco, ambulatorio medico, parco. La maggior parte dei bianchi ne stava lontano più che poteva poiché l’area era infestata dalle zanzare della malaria. La ferrovia Peavine passava attraverso la piantagione collegando Dockery a Cleveland e Rosedale, allora la città più grande sul Mississippi tra Memphis e Greenville.
Alla vendita annuale del cotone alle famiglie dei mezzadri spettava una quota dei proventi, ma i costi addebitati dal landlord (non direttamente Dockery; nel caso degli Staples, ad esempio, come detto era Liston Sage) spesso superavano il guadagno e in questo modo i mezzadri non riuscivano quasi mai ad appianare il debito, continuando così a sperare nell’anno successivo.
La famiglia Patton si trasferì a Dockery nel 1900, pochi anni dopo la sua fondazione. Il padre di Charlie, Bill, vi affittò della terra per subaffittarla a otto mezzadri. Bill possedeva anche carri e cavalli che usava per l’attività di rimorchio legna. Un’altra sua fonte era quella di cucinare pesce per venderlo al negozio di Dockery al sabato. Anche Charlie fece di tutto pur di non lavorare nei campi, favorito dal talento musicale.
Un nipote di Charlie, Tom Cannon, ha ricordato la folla che al sabato si radunava per sentirlo suonare: «There used to be a big brick store there at Dockery’s. He’d sit out there on the store porch. People all from Lula, Cleveland, everywhere. Just like he plays for one of those places, they would charge so much at the door. They’d have it in one of these big buildings, and they’d charge ‘em at the door.»
Patton complessivamente visse qui circa trent’anni, ma non in modo continuativo, muovendosi spesso; era il centro della scena dei dintorni. La famiglia Dockery fu sempre ignara di avere in casa musicisti di tale portata, tanto meno uno che sarebbe diventato un’icona del Delta blues. L’indifferenza dei superiori pare confermata anche in 34 Blues:
They run me from Will Dockery’s / Took me from Herman Jett’s job – e in parlato:
Herman told papa Charley / “I don’t want you hangin’ ‘round on my job no more”.
Herman Jett era un sovraintendente di Dockery che lo cacciò via considerandolo un vagabondo; gli disse di non interferire con la gente che stava lavorando, e di trovarsi un lavoro.
Ruleville si trova all’incrocio tra la 49 Highway W e la State Highway 8, tra Drew e Dockery, Sunflower County.
Hot & Cold, il simbolo di Ruleville.
È qui a Ruleville che fu girato il documentario Black Hometown Movie (opera di un non-professionista, B.F. Jackson, il quale nello stesso giorno registrò anche White Hometown Movie, nel settore bianco della cittadina), vecchio filmato ritrovato casualmente che, tra il 1997 e il 1998, causò scalpore nel mondo del blues perché alcuni si convinsero che il musicista fugacemente ripreso mentre suonava in strada potesse essere Robert Johnson, anche grazie all’avallo, in buona fede ma precipitoso, di Robert Lockwood.
Mentre esperti analizzavano il breve, sfocato spezzone per capire che accordi e che accordatura stesse usando il chitarrista, tra gli appassionati crebbe l’eccitazione e un commerciante di Beale Street tentò di piazzarlo come reperto autentico di Robert Johnson presso collezionisti stranieri: arrivarono Page, Plant, gli Stones, pronti a spendere cifre astronomiche per accaparrarselo. Tutto svanì miseramente quando qualcuno notò, alle spalle del musicista, la locandina di un film del 1941 (Johnson morì nel 1938); la faccenda finì tra varie accuse reciproche (ne ho parlato qui). Anche se poi a nessuno gliene è fregato più niente dell’anonimo musicista, rimane forse l’unica visione anteguerra di un musicista del Delta blues, e un’interessante testimonianza di un pomeriggio nella comunità nera di una piccola città del Mississippi negli anni 1940.
