Big Joe Turner Rocks
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Room with a view of the blues
Il paroliere Jerome ‘Jerry’ Leiber (1933-2011) e il pianista, compositore e arrangiatore Michael ‘Mike’ Stoller (1933, proveniente da studi classici ma anche allievo di James P. Johnson), costituirono una coppia di autori e produttori, nota come Leiber & Stoller, di notevole successo discografico piazzando almeno una settantina di brani nelle classifiche pop e R&B degli anni 1950 e primi anni 1960.
Entrambi d’origine ebrea e provenienti dalla costa est, si conobbero sulla costa ovest, a Los Angeles nel 1950, subito uniti dalla passione per il rhythm and blues afroamericano. La loro unione come autori e produttori fu la più importante di quegli anni, di grande influenza sulla musica popolare nella seconda metà del Novecento segnata soprattutto dall’avvento del rock ‘n’ roll, rivoluzione che sottilmente sostennero permeando il mainstream con elementi estranei ispirati dall’attitudine musicale, narrativa e caratteriale dei neri come la spontaneità e il discorso diretto, la sensualità, il particolare vernacolo, la visione personale intima e/o autoironica.
Furono The Robins a registrare la loro prima canzone destinata al mercato, That’s What the Good Book Says, e un mese dopo Jimmy Witherspoon e Floyd Dixon registrarono, dal vivo al Rhythm & Blues Jamboree di Gene Norman allo Shrine Auditorium, due loro brani, rispettivamente Real Ugly Woman e Too Much Jelly Roll, proposti direttamente dagli autori ai due cantanti durante le loro scorribande in Central Avenue alla ricerca di interpreti per le loro creazioni. Entrambe uscirono nel 1951, la prima per Modern, la seconda per Aladdin.
Ancora per Aladdin, arrangiarono e aggiunsero parole a Flying Home di Lionel Hampton per Amos Milburn, ed ebbero il loro primo successo nella classifica nazionale con Hard Times per Charles Brown. Continuarono a esprimersi mediante il rhythm and blues nero con i due grandi hit a cui più spesso Leiber & Stoller sono associati: Kansas City e Hound Dog. Stupisce benevolmente ancora oggi che a monte di tutto ciò c’erano due diciottenni bianchi, anche se comunque bisogna considerare che la loro visione in una prospettiva non vissuta realmente, per quanto vicina, li portò (non in particolare nei brani appena nominati) all’assunzione di qualche stereotipo.
K.C. Lovin’ (così Kansas City fu rinominata da Ralph Bass prima della stampa) non portò fortuna a Little Willie Littlefield, che la incise nel 1952 per Federal, ma dopo qualche anno come Kansas City salì ai vertici della notorietà nazionale nella versione di Wilbert Harrison per Bobby Robinson (1959, Fury), la prima di una lunga serie che ha consacrato il brano in uno standard, con qualche centinaia di versioni a tutt’oggi.
Non molto dopo scrissero Hound Dog in pochi minuti nello stesso pomeriggio in cui incontrarono Big Mama Thornton (per Thornton, v. sotto e qui), ben ispirati dalla presenza e dalla personalità della grande cantante; erano stati chiamati dal suo scopritore e produttore oltre che bandleader Johnny Otis, che fece uscire il disco nel 1953 per Peacock. Fu un successo radiofonico e di vendite, poi del tutto surclassato e oscurato insieme alla sua interprete nel 1956 quando il brano, stravolto di significato e di mordente, divenne e rimase un grande hit per Elvis e dell’era del rock ‘n’ roll, e uno dei dischi in assoluto più venduti. Presso Federal produssero anche Esther Phillips, altra protetta di Otis.
Nel frattempo (dopo Hard Times) avevano già scritto anche per tanti altri, come Lucky Millinder, Helen Humes, Roy Hawkins (v. qui sotto), Lloyd Price, Bullmoose Jackson, Peppermint Harris.
Nel 1953 la coppia inaugurò una propria etichetta, Spark Records, con il produttore Lester Sill, loro mentore fin dall’inizio quand’era promo man a capo del settore vendite di Modern (e più avanti partner di Phil Spector), scrivendo ancora per il gruppo vocale The Robins (ad es. due dei tanti loro prison song, come il primo, Ten Days in Jail, e Riot in Cell Block #9, il riff derivante da Hoochie Coochie Man, ma innovativo nel suo complesso, e altri brani che lasciarono il segno, come Smokey Joe’s Cafe e il rap umoristico ma amaro Framed, anche questo trattante il rapporto con la polizia, o la Legge) prima dell’acquisizione dell’etichetta da parte di Atlantic, che ingaggiò il duo come produttori esterni indipendenti.
Qui si dedicarono a resuscitare The Drifters (insieme a Ben E. King, v. Stand by Me), e nel 1959 uno dei loro più grandi successi fu There Goes My Baby, Ben King la voce principale, con violini, e ritmo influenzato dal baion brasiliano, ma su un timpano scordato, nello stile, lento, tipico del pop primi anni 1960; produssero e scrissero inoltre per The Coasters (nati da una costola dei Robins) una serie di successi a partire dal 1957, tra cui il piccolo e umoristico dramma adolescenziale Yakety Yak: aspetti, quelli dello scontro generazionale, della leggera satira e del linguaggio giovanile, cari ai due durante l’avventura nel rock ‘n’ roll.
Nonostante il Colonnello, sfornarono altri successi per l’Elvis hollywoodiano, come Jailhouse Rock e un’altra ventina di titoli per i suoi film, fino a quando persero interesse data la banale e ripetitiva vuotezza dei contenuti cinematografici affidati al Re. Collaborarono con Phil Spector e altre coppie d’oro dell’epoca (anche se magari solo commissionando a loro quando erano sommersi da troppe richieste), come Barry Mann e Cynthia Weil, Doc Pomus e Mort Shuman, Gerry Goffin e Carole King, Burt Bacharach e Hal David. Produssero diversi hit anche per United Artists, tra cui un brano da loro scritto per The Clovers, Love Potion #9.
Nel 1964 fondarono Red Bird Records (con George Goldner) rivolgendosi al genere, ancora per poco attuale nel periodo (erano arrivati i Beatles…), dei gruppi vocali femminili pop ispirati dal doo-wop, e il primo disco della compagnia, Chapel of Love delle Dixie Cups, fu numero uno nella primavera di quello stesso anno (l’altro gruppo che produssero, le Shangri-Las); tra i primi trenta singoli emessi dall’etichetta, ben diciotto entrarono nelle classifiche. Nel 1966 vendettero la loro parte e in seguito ebbero altri successi con Peggy Lee (tra cui Is That All There Is?, nello stile teatrale di Kurt Weill), dedicandosi inoltre al cinema e al teatro.
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