Old Highway 61, Mississippi
Benvenuti in Mississippi, patria della musica d’America. In cerca della Old Highway 61.
Bivio tra Old Highway 61 e Highway 61. Non ho dubbi sul voler fare il vecchio percorso per i tratti ancora esistenti. Mi fa tentennare solo quel cartello blu laggiù; mi avvicino per leggerlo.
Difficile resistere a una strada con un cartello simile, però l’odierna Highway 61 non è quella effettivamente magnificata nel blues. Nemmeno la vecchia forse lo è del tutto avendo probabilmente avuto dei riallineamenti, ma è quella la strada originaria. L’Old Highway 61 va a sud, verso la regione Delta, parallelamente alla U.S. Highway 61, dalla quale non si distanzia mai tanto, quindi la direttiva è la stessa ma di poco spostata verso ovest, più vicino al fiume Mississippi e al confine con l’Arkansas. È a una sola corsia, lenta, praticamente deserta, e passa in mezzo alle piccole località che ci interessano, compresa Dundee che sarà la destinazione del nostro primo giorno in Mississippi. Poi pare estinguersi nella Highway 61 nei pressi di Lula, per riapparire nella contea Coahoma fino a Clarksdale, a tratti confluendo sulla 61 e distaccandosene, attraversando posti come Shelby, Mound Bayou, Merigold, Shaw, Leland.
Verso Walls, dov’è sepolta Memphis Minnie. Più avanti si gira per Horn Lake, paese di Walter Horton e verso la regione Hills, ma ci passeremo al ritorno.
Il serbatoio d’acqua è utile anche per segnalare le cittadine da lontano; nelle piccole comunità a volte i cartelli della località non ci sono. È facile arrivare a Walls, più difficile è stato trovare il New Hope M.B. Church Cemetery nonostante le indicazioni di Cheseborough.
La apparentemente benestante contea DeSoto (Hernando DeSoto, esploratore spagnolo, qui nel nord ha anche una città a suo nome, immortalata dai North Mississippi Allstars), copre tutto il territorio direttamente a sud di Memphis; pur in altro Stato, sembra quasi una grande, tranquilla periferia residenziale della città, alla quale è collegata da tre grandi direttive. Poco dopo la 61 piega verso ovest, nella contea di Tunica, entrando nella regione Delta, ma intanto non troviamo il cimitero e, arrivati quasi a Lake Cormorant, torniamo indietro verso Walls sempre sulla Old Highway 61, fino a che finalmente riusciamo a individuare la sperduta Norfolk Road.
Non c’è anima viva, ma i campi sono coltivati e il piccolo cimitero è pulito e curato. Il blues marker recita:
… (Lizzie Douglas, 1897-1973) was one of the premier blues artists of the 1930s and ’40s. Her singing and songwriting, spirited demeanor, and superlative guitar playing propelled her to the upper echelons of a field then dominated by male guitarists and pianists. In the early 1900s Minnie lived in Tunica and DeSoto counties, where she began performing with guitarist Willie Brown and others…
La sua tomba si nota subito. È in ordine, ha due rose incise nella parte superiore e perfino la fotografia, cosa non molto comune là specie per le “tombe blues”, ma non solo. Questa piana verde e silenziosa è un paradiso di pace, mi ha lasciato belle sensazioni.
Monetine e un dado, in riferimento al fatto che Minnie era una giocatrice. Suonava in mezzo agli uomini e giocava tanto quanto loro, come si evince da certi suoi blues.
A fianco il chitarrista e cantante Ernest Lawlars aka Little Son Joe, terzo e ultimo marito di Minnie. Mi spiace non aver pensato a strappare un po’ d’erba dalla sua piccola lapide.
Forse quest’albero è stato spezzato da un fulmine. Da brividi immaginare questo camposanto nel buio pesto della notte durante un temporale.
Ce ne sono molti in Mississippi di piccoli cimiteri così, a fianco di strade più o meno solitarie.
Di Lake Cormorant ho solo quest’immagine. Poco dopo in una stazione di servizio ho chiesto notizie di questa proprietà, e mi hanno detto che è in vendita. Sul cartello appeso alla porta c’è un nome e un numero. Davanti c’è una statuina nera, un leoncino; da qui sembra un cagnolino di guardia.
