Roy Hawkins – The Thrill Is Gone & Bad Luck Is Falling

Roy Hawkins, The Thrill Is Gone, CD coverRoy Hawkins, Bad Luck Is Falling, CD cover

“All my friends have turned their backs on me” – “My home is like a graveyard, and my bed’s like a tomb” – “I can’t be happy, no matter how I try” – “Snow is fallin’, fallin’ on the cold cold ground, gloom and misery, gloom and misery all around” – “I used to be happy, now all I do is cry” – “Gonna buy myself a coffin, well I’m gonna lay right down and die”.

Sono alcuni degli amari epigrammi di Roy Hawkins, artista che in un percorso discografico durato circa dodici anni vanta titoli drammatici come Why Do Everything Happen to Me, I’m Never Satisfied, I Walk Alone, I Don’t Know Just What to Do, It’s Hard, Bad Luck Is Falling, Sleepless Nights, The Condition I’m In.
Qualche motivo per cantare il lato cupo del blues l’aveva, ma è forte il sospetto che l’alone noir gli fosse suggerito dai discografici e dall’interesse suscitato, non solo sulla costa occidentale, dai suoi blues in chiave minore più funesti. In questo senso va una dichiarazione di Bob Geddins, scopritore e primo produttore di Hawkins, in un’intervista del 1980 a Lee Hildebrand:

I make everything I record as sad as possible […] I want black folks to feel the troubles of old times. All the people that have had similar problems are the ones that’s gonna buy those records. A lot of people make like they don’t like the blues but sneak off and play them. (1)

L’immagine sulla copertina del disco sembra sia la sua unica esistente, evidenza del disinteresse che Hawkins subì una volta che il rock ‘n’ roll spense le luci sulla ribalta del primo, glorioso rhythm ‘n’ blues dell’ovest. Ha avuto più copertine la signorina ritratta sulla seconda raccolta, apparsa anche in un’antologia Ace dedicata a Elmore James.
Neppure negli anni del revival gli fu fatta un’intervista o il suo nome fu citato, nonostante la sua presenza sulla scena californiana degli anni 1940/50 non passò inosservata e sia il papà del cavallo di battaglia di B.B. King, The Thrill Is Gone, e altri suoi successi furono interpretati da James Brown, Ray Charles, e ancora B.B. King. A causa di questa indifferenza poche notizie biografiche sono note.

Nacque a Jefferson, Texas il 7 febbraio 1903: la data e il luogo lo pongono con diritto naturale tra i pionieri del R&B. Aveva già 44 anni quando fu scoperto dal produttore, autore e discografico afroamericano Robert Geddins in un club del centro di Oakland, California.
Geddins, mossosi anche lui, come Hawkins e tanti altri, dal Texas alla costa californiana negli anni attorno alla seconda guerra, dal suo piccolo studio di Oakland dominava il mondo discografico della Bay Area come uno dei più influenti produttori di R&B nel nord della California.
All’incirca dalla metà degli anni 1940 fino agli anni 1960 produsse centinaia di dischi distribuiti su piccole etichette da lui fondate come le più ricorrenti Down Town, Big Town, Irma, Cava-Tone, e le meno note Art-Tone, Vel-Tone, Plaid, Gedison, Rhythm, e vendendo anche alla chicagoana Checker, sussidiaria di Chess, ma soprattutto a famose indie di Los Angeles come Modern, Aladdin, Imperial, Swing Time, le quali trovavano distribuzione nazionale presso American Record Distributors Inc., 2011 South Michigan, Chicago.
Fu il primo a fornire l’area della baia di San Francisco di un impianto di stampaggio discografico e tra i suoi artisti oltre Hawkins ci furono Jimmy McCracklin, Jimmy Wilson, Lowell Fulson, Johnny Fuller, Juke Boy Bonner.
Geddins, tra le altre, compose l’avvolgente Tin Pan Alley, (2) stupendo brano caliginoso che come prima, grande interpretazione, ebbe quella del compianto Jimmy Wilson con l’ominoso sax di Que Martyn, il piano probabilmente di King Solomon e l’affilata chitarra di Lafayette ‘Thing’ Thomas.
Jimmy Wilson incise poi una versione inferiore di Tin Pan Alley negli anni 1960, credo il suo ultimo singolo, per l’etichetta del texano Eddie Shuler, Goldband Records di Lake Charles, oggi contenuta nel disco Bayou Blues Blasters. Il sottofondo è greve, esemplificativo dell’atmosfera, però l’effetto è ridondante per l’aggiunta di un inutile coro, soprattutto durante il suo canto. In compenso Wilson sfoggia un vibrato incredibile – potrebbe sembrare eccessivo, ma la voce è molto piacevole ed è possibile sia stato modello per B.B. King. Wilson registrò anche per Duke Records, e morì alcolista a Dallas nel 1965.

