Michael Watson (1949), noto come Junior Watson, cantante e chitarrista swing del jump blues e del West Coast blues, dapprima come sideman, poi solista e freelancer.
Cresciuto a Tulare, nella California centrale, da ragazzino fu attratto dalla surf music e dagli strali chitarristici di Travis Wammack. Appena quindicenne cominciò a farsi le ossa nella Bay Area, a San Jose, con l’armonicista Gary Smith e il bassista Steve Gomes, che lo introdussero al blues e a una vasta collezione di dischi che non mancarono di colpire il giovane Watson, da Tiny Grimes, Bill Jennings, Oscar Moore a Billy Butler, da Robert Jr Lockwood, Louis Myers, Eddie Taylor, Earl Hooker a Guitar Slim.
Lavorò con Luther Tucker e Charlie Musselwhite, conoscendo Rod Piazza e imbarcandosi con lui nei tardi anni 1970 insieme a George Smith, Smokey Wilson, Shakey Jake Harris e Pee Wee Crayton. Suonò anche con Lowell Fulson, Big Mama Thornton, Jimmy Rogers, L.C. Robinson, Johnny Dyer, Snooky Pryor.
Con Piazza ha fondato i Mighty Flyers, dov’è rimasto una decina d’anni costruendo la sua reputazione. Negli anni 1990 è stato nei Canned Heat, e poi con uno dei suoi membri, il bassista Larry Taylor, ha fatto parte del gruppo Blues All-Stars di Kim Wilson (con anche Rusty Zinn e Gene Taylor) e degli Hollywood Blue Flames di Al Blake, insieme al batterista Richard Innes.
Ha collaborato e registrato anche con altri grandi nomi del blues bianco californiano, soprattutto della sua generazione ma anche più recenti, come Lynwood Slim, James Harman, William Clarke, Mark Hummel, Janiva Magness, Kid Ramos, Hollywood Fats, Fred Kaplan, Jim Pugh, Mitch Kashmar, John Nemeth, Bharath, Kid Andersen. Per diversi anni ha condotto un suo gruppo, il Junior Watson Trio, con il bassista Kedar Roy che è anche nell’ultimo disco di Watson (2019).
Il suo stile old school, basato sulla creatività e l’improvvisazione, è immediatamente riconoscibile per i fraseggi e gli accordi jazzy, i lick melodici, il suono saturo, la tonalità grassa, ed è stato preso a modello da una schiera di chitarristi che lo ha, per così dire, idealizzato, e ha reso Junior Watson una leggenda vivente.
A suo nome ha finora pubblicato solo cinque dischi; una scelta artisticamente sensata (in mancanza di nuovi spunti) per non scivolare troppo nella reiterazione di un linguaggio, se non della sua stessa individualità, che per le caratteristiche insite, come altri generi o sub-generi, si pone in una nicchia così particolare e definita che rischia di diventare (e in effetti in diversi casi è diventato) stantio e routinario.