Slim Harpo – The Excello Singles Anthology, Disc Two

Cover of Slim Harpo CD "The Excello Singles Anthology", Disc Two

Come ho scritto alla fine del primo articolo dedicato a Slim Harpo, attorno al 1965 sembrava che le possibilità di riscontro discografico del bluesman di Baton Rouge fossero andate per sempre. Le classifiche R&B e le onde radio erano dominate dal (pur breve) soul clan, Solomon Burke, Joe Tex, Arthur Conley, Don Covay, Ben E. King, Wilson Pickett, e una figura unica e amata come Otis Redding. C’erano poi Marvin Gaye, Stevie Wonder, e i successi Tamla/Motown di Berry Gordy: le Supremes di Diana Ross, i Four Tops, Martha & The Vandellas, e la fama planetaria dei Temptations con My Girl.
Mentre negli USA il blues e l’errebì tradizionale dagli inizi degli anni 1960 erano già quasi archiviati nei gusti del pubblico, di là dall’oceano diversi adolescenti inglesi subivano il fascino del blues americano, e alcuni di questi sarebbero diventati molto famosi grazie agli spunti e al materiale della musica nera, in particolare quella degli anni 1940/1950.
Tra loro, una cover band emergente, Rolling Stones, che nell’album di debutto del 1964, appunto quasi tutto di blues cover, inserì una versione di I’m a King Bee. Il primo successo di Harpo aveva cominciato a rivelare concretamente i suoi effetti dopo qualche anno dalla pubblicazione, tanto che perfino un gruppo d’avanguardia come i Pink Floyd ne registrò una versione alla fine del 1965, allora rimasta inedita.

Slim Harpo's "Baby Scratch My Back" 45 rpm record label

La ruota girò di nuovo quando Moore nell’ottobre 1965 presentò a J.D. Miller un semplice motivo ballabile chiamato The Scratch che poi, lavorato in studio e pubblicato su singolo (Excello 2273), diventò il celeberrimo Baby Scratch My Back. Con un’ingente messa in onda da parte di John R. sulle onde di WLAC, il disco radicò velocemente.
Nel gennaio 1966 diventò l’R&B n° 1, prima di essere il n° 16 per tredici settimane nei top 20 della classifica pop Hot 100 di Billboard. Harpo (sottraendo) lo descrisse come “un tentativo di rock ‘n’ roll”. Il brano s’insinuò perfettamente nel revival procurato dalla ripresa degli Stones, e per la prima volta James ‘Slim Harpo’ Moore apparve in città come Los Angeles e New York; in quest’ultima, parte di uno spettacolo con il Soul Brother Number One, James Brown, al Madison Square Garden.
Al di là delle coincidenze The Scratch aveva le doti per entrare nella storia: quel certo non so che di vintage e moderno allo stesso tempo, come era sia popolare che snob, e identificò una volta per tutte anche ai più distratti il caratteristico suono uscente dallo studio di Miller a Crowley. Intro d’armonica placido e incantatore che avvolge in spirale, tremolo di chitarra evocante la vibrazione della luce sulla superficie dell’acqua del bayou, pattern ritmico gutturale, canto così laid-back che Harpo sembra sul punto di addormentarsi prima di suggerire al chitarrista il “chicken-scratch”, e coloritura con woodblock, tipo schiocco della lingua quando imita lo scalpìccio di un cavallo sul selciato. Un elogio alla sacrosanta pigrizia in un’atmosfera coolness, un tenue crescendo che si sviluppa in meno di tre minuti.

