Kathryn Jewel Thorne (1939-1999) ovvero Katie Webster, cantante e pianista nata a Houston, TX, da genitori entrambi pianisti di cui uno, il padre, proveniente dal ragtime, poi diventato ministro religioso e quindi praticante il gospel come la madre, la quale le impose un’educazione musicale classica e in ambito religioso. Katie seguì lezioni formali, mentre venne a contatto con il boogie-woogie e l’R&B ascoltando la radio di nascosto, e cominciando ad amare le sonorità di Fats Domino, Little Richard, Ray Charles, Sam Cooke. Nel suo sviluppo più tipico adotterà riff di basso a grappoli con la mano sinistra e una fusione di gospel, blues del Bayou e barrelhouse boogie-blues texano con la destra, dal carattere essenzialmente gioioso sulla scia del rhythm and blues di New Orleans e della “good time music”, ma anche con ballate swamp pop o ispirate dal blues più classico.
Andò a vivere presso parenti a Beaumont e cominciò la carriera appena tredicenne come Big Mama Cat con un gruppo chiamato Daniel and the Jazz Makers. Furono però i suoni della regione del Bayou a coinvolgerla, quelli delle band viaggianti sulla direttiva Beaumont / Baton Rouge tra il sud-est del Texas e la Louisiana del sud-ovest, comprendente le cittadine della Gulf Coast di cui ho scritto nei racconti di quel viaggio (come Lake Charles, Crowley, Lafayette, ecc.), da lei sentiti ad esempio nel locale di Clarence Garlow, il Bon Ton Drive-In, dove si fermavano personaggi come Clifton Chenier e Ashton Savoy; con quest’ultimo cominciò a lavorare a soli 14 anni nei club di Lake Charles.
Nel 1957 entrò per la prima volta in studio di registrazione per una sessione a nome di Ashton Savoy and His Combo (seguita da un’altra, rimasta inedita ai tempi, nel 1959, dove appare anche Lazy Lester all’armonica) presso Goldband di Eddie Shuler a Lake Charles, producente un singolo su etichetta Hollywood; nella band di Savoy c’era il bassista Sherman Webster con cui la pianista si sposò giovanissima (il matrimonio durò poco, ma Katie mantenne il cognome per sempre).
Nel 1958 debuttò come solista registrando nello studio di J.D. Miller a Crowley, con Savoy e il batterista Little Brother Griffin, due brani usciti sulla piccola Kry a nome di “Katie Webster and Ashton Conroy” (il cognome del chitarrista camuffato immagino per motivi contrattuali): Baby, Baby e I Want You to Love Me. Entrambi autografi, rimarranno nel suo repertorio, e il duetto/schermaglia di coppia Baby, Baby sarà poi reinterpretato, negli anni del suo ritorno, con gran contributo di Kim Wilson nella parte vocale che fu di Savoy (e all’armonica), nell’episodio Alligator reintitolato No Bread, No Meat, titolo di certo più efficace ed esplicativo del tema (è lo stesso titolo utilizzato in una versione alternativa ai tempi inedita, rintracciabile nel vinile Flyright 530, che pare antecedente alla traccia pubblicata, quindi era forse quello l’originale, magari rinominato per evitare l’eventuale censura radiofonica; l’etichetta inglese ha pubblicato tre dischi dedicati a Katie Webster con materiale edito e inedito nella serie The Legendary Jay Miller Sessions, soprattutto dei primi anni 1960).
È quindi tra la fine degli anni 1950 e l’inizio del 1960 che Webster fu messa sotto contratto da Miller, ma nel 1959 apparve in altre sessioni Goldband (o le fu permesso di lavorare come musicista da studio anche per altri, o lo fece di nascosto adottando il cognome Webster, non utilizzato con Miller dove dapprima usò il suo nome vero per intero, oppure il contratto con Miller è del 1960) per Elton Anderson, in parte pubblicate su Trey, e forse in una di Slim Harpo a Crowley, passata a Excello ma inedita ai tempi.
Per gran parte degli anni 1960 comunque sembra solo nello studio di Miller registrando a suo nome diversi singoli che usciranno su alcune tra le piccole firme del produttore, come Rocko, Zynn, Action, Spot, una sussidiaria di Excello (A-Bet) e, caso unico essendo una major, Decca, con un brano che rimarrà nel suo repertorio, Sea of Love (da più parti si legge che Katie suonò nella versione originale di Phil Phillips, ma mi sembra strano dato che fu arrangiata dal pianista Ernest Jacobs dei Cookie and the Cupcakes, e quindi non vedo motivo perché egli non vi suonasse, come vi suonarono altri componenti del gruppo di Cookie, della scuderia Shuler, che lo produsse): un classico dello swamp pop, e Katie ne lascerà poi una versione su Alligator che ritengo definitiva.
