Clarksdale, Mississippi – pt 2
Clarksdale Station, Cat Head, Ground Zero Blues Club)
Il vecchio commissary (spaccio) dell’Hopson Plantation, ex piantagione poco a sud di Clarksdale in cui vecchie bicocche di braccianti sono state convertite in caratteristici alloggi per turisti: Shack Up Inn.
Esplosione vintage, paradiso di antichità dal sapore blues. Suggestivo vecchiume del sud rurale esposto ad arte con visuali interessanti da ogni angolazione.
Al di là che non c’è nessuno in giro appare quasi come se fosse funzionante, e invece è una grande esposizione di “natura morta” all’aperto. Solo da vicino ci si rende conto di una ricostruzione ad hoc.
Ruggine, moltitudine di oggetti e così tanti dettagli da non riuscire a coglierli tutti.
Edificio principale con il juke joint, l’ufficio/reception dello Shack Up Inn e il negozio. Lo Shack Up Inn si qualifica come B&B, non bed & breakfast bensì bed & beer, e i proprietari si chiamano Guy e Bill.
Entrata al Juke Joint Chapel
Naturalmente non è un autentico juke joint. Comunque offre musica dal vivo e cibo per gli ospiti dello Shack Up Inn e non. Nella luce e nel deserto mattutino si possono cogliere particolari altrimenti invisibili di sera, quando spiccano le luci di Natale e i neon. È liberamente visitabile, come tutta la piantagione.
Di nuovo il godimento di un luogo in totale solitudine, la stessa, ad esempio, trovata alla stazione di Clarksdale (v. sotto) o alla Dockery Plantation, in certi posti sul fiume Mississippi o nel Great River Road State Park a Rosedale. Anche al di fuori della regione Delta, come la Mississippi Petrified Forest a Flora.
Entropia applicata con metodo
Questo piano ispira addirittura visioni ottocentesche, un po’ vecchio West.
Cortile interno
Bottle tree. Se ne vedono tanti nel sud, ormai soprattutto nei luoghi pubblici come rappresentazione del folklore più che nei giardini privati, anche se la tradizione persiste e m’è capitato di vederne davanti a qualche casa, in particolare a Jackson, credo più per motivi ornamentali che per superstizione.
La tradizione del bottle tree ha origini molto antiche, e pare fosse diffusa in Egitto e in Mesopotamia. La credenza che gli spiriti si materializzassero nelle bottiglie nacque probabilmente dal rumore provocato dal vento insinuantesi nei recipienti vuoti. Da qua la leggenda che gli spiriti potessero essere catturati nel vetro, la stessa concezione arabica del genio nella lampada, il jinn, che non c’entra con “genio” derivando dall’arabo jānn, nascondere, e che non è un morbidoso simpaticone blu ma un essere nebbioso con poteri soprannaturali e una gamma di spiacevoli volontà che vanno dal dispetto alla malvagità. In un albero di bottiglie i vaganti spiriti maligni notturni sarebbero rimasti intrappolati, fino a che la luce del mattino li avrebbe distrutti, così averne uno davanti a casa era augurio di buona sorte: è possibile che la tradizione sia stata importata dagli schiavi africani.
Alla Hopson Plantation nel 1935 entrò in funzione una delle prime procedure meccaniche per la lavorazione del cotone, e nel 1944 ingegneri tedeschi della International Harvester, venuti apposta da Chicago, introdussero un macchinario anche per raccoglierlo (harvesting machine, ce n’è una esposta davanti al Commissary, prima foto, e un’altra meglio visibile nella terza foto), diventando così la prima piantagione al mondo in cui il cotone era prodotto con metodi meccanici dall’inizio alla fine del processo.
Segnò la fine del lavoro manuale non solo qui alla Hopson: la meccanizzazione si diffuse ovunque contribuendo a uno dei più massicci esodi dei braccianti afroamericani verso il nord.
Alla fine degli anni 1990 un gruppo di intraprendenti, tra cui qualcuno in connessione con i proprietari originali della piantagione, cominciarono a spostare qui alcune delle baracche dei mezzadri restaurandole, arredandole in stile faux-folk e con comodità che naturalmente i suddetti non avevano, come impianti idraulici e condizionatori, da affittare ai turisti sotto l’eloquente nome di Shack Up Inn. Fu un successo così ne adattarono altre, compreso l’edificio in cui aveva sede la sgranatrice.
I proprietari prediligono ospitare appassionati di blues, in particolare stranieri, o americani che non siano gruppi studenteschi o altre tipologie di “casinisti”; preferiscono gente tranquilla, coppie e famiglie. Durante i vari festival le casette vanno a ruba e occorre prenotare molto tempo prima.
Le baracche per due persone sono poche, la maggior parte sono per gruppi di quattro o più.
Le strutture sono autentiche, ma dotate di vari comfort sapientemente occultati, tutte accessoriate diversamente e con riferimenti all’immaginario blues. Sono disseminate da una parte e dall’altra della linea ferroviaria e della strada, su un’afosa piana il cui orizzonte sembra infinito.
‘Pinetop’ Perkins visse e lavorò alla Hopson Plantation negli anni 1940. Il nativo di Clarksdale Ike Turner ha attribuito direttamente a Perkins il suo apprendimento del piano boogie in quegli anni.