Il lato B era all’altezza, tanto da poter paragonare questo disco alla perfetta accoppiata del suo primo singolo (I’m a King Bee / I Got Love If You Want It). Infatti, I’m Gonna Miss You (like the Devil) è un altro gioiellino che ancora trae forza dalla reticenza, con tremolo diffuso dall’eco, canto sussurrato che come sempre sembra pieno di stupore, e semplice battito sul rullante alternativamente accentato dal woodblock a metà battuta. Si nota che sì, il suono dello studio s’è evoluto dai primi tempi, cioè da quando Lightnin’ Slim diede avvio alla discografia blues di Miller, ma è rimasto sostanzialmente quello rarefatto ed economico di dieci anni prima, dal quale è tratta la massima forza espressiva, e in più è diventato magico.
Con il disco seguente (Excello 2278) del 1966 Moore non siede sugli allori, anzi alza il tiro. Con la stessa carica erotica di King Bee e The Scratch, il potente boogie Shake Your Hips fa rimbalzare il verbo di John Lee Hooker con un’ipnosi stavolta energica e con ritmo incalzante, che lo stesso può condurre alla catarsi. Il basso costante e implacabile, l’incessante rimshot del batterista, le frasi di Harpo ribattute dal sassofono e dall’organo (Katie Webster): tutto incita al ballo (non muovere la testa, non muovere le mani, non muovere le labbra, muovi solo i fianchi), di qualsiasi tipo esso sia. Incredibile ma vero non arrivò in classifica (come King Bee del resto), si piazzò solo al n° 116 per una settimana nella Bubbling Under (1) di Billboard, il 23 luglio 1966.

Slim Harpo with Gibson ES-330

Midnight Blues era un ottimo retro, certamente adatto alle frequenze radio e ai juke-box, con ritmo rumba grazie alle percussioni di woodblock e bacchette. Le tracce nominate finora sono contenute anche nel terzo volume dedicato ad Harpo nella serie Flyright, (2) ma non le ho citate singolarmente perché sono le stesse versioni.
Ulteriore conferma che il posto alto in classifica non sempre spettava ai brani migliori è data dal singolo successivo, con il fantastico lato A I’m Your Bread Maker, Baby (Excello 2282, 1966) fermatosi alla stessa posizione nella stessa classifica del singolo precedente nel gennaio 1967.
Al caratterizzante woodblock potrebbe esserci Lazy Lester (che ha rifatto il brano in tempi moderni, vedi qui), ma forse è il batterista perché si sente anche un tamburello (o il contrario). Spinto dalla propulsione del basso, è un altro quadretto a tinte forti che avrà fatto muovere i neri come i bianchi, perché Slim Harpo come Jimmy Reed è stato uno dei musicisti neri più abbordabili dal pubblico e dai musicisti di razza bianca, che hanno ritenuto di poter affrontare del “blues divertente da sabato sera” (3) senza bisogno di attivare (con modesti risultati) l’investimento espressivo ed emotivo di un Howlin’ Wolf, ad esempio.
Girando il disco partiva la semi-sconosciuta Loving You (the Way I Do). Dato che non si sente l’armonica se non un po’ alla fine, e che mi sembra una chitarra diversa da quelle dei suoi bandmate, potrebbe essere Harpo a suonare la sei corde, forse la Gibson ES-330 del 1965 imbracciata qui sopra, in un blues medio-lento tradizionale costruito sul walkin’ bass e mosso appena dall’organo di Katie Webster.
Finora non ho nominato gli altri musicisti perché sono gli stessi della sua band dal vivo presentati nell’articolo precedente, ma dato che dal seguente disco non saranno più i suoi accompagnatori fissi (almeno in studio), ricordo che a contribuire al successo dei suoi dischi (oltre che, inizialmente, la band di Guitar Gable) furono il sassofonista Willie ‘Tom Cat’ Parker, i chitarristi Rudolph Richard e James Johnson, e il batterista Sammy K. Brown. Quest’ultimo singolo del 1966 segna anche la fine delle registrazioni nello studio di Jay Miller a Crowley; le cose, infatti, stavano cambiando di nuovo.

Ernie Young stava attendendo una buona occasione per vendere la sua compagnia Nashboro/Excello, occasione che arrivò proprio quando Scratch My Back, da successo nazionale, si rivelò anche ottimo strumento di negoziazione.
Bud Howell fu eletto presidente, Shannon Williams vice presidente, e l’impresa fu trasferita dalla fatiscente sede di Third Avenue North allo sfavillante edificio in Woodland Avenue, sempre a Nashville.
I nuovi vertici realizzarono che il contratto di James Moore con Miller stava scadendo e, avendo bisogno di un artista di successo, ma non volendo più essere vincolati nei termini di un leasing, cominciarono ad allontanare l’artista dal suo storico produttore, approfittando del fatto che tra i due c’erano attriti, per farlo firmare direttamente con l’etichetta. Per Miller fu un brutto colpo anche perché perse nello stesso modo il nuovo artista soul Little Johnny Truitt; adirato, smise di mandare materiale a Excello terminando così la relazione con la compagnia, partita circa dieci anni prima con i singoli di Lightnin’ Slim.
Nella nuova era Excello fu il compositore, arrangiatore e produttore Bob Holmes (4) a essere assegnato alla produzione di Slim Harpo, il quale agli inizi del 1967 si recò al 1320 di S. Lauderdale a Memphis, Tennessee, presso il Royal Recording Studio di Willie Mitchell, A&R man di Hi Records.