Negli anni 1960 il suo stile era incentrato sul soul/blues con spiccato accento regionale, soprattutto ballate ma non solo, però da Miller fu più musicista di sessione per vari suoi artisti e generi, come Clarence Garlow, Jimmy Dotson, Marva Allen, Johnny Sonnier, Warren Storm, e per i solisti dello swamp blues come Silas Hogan, Lazy Lester, Lightnin’ Slim (1964/1965), Slim Harpo (1965/1966), Lonesome Sundown. Fu impiegata anche da Floyd Soileau (Jin) a Ville Platte, per Johnnie Allan, e ancora da Goldband per Rockin’ Sidney, Cookie and The Cupcakes, Guitar Junior (Lonnie Brooks), Hop Wilson, Juke Boy Bonner, Jay Stutes, e a suo nome nei tardi anni 1960 e nei primi anni 1970 (poi, dopo una lunga interruzione, vi tornò per una sessione nel 1982); Shuler pubblicò due album a suo nome, nel 1979 e nel 1982 (Katie Webster Has the Blues e You Can Dig It).
Nel frattempo si dedicò anche allo zydeco con Clifton Chenier e Big Chenier, girò in tour con Ivory Joe Hunter, con i neorleansiani Smiley Lewis e Chris Kenner, e militò nella band da giro di Otis Redding dal 1964, subito dopo il loro incontro al Bamboo Club a Lake Charles dove Katie aveva lunga residenza insieme agli Uptighters, la band di sette elementi di Sherman Webster, e fino circa alla scomparsa del grande soulman nel 1967. Nello show Katie aveva il suo set d’apertura prima di accompagnare Otis, e duettava con lui in Tramp; a testimonianza c’è il Live at the Whisky A Go Go di Redding, ma lei fu omessa dai crediti perché ancora sotto contratto con Miller. Il disco fu registrato nel 1966 sul Sunset Strip a Los Angeles, il tecnico del suono era Wally Heider e Nesuhi Ertegun di Atlantic il supervisore, e uscì postumo nel 1968 (al 1982 risale un altro vinile Atlantic con materiale inedito dalle stesse date). Otis aveva in programma di registrare con lei in studio e di produrla come artista solista, come aveva fatto per Arthur Conley, e stava cercando di risolvere il contratto che ancora la legava inutilmente a Miller. Nelle note del vinile (Alligator) The Swamp Boogie Queen, Robert Palmer allude ambiguamente al fatto che Webster mancò quel gig fatale a Redding perché perse il volo avendo “dormito troppo”: vuole cioè lasciar intendere che schivò per un soffio la fine in quel frangente particolare, ma è falso. È vero che più o meno lo stesso si potrebbe dire per qualsiasi musicista che avesse suonato o suonasse per Redding in quel periodo, ma in realtà, a parte che altrove si legge che in quella fase Katie non andava in tour con lui perché incinta, la band di supporto che Redding cominciò a usare nel 1967 era tutt’altra, formata dai giovanissimi e sfortunati Bar-Kays di casa Stax, e il volo nefasto per Otis, quattro membri della band, l’ancor più giovane valletto e il pilota, non fu su un apparecchio di linea, ma sul bimotore personale del cantante.
In generale le sue apparizioni negli anni 1970 furono in tono minore (ad esempio suonando in solitaria su un piccolo organo elettrico accompagnata da una rhythm machine al Slim’s Club a Kinder, LA), e a un certo punto si trasferì a Oakland, CA, per prendersi cura dei suoi genitori. Fu lì che il promoter tedesco Norbert Hess (lo stesso che avviò ai concerti europei James Booker) la contattò per portarla in Europa a partecipare al Blues and Boogie Woogie Festival a Bonn nel 1982, inaugurandole così una seconda carriera che la vide tornare decine di volte nel vecchio continente, dove registrò tre album tedeschi nei primi anni 1980 (Texas Boogie Queen, Live + Well; 200% Joy; Men Smart, Women Smarter, tutti per Ornament). In quel periodo suonò molto anche sulla costa ovest nordamericana e tra il 1984 e il 1985 registrò per Arhoolie a San Francisco un album (You Know That’s Right, in CD rinominato I Know That’s Right), e in seguito uno per Charly (Pounds of Blues) prodotto dall’inglese John Broven. Nel 1987 fu pubblicato un altro vinile tedesco (The Many Faces Of), ma la fama internazionale la raggiunse dal 1988 quando entrò in Alligator (accompagnata nel primo, suddetto disco, oltre che dal trio Silent Partners [Andrew Jones, Russell Jackson e Tony Coleman, rispettivamente ex di Johnnie Taylor, B.B. King e Bobby Bland], da Kim Wilson, Bonnie Raitt, Robert Cray, e i Memphis Horns; altri nomi noti la supportarono in Alligator, come Anson Funderburgh e i Paladins Dave Gonzales e Tom Yearsley), dove lasciò tre album (Two-Fisted Mama! e No Foolin’! gli altri) che tradivano le sue radici nella tradizione boogie texana e nella gamma delle specialità del sud della Louisiana, ma con sonorità aggiornate e banalizzate come usava in quegli anni e com’era sovente per quella firma, calamità che non valorizzarono del tutto Katie Webster ma che le diedero una più vasta notorietà.
Nel 1993 durante un tour in Grecia fu colpita da infarto e perse parzialmente l’uso della mano sinistra, oltre che la maggior parte della vista. Per qualche anno ancora continuò a sopperire con la sua mano destra, la sua voce graffiante di contralto e il suo indomabile spirito vitale e auto-ironico.