Jimmy Rogers (James A. Lane) nacque qui vicino, a Dougherty Bayou (tra Dockery e Ruleville, ma spostato più a nord), crebbe però a Vance (sopra Tutwiler), dove suonava con Snooky Pryor in un quartetto di armoniche; prese in mano la chitarra mentre viveva a Charleston, esibendosi a Minter City, entrambe non molto lontano da qui. Prima di stabilirsi a Chicago a metà degli anni 1940 diventando uno dei chitarristi più rappresentativi del Chicago blues, suonò nel Delta con il suo idolo S.B. Williamson II e nell’area di Memphis con Howlin’ Wolf e Joe Willie Wilkins. Visse ad Atlanta (credo quella in Mississippi), Memphis, St Louis, South Bend, Helena; in quest’ultima incontrò Little Walter e Robert Lockwood, e gli altri musicisti di KFFA.
Uno dei vari murali patriottici di Ruleville, questo direi ispirato dalla nota fotografia dei soldati issanti la bandiera USA a Iwo Jima sul finire della seconda guerra.
Ai pompieri e al personale d’emergenza del 911
Motto USA “In God We Trust” e, a lato, i diritti inalienabili del Bill of Rights. Tra la libertà di parola, stampa, religione, e il diritto a un processo rapido e con giuria, anche il diritto di tenere e portare armi.
Caserma dei pompieri in Floyce Street
Anche Ruleville era una fermata della linea Yellow Dog. La comunità, che nel 1900 contava poco più di duecento persone, nacque un anno dopo la costruzione della ferrovia e prese il nome da J.W. Rule, nel 1898. Crebbe velocemente grazie alla ferrovia e all’economia del king cotton, con tre chiese, scuole, banca, diversi negozi, luce elettrica, acqua corrente, linea telefonica e telegrafica, arrivando a più di mille abitanti nel 1920; insieme salì anche la popolazione nelle piantagioni circostanti.
Fannie Lou Hamer, attivista afroamericana dei diritti civili negli anni 1950, è sepolta qui e ha un memoriale, un parco e un museo a suo nome.
Howlin’ Wolf era di casa perché viveva alla piantagione Young & Morrow, tra Ruleville e Doddsville. Doddsville (ci passeremo sulla strada per Indianola) è anche il paese dei contemporanei Fruteland Jackson e Peaches Staten.
Greasy Street, così chiamato questo tratto di Front Street, era la via dei juke joint. Non credo ci siano locali con musica dal vivo oggi, e forse l’unico attivo, ma con dj, è rimasto (dal 1974) il Black Castle, l’edificio nero in fondo alla fila. È stato ricostruito in metallo dopo che l’originale in legno è bruciato.
Il blocco, a sud della lunga Front Street, era il centro delle attività commerciali afroamericane, e al sabato si riempiva di gente elegante che passava la serata in locali come il Mack’s Colored Cafe. Questa strada è stata battuta da molti uomini di blues; oltre a locali come Patton e Howlin’ Wolf, anche musicisti erranti come David ‘Honeyboy’ Edwards. La ferrovia passava proprio di fronte alla via, da qui il nome, mentre l’origine di “greasy” non è certa; credenza vuole che fosse perché i proprietari delle attività buttavano grasso sulla strada per tener giù la polvere.
Ancora sulla Highway 49, ma sul ramo est, fermata a Glendora, paese natale di Sonny Boy Williamson II. Venne al mondo come Alex Miller forse nel 1912, nella piantagione di Selwyn Jones, lo stesso che nel 1915 fu, diciamo, “chiamato a rigar dritto” (“called to task”, scritto nel retro del marker qui sotto, può significare da una semplice reprimenda o ammonizione, anche bonaria, a una condanna o diffida) dal Governatore del Mississippi Earl Brewer per maltrattamenti commessi su afroamericani; a quei tempi si seppe di almeno una dozzina di linciaggi nella contea Tallahatchie, tra cui diversi a Glendora. ‘Rice’ Miller lasciò casa da teenager dopo una lite con il padre, e non vi tornò (quasi) più. Il secondo cartello avvisa di un B&B a suo nome, e del parco dedicato a Emmett Till.
Pietra miliare dell’armonica blues e, come dicono qui, “a colorful character and charismatic performer”. Nel retro evidenziano una certa vena poetica nelle sue composizioni, e riferiscono dell’immensa eredità lasciata. Qui sono le sue origini, ma trovò la sua strada a Helena, Arkansas, come prima stella radiofonica del blues. La confusione intorno ai suoi dati anagrafici è attribuibile all’armonicista stesso, con diverse dichiarazioni da lui rilasciate alle autorità e ai giornalisti, forse a causa delle sue pendenze con la legge.