Roy Hawkins, They Raided the Joint, record's label (Cava-Tone Records)

Tornando a Hawkins, era quindi il 1948 quando l’impresario gli aprì la porta dello studio per una seduta, desideroso di sfruttare il successo di pubblico che il pianista aveva sulla scena di Oakland e Richmond con il suo storico gruppo Four Jacks, con Ulysses James, altro seminale ed elettrico finger-picker della zona, William Staples al sax tenore, Floyd Montgomery al basso e Madison Little alla batteria.
Il 78 giri che uscì da quella prima sessione fu They Raided the Joint, su Cava-Tone (3) intestato a Ronnie Hawkins & The Hawks. (4)
Altre sedute furono fatte, e altri cinque dischi estratti tra il 1948 e il 1949: Christmas Blues / Roy’s BoogieIt’s Too Late to Change / West ExpressForty Jim / I Don’t Know WhyQuarter to One / Strange LandEasy Going Magic, Parts. 1 & 2, tutti usciti su Down Town (rispettivamente nn. 2018, 2020, 2024, 2025 e 2026).
Tony Rounce parla di “13 Cava-Tone/Down Town sides” in tutto, e i dischi ebbero buon mercato, non a caso dato che erano espressione delle sonorità in voga nei locali californiani, suonati da un gruppo affiatato e da un po’ alle prese con il rhythm and blues, avvezzo ai gusti del pubblico e avendo Roy la voce giusta per il ruolo, con canto caldo, calibrato, e puntuale tocco pianistico, un honking saxophone a sdrammatizzare e un chitarrista che in tanti identificavano come il T-Bone Walker locale, appunto il misconosciuto Ulysses James che, assieme a Lafayette ‘Thing’ Thomas, rappresentò in quegli anni quanto di nuovo si potesse ascoltare sulla Bay Area, entrambi importatori in California dei germogli coltivati tra Louisiana e Texas.

È probabile che Modern fiutò l’affare prima che Geddins, così come fece con Jimmy McCracklin, decidesse d’espandere la fama del suo artista oltre i confini della baia, e quindi la casa hollywoodiana acquistò i diritti di Quarter to One, Strange Land, It’s Too Late to Change e West Express, che laggiù divennero rispettivamente i singoli 693 e 705.
Si nota come Geddins, al pari della maggior parte dei produttori afroamericani indipendenti (Don Robey escluso), fosse nello spirito o nella possibilità di monetizzare subito; più che conservare i diritti e coltivare un artista in ascesa mirava a cedere al momento giusto, tanto più che Modern era fortemente allettata avendo da poco perso Charles Brown, passato a un’altra importante etichetta della zona, Aladdin, e Hawkins aveva caratteristiche simili essendo pianista, cantante e autore.
Probabilmente però fu il riscontro positivo dei dischi a convincere tout court il principale A&R man di Modern Records, Jules Bihari, il quale invitò Hawkins e i suoi a formalizzare un accordo (5) per registrare nuovo materiale direttamente per la Casa agli studi Universal, perché all’epoca non avevano ancora aperto i propri di Culver City.

In seguito incisero anche ai Radio Recorders di Santa Monica (gli stessi di Gangster of Love di Johnny ‘Guitar’ Watson, per dirne uno tra i tantissimi che registrarono lì, o di Elvis Presley nei suoi soggiorni hollywoodiani), dal 1929 indispensabili per l’industria cinematografica, il broadcasting radiofonico e le maggiori etichette discografiche della zona: non solo erano aperti 24 ore su 24, concezione tipicamente americana, ma erano tecnologicamente all’avanguardia e, dopo la fusione con Universal negli anni 1960, anche i più grandi della nazione.
Per il paio d’anni seguenti, 1950 e 1951 (precisamente dalla fine del 1949 all’inizio del 1952) sarà proprio lui il moneymaker di Modern Records che lì rilascerà, in una dozzina d’anni, il suo corpus discografico, raccolto in queste due compilazioni. Oltre alla scarsità di notizie sulle sessioni, i brani non sono inseriti in senso cronologico, così per ricostruire la vicenda ho cercato di sistemare le registrazioni in ordine temporale.

