East Mississippi – pt 1
Meridian, Lauderdale County, East Mississippi. L’area tra Meridian e Tupelo assomiglia un po’ al Delta per le sue lande piatte coltivate a soia e a volte cotone, ma è dal lato opposto della regione del blues, vicina all’Alabama. Il Delta ha il primato nella coltivazione della soia in Mississippi, oggi il raccolto predominante, fornendo da solo il 75% della produzione statale, ma l’area economica denominata East Central, dove si trovano Meridian, Columbus, West Point e Starkville (le ultime tre formano il Golden Triangle) ne produce un po’ di più rispetto alle altre regioni del Magnolia State.
Anche il Mississippi dell’est ha sfornato grandi icone musicali; ne vengono subito in mente almeno tre molto importanti: a Meridian si porta omaggio a Jimmie Rodgers, a West Point ci si va per Howlin’ Wolf e a Tupelo per Elvis Presley, tutti glorificati nelle loro città (e oltre) con monumenti, musei e vari eventi, anche se il volume di riconoscimenti, occasioni e soprattutto denaro che muove il terzo di questi, fino a Memphis, TN, non è affatto paragonabile con quello di qualsiasi altro musicista.
Al primo posto in cui ci fermiamo (un distributore) l’anziana cassiera, meridiana da sempre, mi chiede perché sono lì e da dove vengo; per Rodgers, naturalmente, the father of country music. Proprio ciò che voleva sentire: Really he was!, risponde. Afferma di trovarsi lì da quando c’era anche lui; non mi sembra così vecchia, ma alla mia incredulità me lo conferma.
Non abbiamo avuto tempo di visitare il centro di Meridian, così la rappresento con questo lunghissimo merci in virtù del suo intenso passato ferroviario, e avendo la strada ferrata segnato la vita e la musica del suo personaggio più illustre, Jimmie Rodgers appunto, dato ufficialmente nativo di questa città con orgoglio dei suoi abitanti, ma forse venuto al mondo a Geiger, Alabama, il paese dei nonni paterni segnalato da lui stesso come luogo natio in alcuni documenti redatti nei suoi ultimi anni.
In ogni caso è cresciuto in questa «rozza ed eccentrica vecchia città» che «ha binari ferroviari ovunque e un centro di bell’aspetto (ma non vivace) in stile art deco» (Cheseborough, v. fonti); del resto la vivacità non è caratteristica delle cittadine mississippiane. È la sesta città più grande dello Stato, non la terza come dice C., ma siamo d’accordo sul fatto che non ha avuto una vera scena blues: si può dire che Rodgers da solo ha occupato tutto, il che ha anche senso essendo stato un concentrato di blues, hillbilly, country, gospel, popular e ballad (proprio come Elvis a suo modo vent’anni dopo poco più a nord), e di inevitabile influenza sul rock ‘n’ roll.
A Meridian ci sono diversi historic marker per Rodgers. Uno è del Mississippi Blues Trail, “Jimmie Rodgers & the Blues” (cercare 1901 Front Street, non l’indirizzo sull’elenco ufficiale), vicino al vecchio deposito ferroviario restaurato Union Station, uno del Mississippi Country Music Trail, “Country Music Comes of Age” (Dumont Plaza, 22nd Avenue e 4th Street), e un altro eretto nel 1978 nella più vecchia serie (iniziata nel 1949) del Mississippi State Historical Marker Program, “Birthplace of Jimmie Rodgers” (1725 Jimmie Rodgers Memorial Drive, o 39th Ave), davanti al Jimmie Rodgers Memorial Museum nello storico Highland Park, parco pubblico inserito nel National Register of Historic Places in cui si trovano anche un bel monumento al musicista (riproduzione della nota foto con i pollici alzati) con iscrizione, e una vecchia locomotiva a vapore.
Infine, questo qua sopra nell’Oak Grove Baptist Church Cemetery (801 Oak Grove Dr.) in cui è sepolto, che è stato anche il primo marker del Miss. Country Music Trail (giugno 2010), “Father of Country Music”, terzo e definitivo appellativo dopo “The Blue Yodeler” e “The Singing Brakeman”, coniato negli anni 1950, quando la musica country maturò a sufficienza (“comes of age”, appunto) da poter tracciare le sue origini. Il Country Music Hall of Fame di Nashville l’ha nominato “The Man Who Started It All”; solo un altro modo di dire la stessa cosa.