Belle auto d’epoca piazzate così, all’aperto. Poco prima di lasciarci Miller tornò a Glendora e stette per alcune settimane con suo cugino, Willie James Stewart, esibendosi nel juke joint di Stewart, The King Place che, secondo il sindaco di Glendora Johnny B. Thomas, altro suo cugino, sorgeva dove ora c’è il marker. Poi tornò a Helena, ricominciando a trasmettere il KBT con il sodale chitarrista Houston Stackhouse.
Il 5 e 6 dicembre 1998, una novantina di ragazzini/e del posto fecero full immersion di armonica blues ricevendo un’armonica a testa e due giorni di lezioni da parte di Sugar Blue, Paul deLay, Arthur Williams, Johnny Sansone, Bruce ‘Sunpie’ Barnes, e altri. Nonostante il successo e l’aumento del numero e dell’interesse degli studenti dopo il primo giorno, un anno dopo si notò che nessuno aveva continuato a suonare. Le armoniche finite chissà dove. Però, almeno, forse durante quel weekend ogni abitante di Glendora imparò qualcosa sul suo oggi illustre concittadino.
«Una vecchia ventola metallica di una sgranatrice di cotone fu presa da questo [qui sotto, ndr] impianto, M.B. Lowe’s Glendora Gin, di Roy Bryant e J.W. Milam. I due, dopo aver sparato alla testa del quattordicenne Emmett Till, fissarono con del filo spinato il cadavere del ragazzino alla ventola, pesante più di trenta chili, e lo buttarono vicino al Tallahatchie River.» (4) (Vedi la storia di Emmett Till nell’articolo su Greenwood).
Ora qui c’è l’Emmett Till Historic Intrepid Center (ETHIC), museo memoriale con manufatti, archivi fotografici e audiovisivi sulla relazione di Glendora con il rapimento e l’assassinio di Emmett Till, e il processo ai colpevoli. Una parte del museo è dedicata a Sonny Boy.
È interessante notare che l’ETHIC è stato fondato dal sopra nominato sindaco di Glendora, Johnny B. Thomas, figlio di Henry Lee Loggins. Loggins lavorava per Milam ed era uno dei due afroamericani accusati di complicità (credo per aver pulito, su ordine di Milam e Bryant, il furgone insanguinato usato dai due per trasportare il corpo di Till, ma non ne sono sicura); che la partecipazione di Loggins e dell’amico Levy Collins sia stata o no forzata non è chiaro, comunque entrambi furono rinchiusi sotto altro nome nella prigione di Charleston, di modo che non fossero trovati e intervistati dai giornalisti.
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Blues Commission, Blues Trail Markers; Greg Kot, I’ll Take You There: Mavis Staples, the Staple Singers, and the Music That Shaped the Civil Rights Era, Simon and Schuster, 2014.)
- Qualcuno ha considerato Henry Sloan, di cui si dice sia stato maestro di Charlie Patton presso Dockery Farms.[↩]
- Wade Walton non vi fu rinchiuso, ma conosceva bene la prigione essendoci cresciuto vicino. Nel 1958 accompagnò a Parchman due studenti di college californiani che aveva conosciuto via loro interesse a registrare musicisti folk e blues, ma quando arrivarono la loro richiesta fu respinta e il suo brano parla proprio di questo.[↩]
- Pensando al Willie Brown connesso con Charlie Patton, dell’area di Drew, nato alla fine del 1800 e, secondo David Evans, “generalmente considerato il miglior bluesman della zona”, non al W.B. connesso con Son House e forse quello che ha registrato per Paramount. Potrebbe anche essere la stessa persona se non fosse che fisicamente è stato descritto in modo molto diverso rispetto all’altro W.B.[↩]
- Buttarono il povero Emmett nel Black Bayou, dal Black Bayou Bridge alla fine di Second Avenue a Glendora. Da lì è possibile che il corpo sia sceso a valle, nel punto in cui il corso s’interseca con il Tallahatchie, dov’è stato trovato.[↩]
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