Down Town and Modern Records 78 rpm singles

La prima, THE THRILL IS GONE, con 24 tracce e note di Ray Topping, uscita su CD nel 2000, (6) è concentrata sul periodo sopra detto, dal primo al dodicesimo singolo circa, diciamo la parte più di successo.
La seconda, BAD LUCK IS FALLING, è uscita nel 2006 con altre 24 tracce e note di Tony Rounce, integrando con i quattro Down Town passati a Modern, un lato del primo disco Modern, cinque alternative di brani inseriti nella prima, gli ultimi cinque dischi con la Casa (di cui due sulle sussidiarie RPM e Kent), infine quattro tracce relative a uno sporadico ritorno con l’etichetta nel 1961.
La storia comincia dal fondo, cioè con gli ultimi quattro episodi della seconda raccolta perché sono i primi Modern, i cui originali come detto furono registrati a Oakland, usciti su Down Town e venduti da Geddins ai Bihari, aventi come accompagnatori i bandmate di Hawkins dal vivo. Purtroppo sono stati ricavati da acetati a loro volta presi dai 78 giri Down Town, invece che dai sorgente, ecco il perché della loro bassa qualità audio. Peccato, anche se lo stesso si possono apprezzare come reperti genuini del blues costiero dell’epoca.
Tutti furono intestati a Roy Hawkins and His Orchestra: It’s Too Late to Change (Downtown 2020, Modern 705, a. 1949), è un intenso blues, lento e fumante, con il tenore di William Staples, la chitarra di Ulysses James e il piano di Hawkins, mentre il retro West Express è uno swing strumentale derivato direttamente dal boogie texano e procede proprio come il treno del titolo.
L’altro lato A Strange Land (D. 2025, M. 693, 1949), evidenziante ancora Ulysses James, ha lo stesso umore di It’s Too Late e fu quello di maggior successo locale, facendo così da modello per i singoli seguenti, mentre il lato B Quarter to One (forse l’ora in cui fu registrato) è un altro strumentale boogie-swing dove James è fondamentale, interrotto solo da un break di piano e contrabbasso.

Il primo vero singolo Modern (n. 720, 1949) uscì un paio di settimane dopo la prima sessione, avvenuta il 7 ottobre 1949, con Sleepless Nights, lento incorniciato dagli strumenti a fiato con solo di tenore ad hoc e come Strange Land firmato insieme a Geddins, e Mistreating Baby. Di solito le produzioni dell’etichetta si dividevano tra up-beat swing e sommesse ballate, quest’ultima è del primo tipo. Intro di piano alla Nat King Cole, fiati perfetti e intervento di Ulysses James con approccio più che moderno. Ulysses nella Bay Area era un eroe, e ha avuto la “miglior” fine per un bluesman: sembra, infatti, che nel 1960 sia stato fatto fuori sul palcoscenico dalla sua ragazza. Il mistreating qui ci sta tutto.
Anche Got My Dreams under My Pillow e Hank’s Shuffle furono registrate nella sessione iniziale, ma allora non uscirono e apparvero rispettivamente nel 1984 (Ace LP CHD 103) e nel 1999 (P-Vine PCD 3055).
My Pillow è un after-hours con piano e chitarra gocciolanti note tristi e umide, canto e umore tra T-Bone Walker e Charles Brown, e solo di sax. Il titolo Hank’s Shuffle è un refuso che probabilmente risale alla retrospettiva giapponese del 1999. Come si può immaginare è un dinamico swing strumentale da sala da ballo del dopoguerra, con chitarra e interventi a ruota dalla sezione fiati, senza titolo, solo più tardi Roy lo nominò Hawk’s Shuffle.