Alcune baracche hanno nomi di bluesman e una include un pianoforte proprio in onore di Pinetop
Cortile e zona comune dietro il juke joint
Perdersi nel tramonto del Delta su una rockin’ chair…
Se ci si sveglia a Clarksdale con una gran fame, Our GrandMa’s House of Pancakes la soddisferà. Si trova accanto allo storico Alcazar Hotel (l’edificio in mattoni rossi), da dove per un lungo periodo trasmise WROX, e dove nei primi anni Duemila era lo studio di registrazione di Jimbo Mathus, Delta Recording Service, noto per far uso di attrezzatura d’epoca. Come detto (nella pt 1), Ike Turner da ragazzino lavorò all’hotel.
Our GrandMa’s è rinomato come Abe’s, ma è afroamericano, vale a dire il juke joint dei pancake.
Tra i reperti sulla vistosa parete gialla il disco dell’induzione del 2015 nella Rhythm and Blues Hall of Fame di Junior Parker, nato da queste parti (a Bobo).
Obama e Michelle all’Inaugural Ball del 2009 sopra i ritratti di tre grandi leader afroamericani: Malcolm X, Martin Luther King e Frederick Douglass.
Viuzza per uno dei più illustri nativi di Clarksdale, John Lee Hooker, dove sorge la VIP Tent di fronte al palco principale durante il Sunflower River Blues and Gospel Festival.
La storica stazione dei treni, risalente al 1926 e rimessa a nuovo con gusto.
Scattata al volo per un merci che stava passando. Da molto tempo la stazione non effettua più servizio passeggeri, e attualmente vi ha sede l’ufficio del turismo della contea Coahoma; The Dutch Oven occupa una parte dell’edificio come ristorante caffetteria, aperto nel 2003 da mennoniti olandesi trasferitesi qui.
Il fulcro d’interesse è che da qui Muddy Waters nel 1943 prese il famoso treno diretto a Chicago, in cerca di una vita migliore e possibilmente di una carriera come musicista.
Intanto passa un altro treno. L’accesso ai binari è lo stesso che vide Muddy, quello che imboccò. Par di vederlo di schiena, impermeabile scuro, valigia in una mano e chitarra nell’altra, incamminato nel tunnel verso il futuro che ha contribuito a creare, il Chicago blues.
Non c’è nessuno a parte qualcuno nell’ufficio. Il pensiero va a Muddy per evidenza storica, ma tanti altri uomini di blues partirono da qui o da stazioni simili; questa è un simbolo dell’emigrazione massiva degli afroamericani che dal Mississippi portarono il blues al nord e all’ovest.
Arredi anche in esterno, sul retro.
È stata rinnovata nel 1998 nell’ambito dello stesso progetto Blues Alley che ha trasformato l’ex deposito ferroviario nel Delta Blues Museum. Una targa dice che i lavori sono stati finanziati dai contribuenti dello Stato del Mississippi e della Coahoma County.
Hanno mantenuto alcuni dettagli: la finestra a destra probabilmente era la biglietteria. Anche le piastrelle del muro e del pavimento sembrano originali.
Pure il cane!
Che meraviglia. Magica anche la luce naturale nella stanza.
Da qualche parte, nella sala d’attesa per colored, Muddy ha aspettato il treno.
Depliant turistici, albero di bottiglie e albero con targhette dei visitatori.
Sembra che nelle intenzioni della Contea la stazione potrebbe esser riaperta al trasporto passeggeri; sarebbe bello se le tratte fossero quelle del Blues Trail.
Meno se, come ho letto, fosse per portare turisti a Lula da cui recarsi con shuttle verso i casinò che si trovano in riva al Mississippi.
Cat Head Delta Blues & Folk Art in Delta Ave, il negozio di Roger Stolle, ex pubblicitario fuggito da St Louis, Missouri, e riconvertitosi qui come promotore di blues.
Il negozio, catalizzatore di “anything blues”, insieme a Ground Zero e altre attività commerciali, ha fortemente contribuito negli anni Duemila al lancio di Clarksdale come città leader nella promozione e nella salvaguardia dell’eredità musicale della regione Delta.
Saltuariamente (in genere, in contemporanea con i due festival blues di Clarksdale e quello di Helena) qui davanti si svolgono i Cat Head Mini Blues Fest. Il negozio è di fronte a quella che fu la seconda sede di WROX.
Merita d’esser guardato bene, certe cose si trovano solo qui.
Ground Zero Blues Club nel vapore acqueo
Dentro come fuori è il trionfo del “new things look old”
Musica dal vivo durante gran parte della settimana, e si può soggiornare in una delle sette stanze al piano superiore.
Mi chiedo se tutte quelle scritte siano un risultato ottenuto nel tempo o se ci sono stati volontari a dare il la a un imbrattamento spontaneo. Oppure il mobilio si acquista già così?
È stato aperto nel 2001 da notabili quali l’attore Morgan Freeman, il procuratore sindaco della città Bill Luckett e l’ex direttore della Blues Foundation di Memphis, Howard Stovall, nipote del Col. W. Howard Stovall della piantagione Stovall Farms in cui visse e lavorò Muddy Waters.
David Dunavent con i suoi Evol Love. Rock-blues che non mi ha lasciato alcuna impressione.
Heather Crosse (idem sulla non-impressione), che rivedrò sul palco principale del Sunflower Festival, materia del prossimo articolo.
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; per la meccanizzazione nella Hopson Plantation: articolo sul sito And speaking of which – sullo stesso argomento invece ho rimosso [2022] il link a History sul sito “Hopson Plantation” perché non più valido e bloccato dal browser, e anche il sito attualmente non è più presente.)
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