Altre visuali dalla Old Highway 61, o U.S. Route 61.
Strada dritta, nuvole che viaggiano più veloci di noi e tanto spazio aperto.
Piove una pioggia leggera. A Robinsonville bisogna fermarsi per diversi motivi: uno è l’Hollywood Café.
Oltre alla sua storia, è anche ottimo ristorante.
È stata la nostra prima esperienza culinaria in Mississippi, positiva su tutti i fronti: il locale e il personale è accogliente e il menu tipico, con cose casalinghe tipo pomodori verdi fritti che mi hanno subito fatto pensare al film Pomodori verdi fritti alla fermata del treno. (1)
Da com’è il palco, direi che è usato regolarmente.
Dire dove inizia e finisce Robinsonville (idem per Hollywood) è arduo, non ricordo d’aver visto cartelli che delimitassero, o perfino che annunciassero. In effetti non esiste più, è una ghost town in un territorio invaso dalle case da gioco. Abbiamo percorso Front Street, equivalente alla strada principale che di solito si chiama Main, e nulla al di là di qualche casa o fattoria. Il vecchio Foster’s Cafe era più o meno qui.
Old Highway 61 tra Hollywood e Tunica. Oggi per molti il motivo per bazzicare qui sono i casinò, che si vedono da Robinsonville fino a Tunica e Lula, sempre a ovest, vicino al fiume e all’Arkansas. Per pochi altri invece è Robert Johnson. Fu in un juke joint di Robinsonville che il giovane Robert, tornato nel luogo della sua infanzia dopo un periodo di lontananza, stupì Son House e Willie Brown con la sua bravura; i due infatti lo ricordavano brocco, se mi passate il termine. Da questo fatto molto più tardi s’espanse la leggenda, RJ scomparso da un pezzo, a seguito di una folclorica dichiarazione di House negli anni 1960 sul fatto che Johnson avesse venduto l’anima al diavolo in cambio di talento musicale. Questa zona diede da fare anche a Howlin’ Wolf e a molti altri non noti musicisti, nelle piantagioni e nei locali, attirati dalle diffuse distillerie clandestine di corn whiskey.
Marker del Mississippi Mound Trail a Hollywood, indicante un tumulo indiano preistorico alto circa tre metri e mezzo, e relativo villaggio. Si chiama così perché sulla sua cima piatta (ma originariamente a piramide) c’è un cimitero afroamericano del XX secolo, Johnson Cemetery appunto. Ci sono tanti monticelli sepolcrali dei nativi lungo e attorno alla Highway 61, evidenziati da recenti marker storici, che per i siti archeologici sono di questo color rosso mattone.
Visitors Center di Tunica, Robinsonville. Il fascino lo deve all’antico deposito ferroviario da cui è stato ricavato. Ne approfitto per chiedere di una piantagione che non riusciamo a trovare, la Kirby-Wills Plantation, riferita da Charlie Patton (Joe Kirby Blues), dove risiedevano e suonavano la pianista e cantante Louise Johnson e il chitarrista Willie Brown; da lì partirono insieme a Patton e Son House in un lungo e turbolento viaggio per la nota sessione allo studio Paramount a Grafton, Wisconsin, nel 1930.
Le due giovani donne all’interno non ne sanno niente. Non l’hanno mai sentita nominare. Mi fanno vedere opuscoli che conosco già. Sono molto disponibili (come spesso accade in USA con il personale addetto al pubblico), ma risulta evidente che sono lì per distribuire materiale e informazioni su ciò che è in corso o che hanno sottomano. Riferisco d’aver letto (nel solito libro sempre citato nelle fonti) che, proprio dal Tunica Visitors Center, scrutando l’orizzonte verso est si dovrebbe vedere un cartello recente con le lettere di Kirby-Wills Plantation in verticale su un palo. Attorno però non si vede null’altro che landa piatta.
Interni del Centro, non affascinanti come l’esterno. Tuttavia è lodevole lo sforzo profuso in questi recuperi, sia come memoria storica che come servizio o perlomeno punto di riferimento sul territorio, che spero non sia lasciato del tutto alle case da gioco.