Il primo disco prodotto interamente dai Bihari in teoria dovrebbe anche essere l’ultimo ad avere Roy sul seggiolino (almeno, con entrambe le mani sulla tastiera), perché il titolo e la numerazione progressiva poco distante della seconda uscita marcano inesorabilmente, se non la data precisa, il momento subito dopo il brutto incidente stradale, avvenuto quindi alla fine del 1949, dal quale il musicista uscì con un braccio paralizzato (non è dato sapere quale), proprio agli inizi di una tardiva ma promettente carriera discografica.
Infatti, il secondo singolo Why Do Everything Happen to Me? (aka Why Does Everything Happen to Me, n. 734, 1950), per i Bihari uno dei dischi più venduti in assoluto, nacque dallo stimolo che il fatto ebbe su Geddins, che scrisse la canzone mentre l’ormai ex pianista era ancora ricoverato, secondo quanto dichiarò l’autore in un’intervista raccolta da Joel Sevin nel 1972, e che con trasporto Roy incise pochi giorni prima del Natale 1949. Fu rilasciata nel tardo gennaio 1950 ed entrò nella classifica nazionale r ‘n’ b il 17 febbraio rimanendoci ben diciannove settimane, arrivando fino al terzo posto.
È così che Roy all’inizio del nuovo decennio si ritrovò di colpo con un brano di successo, ma senza più l’uso d’un braccio. Ha andamento funereo stop-time, fiati che soffiano tristezza tutt’attorno, shouting contenuto, e naturalmente nessun accenno all’incidente. Fu preferita al sud, con la miglior vendita a New Orleans; B.B. King ne fece una versione per Kent nel 1958, e successivamente James Brown per Federal.

Il lato B Royal Hawk caccia le nubi, è un allegro strumentale da ballroom che sembra omaggio al “falco reale” Roy, probabilmente seduto da qualche parte senza partecipare, con stima e affetto da parte dell’orchestra.
On My Way (n. 752, giugno 1950), come la precedente ha bell’andamento up-beat, a singhiozzo e fortemente segnato dal contrabbasso, dalla batteria smorzata, da tutta l’orchestra che si muove come una cosa sola, e break di sax. Queste ultime due uscirono dalla stessa sessione di Why Do Everything e tutte furono registrate in due-tre versioni complete, come da routine: di solito i Bihari facevano apportare qualche piccolo cambiamento per poi scegliere la versione più appetibile.
Mentre Why Do rimase sostanzialmente la stessa nei tre take che il produttore chiese, e Ace riporta solo il master nella prima raccolta, Royal Hawk e On My Way sono in entrambe le raccolte, nella prima quelle che scelsero per l’uscita, nella seconda in alternative inedite.
Where You Been? era il retro di On My Way ed è il suo tipico lento: chitarra descrittiva, lente volute di fiati, piano in sottofondo, avanzamento ominoso e l’usuale, enfatico stop-time atto a colloquiare in modo più diretto con l’ascoltatore. Lo stile chitarristico (forse ancora Ulysses James) è esempio di quello che poi sviluppò Johnny ‘Guitar’ Watson, all’epoca quindicenne e appena arrivato sulla costa dal Texas.

Questi 78 giri sono testimonianza dello stato di maturazione alle soglie degli anni 1950 del R&B californiano suonato nei locali notturni, nati in conseguenza della grande ondata migratoria di afroamericani dalla fine degli anni 1930 per trovare impiego nell’industria aeronautica e navale (v. recensione B.B. King), e questo gruppo di musicisti, autori, produttori rappresenta uno dei nuclei primari d’installazione R&B in California.
Grazie al successo di Why Do Everything il 1950 fu l’anno della sua consacrazione, apparendo nel mastodontico Shrine Auditorium di L.A., importante tempio dello spettacolo, nel Rhythm and Blues Jubilee del 15 luglio, insieme ad altre stelle come Helen Humes, Jimmy Witherspoon, Pee Wee Crayton, Joe Lutcher, Roy Milton e Lil’ Greenwood, e in ottobre sbarcò sui palcoscenici di New Orleans.
Bihari richiamò il “falco reale” in studio (da solo, credo) il 22 maggio 1950 per registrare nuovo materiale; purtroppo solo le note di Rounce sono abbastanza precise sulle sessioni, ma per la maggior parte s’occupa solo dei brani compresi nella raccolta che va ad annotare, la seconda, specificando però che in questa sessione di maggio in tutto furono cinque, quattro dei quali uscirono. L’altro, rilasciato solo nella seconda monografia, è il più anomalo: la melanconica September Song, celeberrimo brano del compositore classico tedesco emigrato negli Stati Uniti Kurt Weill, con parole di Maxwell Anderson.
Weill dopo la seconda guerra entrò nel mainstream colto, nella musica di Broadway e in seguito indirettamente nel rock anglo-americano, ripreso dai Doors (Alabama Song), David Bowie, Lou Reed, Tom Waits, e altri. September Song ha avuto le sue interpretazioni più classiche con Liberace, Frank Sinatra, Bing Crosby, Django Reinhardt, pure Willie Nelson, e anche questa di Hawkins lo è, evidenziando il suo vibrante e scuro tenore con bell’accompagnamento di piano e break melodico di chitarra. La canzone fu annotata sui fogli della sessione come Autumn Leaves e il fatto che ne fu fatta solo una copia, contrariamente alle abitudini, potrebbe dimostrare che non avevano intenzione di pubblicarla e che fu solo un esperimento, non tanto perché non riuscì (anzi), ma forse aliena al mercato dei Bihari (un simile tentativo è presente anche nella discografia Modern di B.B. King, v. recensione citata).