Qui, accompagnato dalla house band, la Hi Rhythm Section, (5) vale a dire i tre fratelli Hodges, Charles all’organo, Mabon ‘Teenie’ alla chitarra, Leroy al basso, e Howard Grimes alla batteria, dà vita a un quasi-strumentale (ci sono parole, ma sembrano accompagnare la musica più che il contrario): è un ballabile secco, infettivo, con tremolo di chitarra e forti accenti ritmici, chiamato Tip on In Part 1 & 2 (Excello 2285, 1967).
Il brano si sdoppiava sui due lati del 45 giri, moda partita agli inizi degli anni 1960 e proseguita nel decennio seguente, soprattutto per l’R&B e il soul, (6) in cui la prima parte era quella principale, da classifica, e la seconda la sua reiterazione, pensando ad esempio al ballo. Questo primo singolo della nuova produzione ebbe discreto successo, piazzandosi nel luglio 1967 al n° 37 delle classifiche R&B, e al n° 127 nella Bubbling Under degli Hot 100 nel mese di agosto.
La collaborazione con la stessa sezione ritmica proseguì nello stesso anno con il singolo I’m Gonna Keep What I’ve Got e I’ve Got to Be with You Tonight (Excello 2289). Il primo sembra un’anticipazione di Te-Ni-Nee-Ni-Nu e ha lo stesso accompagnamento invischiante del singolo precedente, un soul quasi psichedelico tipico degli ultimi tempi Stax e immediatamente successivi, il secondo è un lento con le stesse caratteristiche – dall’ipnosi alla psichedelia il passo sarà breve – in cui mi sembra che Harpo sia alla lead guitar, ma c’è anche una bella introduzione d’armonica.

Nel 1968 esce un solo, splendido singolo (Excello 2294), che in marzo gli consente di raggiungere di nuovo, e per l’ultima volta, le classifiche R&B, al n° 36. Da una parte il celebre Te-Ni-Nee-Ni-Nu, tempo medio-veloce ballabile, che abbina con successo il suo canto “soffice” (in cui infila buffe espressioni: Philly Dog! Bogaloo!) e l’armonica melodiosa con una ritmica potente e profonda, ricca di singulti (la suggestione swamp è persa per sempre), pennellante alla perfezione i vagiti rock e funky, con la chitarra dal tipico suono del blues elettrico dell’epoca, quello di Albert King per intenderci.
Dall’altra l’intenso e nervoso Mailbox Blues, sulla falsariga del successo del 1966 di King Crosscut Saw, incisa originariamente nel 1941 da Tommy McClennan. Dal vivo e in studio ormai Harpo suona anche la chitarra e tiene l’armonica sul supporto, ma gli accompagnatori sono sconosciuti in questa sessione che potrebbe essere ai Woodland Sound Studios di Nashville. Il canto di Moore è quasi irriconoscibile per chi l’ha presente nelle sue interpretazioni più nasali; forse per avvicinarsi ai magnifici King (perché somiglia anche a B.B. King) perde il “naso” e va “di petto”, inspessendo e scurendo la voce (ma rimanendo sul suo naturale tono di velluto) con risultato eccellente; bella ritmica ipnotica e tremolo di chitarra.
Forse non nella stessa sessione, ma nello stesso modernissimo studio di Excello al 1011 di Woodland Street e con la stessa band, potrebbero essere state registrate almeno altre quattro tracce, una di queste è I Just Can’t Leave You (Excello 2301, 1969), bel blues lento ancora con chitarra alla King e un sottofondo mosso dal groove di basso elettrico.