In Mississippi lo sfruttamento turistico e l’effettiva volontà di conservazione della storia blues sono relativamente nuovi; tutto è cominciato nei primi anni Duemila e si è via via sviluppato. L’interesse culturale probabilmente equivale l’interesse economico, ma è comunque un bene affinché la memoria e i pochi reperti di una vicenda così importante non vadano del tutto persi, così com’è buono che il risvolto economico miri a preservare la storia e a supportare gli artisti locali. Tuttavia il ritardo è enorme e di fisicamente, emotivamente recuperabile c’è ben poco oltre a segnalare, sempre con qualche limite (v. il caso appena descritto), i luoghi d’interesse storico.
Per assurdo in un certo senso c’è più da vedere oggi – grazie al salvataggio o alla ricostruzione di luoghi o di avvenimenti, ma soprattutto per la mappatura – rispetto a venti, trenta o quarant’anni fa, quando sul territorio esistevano più di adesso presenze e testimonianze, ma spesso erano inaccessibili perché pochi sapevano dove trovarle, ne ignoravano l’esistenza, o erano sul punto d’esser spazzate via.
La una volta enorme piantagione Abbay & Leatherman invece, sempre nell’area di Robinsonville, è segnalata e facile da trovare, anche se i due piccoli edifici rimasti potrebbero sfuggire passandovi accanto in macchina se non fosse per il blues marker, o per la forza d’attrazione che certo vecchiume esercita su qualcuno. Robert Johnson ha vissuto qua gran parte della sua infanzia, e qua ha cominciato a suonare correndo dietro a Son House e Willie Brown.
La piantagione è ancora attiva e di proprietà della famiglia Leatherman (che comprò la terra dagli indiani nel 1830 ca), anche se oggi è molto più piccola e il numero degli impiegati ridotto. Questo è l’edificio originale che ospitava l’ufficio, ancora in uso, risalente più o meno allo stesso anno di acquisto della terra. C’era qualcuno dentro, ma non m’è sembrato opportuno disturbarlo sul lavoro per faccende storiche di cui magari non era a conoscenza o interessato.
Adiacente agli uffici, la vecchia prigione. Recentemente è stata utilizzata come chiesa, la Commerce Baptist Church, ora non so. Nelle tre foto sotto un luogo oggi non ben definito: Commerce appunto, due semafori a ovest dagli uffici della piantagione Leatherman.
Commerce è dove vivevano molti lavoratori della piantagione, e Robert Johnson, che qui andò a scuola.
Nei primi anni 1970 Sam Charters scrisse che non c’era rimasto nulla a parte due file di baracche e una strada sterrata che portava a Robinsonville.
Adesso non rimane che guardare i campi senza sapere esattamente dov’era l’insediamento
Robinsonville e l’Old Highway 61 sono attraversate perpendicolarmente da questa via chiusa che porta ai casinò, il Casino Strip Resort Blvd: Commerce si trova su questa strada.
Di nuovo sull’Old Highway 61 a Robinsonville: questo acquedotto con il nome di un casinò è quello che ci vuole per individuare il sito del fu Clack’s Grocery Store.
Il marker di Son House è dove sorgeva il Clack Store (Clack è anche il nome della località e deriva da Phil Clack, il proprietario della terra), spaccio alimentare e fermata dei treni a richiesta (2) passato alla storia non solo perché probabilmente all’esterno o sulla banchina dei treni suonava gente come Memphis Minnie, Son House o Willie Brown, ma in quanto luogo in cui Alan Lomax e John Wesley Work il 3 sett. 1941 registrarono per conto della Biblioteca del Congresso, tra non pochi problemi con le autorità locali, Son House accompagnato alla seconda chitarra da Willie Brown, Fiddlin’ Joe Martin al mandolino e Leroy Williams all’armonica. In qualcuno dei cinque brani di quella sessione si sente il passaggio di una locomotiva a vapore, ma in Shetland Pony Blues è più distinguibile essendo l’unico in cui suona il solo Son House. Nella stessa occasione furono registrati anche Brown, Martin e Williams come solisti in varie combinazioni, mentre il solo House registrò ancora con Lomax l’anno dopo a Robinsonville una sostanziosa sessione con una dozzina di brani.