Vocalità chiara, dizione accentata, narrazione imperniata sui problemi e i sogni della working class, Jimmie Rodgers è sulla linea di partenza del cantautorato con chitarra, anche nella personalizzazione di alcuni temi, come in TB Blues, dove annuncia la sua tubercolosi e l’incombente morte su un’aria apparentemente serena. Mentre la coeva Carter Family trattava argomenti standard di vita domestica su armonie chiesastiche aggiornate, Rodgers poneva argomenti più realistici e uno stile musicale più aggressivo.
Esperto intrattenitore, fu molto amato dal pubblico, che lo considerava uno di loro e anche in questo fu modello per gli idoli del country a venire. Animava i versi con uno spiccato senso del dramma e della commedia, modernizzando l’espressione popolare e portando i dettagli della vita mississippiana, rurale e urbana, a un mondo più vasto. Sotto, lapide collettiva per alcuni membri della famiglia, con i nomi di Jimmie e della moglie Carrie ai lati.
La sua è la musica d’America. Cantò le canzoni della gente che amava, di una giovane nazione che stava crescendo forte. La sua era un’America di rotaie luccicanti, carri merci tonanti, di notti spazzate dalla pioggia, praterie desolate, grandi montagne e intensi cieli blu. Cantò del bayou e dei campi di grano, delle pianure battute, delle piccole e grandi città, e dei fiumi tortuosi d’America. (1)
Con la sua sola chitarra o con accompagnamento di chitarristi finger-picker e steel, mandolinisti, banjoisti, ukulelisti, (2) di cornette, clarinetti, violini, di musicisti hawaiani (3) e afroamericani (la Louisville Jug Band, il chitarrista Clifford Gibson), o di jazz band (Bob Sawyer’s Jazz Band) – nota è la presenza di Louis Armstrong e moglie, la pianista Lil Hardin, in Blue Yodel No. 9 (aka Standin’ on the Corner) – in soli cinque anni da stella discografica (1927-1933) prematuramente scomparsa, Jimmie Rodgers ha dato impulso alla definizione della musica country (termine che non ha conosciuto) vendendo dischi in tutto il mondo.
In quegli anni il country era in via di affermazione, lui ne fu la prima star acclamata e i suoi soggetti erano gli stessi che il genere avrebbe preso a cuore: la vita di tutti i giorni al lavoro e a casa, l’aggrapparsi alla tradizione in un mondo in rapida evoluzione, le feste e i balli del sabato sera. Treni, fuorilegge, vagabondi, cowboys, solitudine, amore, furono i temi con cui crebbe negli anni precedenti la I g.m. frequentando sale da biliardo, negozi da barbiere, teatri di Meridian, e soprattutto gli equipaggi della Mobile & Ohio Railroad, di cui il padre Aaron Rodgers era caposquadra.
Attratto dal mondo dello spettacolo, da ragazzino s’allontanò da casa un paio di volte imbarcandosi nelle troupe teatrali itineranti. Il padre lo ripescò e lo mise all’opera come water boy per gli operai della ferrovia; imparò a suonare dai lavoratori e dai vagabondi che incontrava giornalmente. Qualche anno dopo divenne frenatore sulla linea New Orleans and Northeastern, prima di contrarre la tubercolosi nel 1924, a 27 anni, che gli impose un lavoro meno faticoso; fu allora che decise di dedicarsi a tempo pieno all’arte dell’intrattenimento. Sotto, James Charles Rodgers (1897-1933), America’s Blue Yodeler, e la seconda moglie Carrie Cecil Williamson (1902-1961), First lady of country music.