Altre due, Folsom Prison Blues (Excello 2306, 1969) di Johnny Cash, e I’ve Got My Finger on Your Trigger (Excello 2309, 1969), prodotte da Bob Wilson e Ben Keith (7) con Ernie Winfrey al suono, dimostrano purtroppo che l’andazzo di eludere il naturale (per i neri) elemento blues attingendo pesantemente dalla psichedelia rock fece disastri anche qua, come a Chicago l’operazione Electric Mud per Muddy Waters. Naturalmente, dato il declino delle vendite di blues iniziato nei primi anni 1960, furono gli artisti più in vista a essere incanalati in questa corrente, essendo quelli che avrebbero potuto garantire qualche incasso.
Psichedelia, chitarre distorte in fuzz-tone, organo e basso funky non gli permisero però di vivere di musica, e Harpo dovette dedicarsi con impegno alla sua attività di padroncino trasportando canna da zucchero; la prossimità tra le pubblicazioni della serie “2300” evidenzia lo sforzo dei produttori per renderlo l’artista principale dell’etichetta.
L’ultima di questo gruppo di Nashville, la lenta e triste Mutual Friend, uscì sul retro di Folsom Prison ed è un blues classico dalle sonorità moderne, prodotto da lui stesso; è la richiesta di un’amicizia sulla cui spalla rimettere la propria afflizione. Sarebbe bello sapere se all’unica chitarra presente c’era lui, per poter identificare il suo modo di suonarla; questa è una buona occasione (oltre a quella del brano Loving You citato sopra e ai brani simil-King) per sentirlo dato che il resto è solo basso e batteria.
Poco tempo prima o nello stesso periodo delle registrazioni di Nashville, nel tardo 1968, Slim potrebbe aver inciso le altre quattro tracce che uscirono sui singoli del 1969, prodotte dal sassofonista Aaron Varnell, nel rinomato studio FAME a Muscle Shoals, Alabama.

Il southern soul Mohair Sam, lato A del disco con la citata I Just Can’t Leave You, era il rifacimento del novelty song di Dallas Frazier, tre anni prima successo da 21º posto per Charlie Rich. Ho pochi dubbi sul fatto che la “corda” dei fiati e l’organo non siano della famosa seconda sezione ritmica di Muscle Shoals, e dato che l’aderente chitarra ritmica è accreditata a Jimmy Johnson (qui anche tecnico del suono) e la batteria a Roger Hawkins, è facile credere che la situazione fosse quella (se le tracce sono del 1968 la sezione non aveva ancora avviato il nuovo Muscle Shoals Sound Studio).
Il singolo successivo (Excello 2305, 1969) proviene dalla stessa occasione: That’s Why I Love You, tempo veloce ma non troppo con chitarre riverberate, mostrante quanto il “soul psichedelico” per Harpo fosse molto più azzeccato rispetto al rock, e l’atmosferico, lento soul classico Just For You, con cui il nostro riprende la morbida, malinconica interpretazione vocale che contraddistingue la sua produzione strizzante l’occhio al country (Rainin’ in My Heart e simili). In quest’ultimo è ancora più evidente l’appartenenza a Muscle Shoals dato che è lo stesso tipo di accompagnamento delle ballate che Etta James incise nello studio dell’Alabama nello stesso periodo. Anche The Price Is Too High dell’autore di Nashville Ted Jarrett, retro di I’ve Got My Finger on Your Trigger, benché meno attraente di Just for You sguazza nel suono di Muscle Shoals, dal ritmo più incalzante con i fiati sugli scudi.
Intanto, tra gli anni 1961 e 1969 erano usciti quattro LP di Excello dedicati a Slim Harpo (nn. 8003, 8005, 8008 e 8010), per la maggior parte con riedizioni dei suoi singoli più di successo, ma anche diversi brani mai usciti su 45 giri. (8)