In ogni caso è quasi sicuro che a dirigere l’orchestra c’era il tenorsassofonista Lorenzo ‘Buddy’ Floyd, e presenti all’appello erano due pilastri di casa Modern: il pianista Willard McDaniel e Chuck Norris. (7)
Gli altri quattro master della stessa sessione, tutti nella prima raccolta, non sono quindi specificati, ma il 78 giri (n. 765, tardo agosto 1950) che uscì con My Temper Is Rising e Wine Drinkin’ Woman è probabilmente un prodotto di quel giorno, sia per la data d’uscita sia perché Wine è stata inserita anche nella seconda raccolta, in altra versione inedita, in rappresentanza del gruppo. Caratterizzata dal profondo groove (l’effetto eco impasta il suono del contrabbasso con i bassi del piano), fu bestseller a New Orleans in settembre, ed è tipicamente Modern al culmine dell’epoca R&B, con taglienti chop di chitarra e sax. Entrambe le versioni hanno l’andamento saltellante tanto amato dai giamaicani dell’epoca (v. recensione Rosco Gordon) che ispirerà lo ska e il raggae. My Temper invece è un altro esempio del suo bel canto notturno e caldo, croon e confidenziale, sfruttante ancora lo stop-time.
Temporalmente, e anche perché a orecchio è abbastanza evidente che è la stessa formazione con Buddy Floyd e Chuck Norris, credo che le altre due potrebbero essere (sul disco n. 777, 1950) Just a Poor Boy, riflessivo down-tempo chitarra-fiati preso dal Poor Boy di Ulysses James per Cava-Tone, e You Had a Good Man, ancora un passo lento; entrambe sono accreditate a Dorothy Hawkins, che al 99% è la madre di Etta James.
Tornò in studio per l’ultima sessione dell’anno 1950 il 22 agosto, lasciandovi altri quattro titoli usciti nel 1951 su due dischi. Uno con Blues All around Me (n. 794, febbraio 1951), slow blues con parole strazianti, e Mean Little Girl, intrigante up-tempo a singhiozzo di Maxwell Davis a base di pianoforte boogie, sax, bassi importanti e shoutin’ di Roy; c’è un’alternativa nella seconda collezione.
L’altro con I’m Never Satisfied (n. 812, 1951), blues sommesso che ebbe successo a Houston nel giugno 1951, con solo di triste, caldissimo tenore e accompagnamento piano-chitarra, e You’re the Sweetest Thing, ballabile lento con melodia fiati-chitarra e bel solo di sax (alto, credo).

Modern Records' top-hits ad

Nell’aprile 1951 il nostro fu convocato per un altro quartetto di canzoni, trovando Maxwell Davis nel ruolo di A&R man al posto di Buddy Floyd (nei loro casi significava anche e soprattutto arrangiatore, direttore di studio e strumentista), e Johnny Moore al posto di Chuck Norris.
La sessione produsse l’altro suo grande hit, ancora dalla vita lunga e stavolta autografo, ma con destino per lui sfortunato. Dopo quattro take di The Thrill Is Gone (n. 826, giugno 1951), catturati non ancora su nastro, i Bihari decisero di consacrare l’ultimo acetato come master.
Il canto drammatico con la voce tenebrosa e flautata lo rendono cupo quel tanto che basta; è un blues non convenzionale, già all’inizio con quelle grida del sax e i battiti sul rullante, come un dolorante richiamo. A confronto con la versione moderna che farà B.B. King questa è scarna, con unico impeto centrale: il sax che alza la testa dalla sommissione, spunto che l’arrangiatore di King svilupperà con maestria.
Nel luglio del 1951 fu fatta buona promozione e in pochi giorni la canzone fu segnalata da Billboard come la più ascoltata a Oakland, la settimana dopo a Chicago.
Strano come certe canzoni di qualità, pure pubblicizzate, non riscuotano il successo meritato, e altre meno interessanti lo riscuotano senza troppa promozione. In un mondo perfetto The Thrill Is Gone sarebbe volata ovunque senza fatica, ma forse in un mondo perfetto non sarebbe neppure nata.
I Bihari, tra i primi ad adottare il diffuso sistema payola, (8) il 27 luglio 1951 videro premiati i loro sforzi economici, pur senza esagerazione: il brano raggiunse il 6º posto nella classifica R&B, ma solo per due settimane nonostante l’impegno diretto su Billboard dell’American Distributors.