Fino al 1927 Clack’s fu anche ufficio postale. Nel retro del marker oltre a parole più approfondite su Son House c’è una foto del Clack Store nel 1984, demolito nel 1993. Dietro il negozio c’era una chiesa da lui frequentata; Eddie James ‘Son’ House esprimeva con lo stesso fervore tanto blues quanto preachin’. È possibile immaginarsi tutto dato che non c’è nulla oltre che campi coltivati. Il bello del Mississippi è che dove hanno abbattuto perlomeno non sono sorti centri commerciali.
Main Street di Tunica, la prima vera città che incontriamo dopo Memphis. In mezzo a tutto quel panorama blues, una delusione. A prima vista niente a ricordare che è stata una blues town, a parte il Tunica Museum.
Sul River Park Drive c’è anche il RiverPark Museum, grande costruzione moderna sulla storia del fiume Mississippi dalla quale si può inoltre godere di vedute panoramiche.
Tunica è il centro dell’area dei casinò. Sullo sfondo, dietro l’orologio, il Palazzo di Giustizia.
Come al solito nessun pedone in giro. Quando ci sono spesso sono afroamericani, ma qua non ne ho visti.
Ho eletto cittadina-tipo di Tunica la padrona di questo negozio di antichità (anche perché è l’unica persona che ho visto in tutta la città e con cui ho parlato). “First Miss State Fan” e pro-Trump, questa vecchia signora bionda gentile ma dai modi sbrigativi, dallo spiccato accento sudista, se ne stava sulla rockin’ chair dietro il bancone. Le ho chiesto se sapeva qualcosa della piantagione Kirby-Wills, ormai più per curiosità che altro. Con mia sorpresa ha risposto affermativamente, spiegandomi velocemente la strada come se io conoscessi tutte le vie di Tunica. Ho capito però che bisognava tornare indietro, sulla Highway 61, e andare verso nord, ma a quel punto era passata la voglia dato che non era più così vicino, senza poi la sicurezza che stessimo parlando della stessa cosa. (3)
Hardface possedeva blues club e bische clandestine
Breve sosta all’ombra di un weeping willow di Tunica
Ancora un giretto per l’insignificante centro e poi dritti verso sud, verso Dundee.
Moon Lake Road nei pressi di Dundee costeggia tutto il fianco est del grande Moon Lake.
Isle of Capri Hotel Casino Lula, a Dundee. Questa è l’unica sistemazione da me prenotata prima della partenza dall’Italia, a parte il motel dell’arrivo a Memphis dato che saremmo atterrati alle undici di sera. L’idea originaria era di concludere a Clarksdale il primo giorno in Mississippi, fermandoci in un posto piccolo e caratteristico, o magari alla bella Hopson Plantation, per i tre giorni del Sunflower River Blues & Gospel Festival ed eventualmente un giorno in più per vedere il resto in zona, prima di proseguire verso sud.
Purtroppo a poco meno di un mese dal festival non ho trovato nulla, a Clarksdale come nei dintorni. Alla bellissima (e non economica) piantagione Hopson da settimane erano rimaste solo le “baracche” per famiglie o gruppi. Il festival richiama turismo interno, però la realtà è che non ci sono tanti hotel o motel da queste parti, insomma non è il Texas; l’Isle of Capri, ad esempio, c’è solo a causa del casinò.
Così ho trovato solo nella zona di Lula e l’unico accettabile è risultato proprio il contrario di ciò che volevo, l’affidabile ma impersonale hotel di un casinò, immenso e lontano da Clarksdale. Là ho scoperto che era ancora più lontano: non a Lula e neppure a Dundee, quest’ultima solo un punto sulla cartina (una scuola elementare, una chiesa, un ufficio postale) piazzato sulla Old Highway 61, ma praticamente a Helena, essendo molto più vicino alla città dell’Arkansas dall’altra parte del fiume che a qualsiasi altra località del Mississippi che si possa chiamare town. Il complesso occupa una grande area alla fine di una strada dalla quale si può solo tornare indietro o andare appunto verso il ponte, letteralmente a due passi, che porta a Helena.
Per Clarksdale, circa mezz’ora di macchina sulle Highway 49 (altra strada leggendaria) e Highway 61, e considerato che il festival non si svolge solo alla sera, ma ininterrottamente per tre giorni, è stato scomodo andare e venire. Ricordo come un’allucinazione, pur di quelle che alla fine s’hanno volentieri, il percorso sul lungo, desolato rettilineo della 49, dalla rugosa pavimentazione solcata da grandi tagli orizzontali, obbligante a un’andatura modesta su un fastidioso rumore e continui saltelli: abbastanza irritante, specialmente a notte fonda.