Slim Harpo

Dopo tante esperienze esterne, nel novembre 1969 Harpo tornò definitivamente a casa, Baton Rouge. Qui, ai Deep South Recording Studio, avvenne una reunion con il suo storico partner, Rudolph Richard, forse anche James Johnson, e altri musicisti locali. La sessione fu prodotta da Harpo stesso e Lynn Ourso Jr, e diede origine al suo quinto LP (Excello 8013), Slim Harpo Knew the Blues; al passato perché uscì postumo nel 1971. Conteneva dieci tracce e, a parte Scratch e King Bee, c’erano otto nuovi brani, tra i quali qualche cover, suonati con piglio moderno ma esenti da sperimentazione.
L’ultima accoppiata su 45 giri, Rainin’ in My Heart (overdubbed version) e Jody Man, fu un tributo uscito nel 1971 (Excello 2316). Il lato A era la registrazione originale di Rainin’ con sovra-incisione di chitarre, fatta a Nashville nel gennaio dello stesso anno; la masterizzazione gonfiò il brano di nuove atmosfere, ma non lo rovinò più del minimo inevitabile che accade quando si sovraincide inutilmente.
Il lato B invece era pescato dal suddetto ultimo LP. Jody man (o solo Jody) in gergo è l’uomo che non è arruolato mentre gli altri prestano servizio militare o sono in guerra, quindi è la contrapposizione del G.I., il soldato. Il tema è stato trattato anche da Lightnin’ Slim in G.I. Slim e Soldier Boy Blues (qui la spiegazione). Harpo ovviamente ce l’ha con il Jody man perché mentre lui è al fronte costui si diverte, in particolare con la sua donna rimasta sola. Il termine fu forse coniato dai soldati afroamericani della Seconda Guerra, pensando a un personaggio di un vecchio blues chiamato Joe D. Grinder (o Joe the Grinder). (9)

Nell’ultimo periodo della sua vita, sull’onda del blues revival, fu ingaggiato non solo nei templi della musica nera come l’Apollo Theater, ma anche in noti scenari rock come il Whiskey-A-Go-Go di Los Angeles, il Fillmore East, l’Electric Circus e The Scene a New York – in quest’ultimo andò nel 1968 con Lightnin’ Slim, che ai tempi viveva fuori Detroit in un appartamento di proprietà della sorella di Harpo. I due Slim fecero un tour insieme in un mini pacchetto blues per un pubblico di giovani rocker bianchi.
Il passo successivo nelle previsioni di Excello era quello di metterlo nelle mani del produttore inglese Mike Vernon, che nel periodo stava “europeizzando” diversi nomi dello swamp blues, per una sessione di registrazione che ahimé forse sarebbe diventata sul genere London Session tipo quelle di Muddy Waters, Howlin’ Wolf e B.B. King, con associato un tour di debutto europeo già confermato per l’inizio del 1970. Non fu così perché inspiegabilmente James Moore, che pareva sempre stato in buona salute, morì per le complicazioni di un polmone perforato il 31 gennaio 1970 al Baton Rouge General Hospital, a soli 46 anni.
Chiudo con le parole di John Fred, meteora di Baton Rouge balzato alla notorietà con Judy in Disguise (with Glasses) (parodia di Lucy in the Sky with Diamonds), offrente un ritratto personale e realistico.

Slim Harpo era un caro amico. Ero là quando scrisse Baby Scratch My Back nel retro del negozio Tommy’s Records. Conoscevo tutti quei ragazzi, ho fatto spettacoli con loro. Ero più vicino ai neri che ai bianchi perché a quei tempi scorrazzavo con gente come Slim Harpo. Guidavamo fino a New Orleans, ma per mangiare dovevamo nasconderci. Questa cosa mi faceva impazzire, non la capivo davvero, ma la dovevi fare perché se dicevi qualcosa ti beccavi un pugno in testa. Dovevi solo mangiare nel retro, era così. Lui non faceva mai storie a riguardo, mentre a me non andava proprio giù, per lui non faceva alcuna differenza.
Era un tipo accomodante, non faceva casino, capisci che intendo? […] Era una grande persona […]. Suonava in un posto chiamato Glass Hat tutti i mercoledì sera, c’era il suo chitarrista, Rudolph [Richard, ndr]. Slim aveva un grande contenitore pieno di armoniche, sembrava uno che stesse andando a pescare, sì le teneva proprio in una valigetta da pesca. Aveva armoniche ovunque, era incredibile.
Per me Rainin’ in My Heart era così reale, così profonda, e Slim non poteva che piacerti. Se Mick Jagger fosse qui ora ti direbbe quanto Slim Harpo fu importante per lui […]. Non lo dimenticherò mai, Slim venne da me e mi disse: «John Fred, John Fred, indovina che è successo, i Rolling Stones hanno registrato una delle mie canzoni!», e io chiesi chi diavolo fossero i Rolling Stones. Lui rispose: «Be’, dicono che diventeranno grandi». Che Dio lo benedica, aveva ragione.
Slim avrebbe dovuto essere più famoso, era come Lead Belly e quegli altri ragazzi, erano intrappolati al sud, nati nel momento sbagliato. Non avevano molta influenza localmente, questa è la cosa incredibile. Ad esempio, i Beatles imitavano la musica americana, e gli americani cercavano di suonare la musica dei Beatles. Dizzy Miss Lizzy, Roll Over Beethoven, amico, ho suonato quelle canzoni tante volte, era così la generazione in cui siamo cresciuti. La generazione di Slim Harpo fu terribilmente dura con la gente nera, non devi dimenticarlo. (10)