Paradossalmente esplose solo tempo dopo senza un motivo particolare dato che, come raccontò Jules Bihari a Topping, a un certo punto la canzone cominciò a vendere in diverse aree del paese.
La ballata triste colpì B.B. King quando anch’egli era artista Modern (RPM), ma aspettò quasi vent’anni prima d’incidere la sua versione per ABC, sussidiaria di Bluesway, sull’album Completely Well. B.B. la personalizzò (l’idea dei violini sovra incisi fu del produttore Bill Szymczyk) mantenendo una palpabile tristezza però con atteggiamento più positivo, o solo più grintoso e convinto. Mentre Hawkins dice d’essere free from your spell con senso di mancanza, King lo dice in senso liberatorio.
Per quest’ultimo fu un successo immediato, arrivando al 3º posto nella classifica R&B nel gennaio 1970, e addirittura in quella pop al 15º, ma per Hawkins si realizzò solo un’altra disdetta, quando invece avrebbe potuto ricavarne notorietà e diritti d’autore per il poco tempo rimastogli: in Bluesway un impiegato sbagliò nel riportare i nomi dell’autore e dell’editore, attribuendo la canzone a persone che ne avevano scritto un’altra con lo stesso titolo; fu così che Roy non ebbe riconosciuti i suoi diritti. Nella seconda collezione c’è la versione n. 2, quella considerata master prima che i produttori cambiassero idea, inedita fino al 2006.
Il retro, verosimilmente dalla stessa sessione, era il perfetto jump Trouble Makin’ Woman, che sembra avere appunto il luminoso sax di Maxwell Davis, il piano forse ancora di Willard McDaniel e l’elegante sei corde di Johnny Moore: tre eccellenze misconosciute al grande pubblico, più l’ignoto contrabbassista, sicuramente presente in altri brani di Roy e attivo nell’orchestra di Davis.
Johnny Moore, fratello maggiore di Oscar, entrambi esemplari chitarristi di Austin (Oscar, una volta trasferito in California, sarà la terza parte del King Cole Trio), è noto agli appassionati di R ‘n’ B d’epoca per i Three Blazers, il gruppo formato con altri due texani, il bassista Eddie Williams e il pianista/cantante Charles Brown. Trouble è presente nella prima raccolta nella versione originale e in un’alternativa senza chitarra ma con walkin’ blues pianistico, già nel vinile del 1984.

La sessione seguente fu il 14 settembre 1951 e produsse un paio tra le prime canzoni della giovane coppia di autori Leiber & Stoller. Una è la bianca e ovattata Gloom and Misery All Around (n. 842, nov. 1951), dove usa il suo vibrato naturale cantando in stile classico, forse pensando a certe voci più giovani della sua di successo a quei tempi (anche se ancora per poco), tipo Roy Brown o magari al coetaneo Bing Crosby, oppure semplicemente richiama la sua formazione, che purtroppo non si può conoscere. Comunque sia, colpì un astro nascente dell’R&B, Ray Charles, che la riprese con il titolo The Snow Is Falling poco prima d’entrare dalla porta principale di Atlantic Records a braccetto con Ertegun.
Il retro I Walk Alone sta sul rigo di Why Do Everything, con voce vellutata che ricorda T-Bone Walker e break di piano descrivente i passi solitari e ondeggianti del protagonista, mentre l’accentazione del contrabbasso li conta uno a uno.
La seconda di Leiber e Stoller non è citata, ma la sola altra che vedo a loro nome è l’uptempo Albania, pubblicata la prima volta nel 1984 nell’LP Ace. Albania è nome di donna ed è ispirata alla Caldonia di Louis Jordan, con break di sax e chitarra.
You’re a Free Little Girl (n. 853, 1952), per piano, sax e chitarra, ha atmosfera da night club stile Charles Brown, mentre I Don’t Know Just What to Do si può definire una ballata tipica di Hawkins, tempo medio-lento, voce ambrata e leggero senso di disperazione, con il sax richiamante The Thrill.