In questo albergo sono rimasta impressionata da un uso ossessivo-compulsivo dell’informale e un po’ spiazzante how you doin’ (“come va?”) da parte del personale (non della reception, ma quello dislocato in giro tipo uscieri, guardie, addetti vari), in questa situazione da intendersi come saluto amichevole ma anonimo, non una vera domanda quindi se chi lo dice è una persona che non si conosce, tuttavia al quale ero in dubbio su come rispondere per non risultar maleducata, seppur nessuno forse s’aspetti davvero una risposta. Così mi limitavo a un semplice cenno come recepimento o a un “hi” come saluto, oppure “fine” o “great” (in vacanza ci sono tutti i motivi per dire great), ai quali volendo si può far seguire un “… you?” (tipo: “fine, you?”), senza fermarsi come da noi si dice ciao, buongiorno o buonasera al volo. Il saluto si ripeteva ogni volta che entravamo e uscivamo, quindi loro lo dicevano decine di volte al giorno a sconosciuti, e la cosa era così sistematica che, sono sicura, qualora qualcuno fosse ritornato sui suoi passi e subito dopo ripassato davanti al tizio dopo diciamo due minuti, questi gli avrebbe rivolto di nuovo un how you doin’, come un automatismo. L’ingresso era pieno di cartelli giganti Kent won $40,000… Constance won $6,000… e già solo l’obbligato passaggio nella grande, opprimente e scura sala delle slot machine mi risultava claustrofobico.
La vicinanza al ponte per Helena, Arkansas, ha però ripagato perché avrò modo di adorare questa vecchia blues town. Anche le mega-colazioni a uno dei ristoranti del casinò.
Il festival comincia il giorno dopo, e già che è tardi per fare altri viaggi andiamo a fare un giretto sopra il rattoppato Helena Bridge.
Sul grande Mississippi
Verso Lula, foto rubata perché dal suo pick up usciva Sweet Home Alabama. Il cane completava lo spettacolo.
La piccola Lula, Coahoma County, trasuda blues anche dalle visuali meno desolate.
Charlie Patton e Son House vissero qui contemporaneamente nel 1930, ed entrambi cantarono la severa siccità occorsa in quel periodo, Dry Well Blues e Dry Spell Blues…
So dry old boll weevil turn up his toes and die / No, ain’t nothing to do, bootleg moonshine and rye
Qui la via principale si chiama First Street: una fila di baracche, due linee ferroviarie apparentemente in disuso parallele ad essa, e dall’altra parte una strada simile. Il nulla tutt’intorno. Da qui il vicino ricco nord del Mississippi sembra distante mille miglia.
Where have all the people gone?
Anche il cartello “Livin’ at Lula”, piazzato solitario in un parco, sembra abbandonato a se stesso:
«The Lula area has been home to legendary Mississippi blues performers Charley Patton, Son House, Frank Frost and Sam Carr. Patton immortalized Lula in the lyrics of his recordings Dry Well Blues (1930) and Stone Pony Blues (1934). His wife Bertha Lee also sang of “livin’ at Lula town” in her 1934 record, Mind Reader Blues. Frost lived in Lula in the 1960s and ’70s and performed with Carr and Big Jack Johnson in the Delta’s most renowned juke joint band, the Jelly Roll Kings».
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.)
- Tratto dal romanzo Fried Green Tomatoes at the Whistle Stop Cafe di Fannie Flagg[↩]
- Della linea Yazoo and Mississippi Valley, allora Yazoo Delta Railway, la cosiddetta Yellow Dog.[↩]
- Aggiornamento del 2019. Aveva ragione la signora: la Kirby-Wills Plantation esiste ancora e si trova a nord di Tunica, 14680 US Hwy 61 North, a Robinsonville. Se non ci siamo passati davanti (noi provenivamo dalla Old Highway 61), ci siamo però fermati molto vicino; è, infatti, poco lontano dal Tunica Visitors Center, dove abbiamo chiesto, sulla stessa strada (Highway 61) poco prima se si viene da sud, sulla sinistra, ma niente insegne.[↩]
È vietata la riproduzione anche parziale di questo articolo senza autorizzazione