(N.B.: La copertina del disco qui mostrata in realtà non ha quel colore, l’ho modificata io per distinguerla da quella originale già allegata al primo articolo.)

(Fonti: John Broven, South to Louisiana, The Music of the Cajun Bayous, Pelican Publishing Company, Gretna, La, 1983, pagg. 128-134; Note di John Broven a Slim Harpo, the Excello Singles Anthology, Hip-O Records, Universal Music Enterprises, CD 583-02, 2003; Album della serie The Legendary Jay Miller Sessions, Flyright Records, ove indicati; Note di Cub Koda a Slim Harpo, The Scratch, Rare and Unissued, Vol. 1, Excello CD 3015, Excello Rec./AVI, 1996).


  1. Bubbling Under era la classifica delle 25 posizioni oltre la centesima; negli anni 1960 s’allungò fino al 35º posto, e in qualche raro caso al 36º.[]
  2. Slim Harpo, Shake Your Hips, Vol. 31, serie The Legendary Jay Miller Sessions, LP FLY 593, 1983.[]
  3. Da Slim Harpo, The Scratch, Rare and Unissued, Vol. 1, Excello CD 3015.[]
  4. Scomparso il 16 dicembre 2000, fu uno dei primi afroamericani ammessi nella “stanza dei bottoni” della potente industria musicale di Nashville.[]
  5. La sezione ritmica che suonò in parecchi dischi soul degli anni 1970 per Hi Records, di Al Green, Ann Peebles, O.V. Wright, Willie Cobb, Syl Johnson, Otis Clay, e altri.[]
  6. I precursori furono il celebre Shout di Isley Brothers, diventato “hearty-party song” delle confraternite studentesche, e What’d I Say di Ray Charles. Più avanti, brani come Say It Loud, I’m Black and I’m Proud e Papa’s Got a Brand New Bag di James Brown.[]
  7. Eccellenti musicisti da studio dell’enclave di Nashville prestati al country-rock con successo, in quello stesso periodo e poco dopo. Il primo contribuisce a Nashville Skyline di Dylan, il secondo (steel guitar) è fondamentale nella riuscita di Harvest di Neil Young, con cui da allora collaborerà all’occorrenza fino alla sua fine.[]
  8. Il CD Tip on In di Ace Records contiene tracce uscite su singoli dal 1967 al 1971, e diversi brani su due LP Excello: il terzo, Tip On In del 1968 (8008), e il postumo Knew The Blues del 1970/1976 (8013/8030).[]
  9. Agg.to: tuttavia sono incappata con gioia in una testimonianza oltre la narrativa blues, ancora in relazione al periodo della II g.m. Mi riferisco al racconto di Richard Yates Jody ha il coltello dalla parte del manico, contenuto nella raccolta Undici solitudini (Minimum Fax, 2018). Il sergente Reece intona “una nostalgica canzoncina”, in call and response con il suo plotone in marcia, avente come tema il civile Jody che prende possesso via via di tutti i beni dell’amico soldato mentre questi è in caserma o al fronte, dal suo impiego alla sua casa e fino alla sua ragazza.[]
  10. Da John Broven, op. cit. nelle fonti.[]
Scritto da Sugarbluz // 24 Marzo 2012
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2 risposte

  1. Mark Slim ha detto:

    Sempre bello leggere le tue recensioni piene di particolari!!! Spero di non essere il solo…

  2. Fred ha detto:

    Non sei il solo. Facendo due conti: tra il 31 Gennaio del 1970 ed il 19 Febbraio dello stesso anno, chissà se c’è tempo di reincarnarsi?
    I know you can do it. So baby, get to it.

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