Hawkins, Maxwell Davis e Jules Bihari tornarono in studio insieme durante la prima settimana del 1952. Vi trovarono T-Bone Walker che stava finendo di registrare per Imperial, e Maxwell lo convinse a rimanere giusto per “lay down a few licks for Roy”. Da qui scaturirono due singoli, baciati dall’inconfondibile tocco di Walker, inseriti nella seconda raccolta.
Il primo, Highway 59 (n. 859, marzo 1952), è un favoloso jump rilassato, il retro ha il lento e suadente mood di Would You con Walker grasso e preminente, anche su quello che forse doveva essere il break di piano.
Doin’ All Right (n. 869, 1952) è un gran andante swing che ancora lascia aria da fendere a T-Bone, il suo retro The Thrill Hunt, che forse sarebbe meglio chiamare “The Thrill Is Bone”, è un evidente richiamo a The Thrill Is Gone, con Tibò che si mangia il sassofonista e le sue parti. Del resto, deve aver pensato, m’avete chiesto di suonare, e io suono. Tutte e quattro godono quindi della fortuita accoppiata, purtroppo però i nastri relativi a un paio di queste sono introvabili, quindi Ace ha dovuto estrarle da un 45 giri.
È triste la scarsa attenzione che certi reperti blues, anche memorabili come questi, hanno subìto, ma orecchie avvezze non avranno problemi per un po’ d’eco e sporcizia, riuscendo comunque a isolare e apprezzare ciò che abbiamo ancora la fortuna d’ascoltare.
Real Fine Woman è stata pubblicata solo nel 1984 (Ace LP CHD 103) e non so in che sessione infilarla, ma la metto a questo punto perché a orecchio corrisponde al periodo 1952-1953 e sembrano esserci ancora Davis/McDaniel/Moore: è un blues a passo medio-lento con deliziosi appunti di sax e pianoforte e come al solito il chitarrista è tutt’altro che ordinario.

Ace Records, The Thrill Is Gone CD

Bad Luck Is Falling e The Condition I’m In (n. 898, 1953) provengono dall’unica sessione del 1953, e questo è l’ultimo disco marcato Modern. Sono entrambi tempi moderati per orchestra, dove però stavolta l’eco sporco è troppo (soprattutto su voce, sassofoni e piano), con effetto androne di palazzo.
È probabile che Hawkins fu spostato sulla sussidiaria RPM dato lo scarso successo degli ultimi dischi, per tentare qualcosa di nuovo, ma in ogni caso i Bihari si stavano espandendo e quindi distribuivano gli artisti sulle nuove firme, restando comunque che il suo money-making aveva avuto una battuta d’arresto, soprattutto per l’avvento del rock ‘n’ roll.
Quando i fratelli ungheresi aprirono Kent nel 1958 con lo scopo di promuovere singoli pop cavalcanti le nuove mode, dopo l’impatto del rock ‘n’ roll sul mercato, Modern e RPM (nate rispettivamente nel 1945 e nel 1950) erano già ferme, mentre Crown (1954) fu destinata al mercato degli LP a basso prezzo.
Negli anni seguenti, nella morsa di una concorrenza spietata e di una politica sempre più tesa al risparmio, sia nelle tecniche di stampaggio e nel materiale dei dischi, sia nell’usare ancora motivi tratti dal catalogo Modern o di pubblico dominio, la qualità generale scese notevolmente.
If I Had Listened e Is It Too Late (RPM n. 440, 1955) sono due perle tuffate nella nuova era (soprattutto la seconda), con buona qualità audio. Sono firmate da Maxwell Davis e Donna Hightower, autrice e cantante che lasciò qualche singolo RPM accompagnata dall’orchestra di Davis, tra i quali una versione della stupenda Hands Off! di Jay McShann. (9)
Dalla stessa sessione della fine 1954, l’ultima degli anni 1950 per la casa californiana, proviene It’s Hard, aprente magnificamente il secondo disco. Grandioso tempo medio shuffle con orchestra rimasto in cantina più di trent’anni, rilasciato per la prima volta nel 1987 su LP Ace CHD 224.

A questo punto, mentre il rock ‘n’ roll impazza, il rapporto con i Bihari s’interrompe e di conseguenza le notizie riguardanti Hawkins, dato che non esiste una biografia che vada oltre gli eventi legati alla sua discografia, come se prima o dopo non fosse esistito.
Infatti, sappiamo che un giorno del 1958 era a S. Francisco perché apparve in una sessione per l’etichetta Rhythm Records (poi rilevata da Bob Geddins), in quel periodo dell’ex cestista NBA Don Barksdale, che produsse I Hate to Be Alone / Lonesome Without You (Rhythm 120) e It’s Love / Baby Please Don’t (Rhythm 122) con l’accompagnamento di Lafayette Thomas, edite da Westside nella raccolta The Don Barksdale Masters Vol. 2 / Rhythm and Blues!, contenente anche le prime incisioni di Sugar Pie De Santo, e occasione non frequente per sentire Little Willie Littlefield. In un paio di queste è sorprendente il cambiamento di vocalità di Hawkins, più blues, ed è sorprendente l’incredibile stunt-man Lafayette Thomas mentre s’arrampica per i suoi impervi e inaccessibili riff, e per entrambi mi riferisco alle più che brillanti I Hate to Be Alone e Baby Please Don’t, mentre le altre due sono pop d’epoca, con canto di Roy più riconoscibile.

Nel 1961 Joe Bihari, in un tentativo di rilancio di alcuni artisti dei gloriosi tempi Modern come Jimmy Witherspoon e Jimmy ‘T-99’ Nelson, richiamò all’appello anche Roy per produrlo in quattro brani su Kent. Fu l’ultima registrazione di Hawkins prima di sparire nel dimenticatoio, e così si capisce quale fu l’esito commerciale di queste incisioni moderne.
L’unico 45 giri uscito da questa sessione (Kent 376, 1962) fu con il bel lato A Trouble in Mind, la celebre composizione di Richard M. Jones, cantata con piglio swampy-rock su un disincantato, leggero swing, e il lato B What a Fool I Was, cover di Percy Mayfield, con lo stesso sapore New Orleans; visto lo scarso riscontro non procedettero con le altre due.
Le altre due erano un remake del brano inciso per Down Town nel 1948, Strange Land (inedita fino al 1970, LP Kent KST 9012) e Welcome Home, lasciata in cantina per più di quarant’anni, evasa per la prima volta nel 2006 nella seconda raccolta.
Il remake di Strange Land è ottimo, mostrante ancora un chitarrista notevole che offre un break tipicamente western, mentre Welcome Home è la più New Orleans di tutte.
Da queste ultime quattro traspare la ricerca del moderno e della varietà stilistica per inseguire i gusti del mercato del sud, da un certo punto di vista ancora legato alla tradizione vocale e strumentale R&B prima maniera, dall’altro contaminato, prima che al nord, dal rock ‘n’ roll di Memphis e dal rhythm and blues di New Orleans.
Si sa, di nuovo per via di una faccenda discografica e cioè The Thrill Is Gone, che nei primi 1970 Hawkins era ancora abbastanza in forma da lottare per l’accredito del suo famoso brano, cercando di rintracciare una copia del vecchio 78 giri da esibire come prova, ma lo sforzo fu inutile: morì dimenticato e povero in canna il 19 marzo 1974 a Compton, Los Angeles.
Ah! Nel compact disc di Completely Well l’attribuzione è stata finalmente corretta.


  1. Dall’articolo Bob Geddins & the Bay Area Blues.[]
  2. Big Town 101, 1953, 10º posto nella classifica R&B di Billboard.[]
  3. Forse il retro era Ain’t No Fault of Mine, bel jump blues stile Louis Jordan, lo dico solo perché in una raccolta del 2009, The Bob Geddins Blues Legacy, le due sono accoppiate.[]
  4. Ovviamente niente a che fare con l’omonimo rockabilly canadese e i suoi Hawks dei primi anni 1960, poi legati a Bob Dylan ed evoluti in The Band.[]
  5. Tony Rounce fa risalire la firma del contratto alla prima parte del 1949, e la vendita delle quattro canzoni come parte dell’accordo stipulato con Geddins, quindi non antecedente o isolata dal contratto.[]
  6. Precedentemente c’è il long playing Ace CHD 103 del 1984.[]
  7. Non l’improbabile Texas ranger, ma il più che probabile guitar hero.[]
  8. Come si legge nel libro di John Broven, Record Makers and Breakers: Voices of the Independent Rock ‘n’ Roll Pioneers, University of Illinois Press, 2009, pag. 301.[]
  9. Ripresa recentemente da Sunny Crownover, nuova voce e protegé di Duke Robillard.[]
Scritto da Sugarbluz // 6 Agosto 2010
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