Nel 1925 cominciò a esibirsi regolarmente apparendo a Johnson City, Tennessee, in uno spettacolo itinerante da lui organizzato, sostando in tenda come aveva fatto da bambino, fino a che un ciclone lo costrinse a mollare. Riprese per un po’ l’attività di frenatore, sulla East Coast in Florida, ma alla fine perse il lavoro. Nella speranza che il clima secco lo aiutasse si trasferì con Carrie e la figlia Anita a Tucson, Arizona, tornando all’impiego ferroviario stavolta come deviatore sulla South Pacific, ma durò meno di un anno e rientrarono a Meridian. Non è chiaro quando si trasferirono ad Asheville, North Carolina, ma là Jimmie andò in onda alla neonata (1927) stazione radio WWNC, e reclutò un gruppo del Tennessee chiamato Tenneva Ramblers (probabilmente una band hillbilly) assicurandosi un programma settimanale, Jimmie Rodgers’ Entertainers, e provocando recensioni positive nei giornali locali, soprattutto per il tipo di musica differente rispetto al materiale di solito mandato in radio, e per l’accettazione del pubblico.
Anche se già qualche anno prima si erano registrati brani con violino, dapprima classificati come hillbilly music, poi old time music, si dice che la musica country vera e propria cominciò i primi giorni dell’agosto 1927 a Bristol, Tennessee, quando Ralph Peer mise sotto contratto Jimmie Rodgers e la Carter Family per Victor Records.(4)
Contemporaneo della prima generazione di bluesman che registrò dischi, come loro Rodgers adattava vecchie ballate o componeva nuovi versi, influenzato dallo yodel e dal falsetto, forse sentiti dagli afroamericani nei campi, mentre era al lavoro sulla ferrovia o durante i suoi viaggi. Prima di lui diversi afroamericani, soprattutto Charles Anderson, si specializzarono nello yodeling, e nel 1923 Bessie Smith e Sara Martin registrarono Yodeling Blues di Clarence Williams.
Rodgers fece la sua versione del noto murder ballad afroamericano Frankie and Johnnie, e di In the Jailhouse Now, registrato da Jim Jackson di Hernando, Mississippi, e da altri bluesman. Il blues è un elemento evidente nella sua musica, e come nessun altro artista del suo tempo lo introdusse a una platea più ampia: non fu il primo bianco a interpretarlo, ma certamente il più popolare.
Allo stesso modo, l’eco dei suoi blue yodel risuona in varie tinte e timbri nel blues del Mississippi in artisti come Howlin’ Wolf, (5) Mississippi John Hurt, (6) Tommy Johnson, Mississippi Sheiks, Furry Lewis, Scott Dunbar, ed è entrato nella culla di molti altri bluesman ancora in fasce, come B.B. King.
Lead Belly cantava le canzoni di Rodgers, come Robert Johnson e Johnny Shines, secondo quest’ultimo sempre pronti entrambi a soddisfare le richieste del pubblico. I bluesman che hanno dichiarato d’averlo incontrato o di aver viaggiato e suonato con lui includono Hammie Nixon, Rubin Lacy, Houston Stackhouse; quest’ultimo ha ricordato che lui e Robert Nighthawk accompagnarono Rodgers in uno spettacolo all’Edwards Hotel a Jackson (1931 ca).
Il titolo “The Blue Yodeler” gli arrivò con la vendita di mezzo milione di copie di Blue Yodel (T for Texas), registrato nel 1927. Il suo centinaio di registrazioni influenzò profondamente le cowboy ballads e il bluegrass, l’honky tonk, il rockabilly, e una sfilza di artisti diversi come Gene Autry, Delmore Brothers, Woody Guthrie, Hank Williams, Ernest Tubb, Patsy Montana, Dolly Parton, Tommy Duncan, Bob Wills, Bill Monroe, Lefty Frizzell, Hank Snow, Johnny Cash, Merle Haggard, Elvis Presley, Bob Dylan.
Il marker “Country Music Comes of Age” ricorda come nel 1953, all’avvicinarsi del ventesimo anniversario della morte di Jimmie Rodgers il 26 maggio, alcuni suoi eredi musicali, insieme alla sua famiglia e a cittadini di Meridian, organizzarono un evento per onorare la sua memoria e per portarne avanti l’eredità. Ernest Tubb e Hank Snow (le cui carriere ebbero impulso grazie a Carrie Rodgers) progettarono un monumento al musicista da inaugurare quel giorno. Un giornale locale e il consiglio comunale celebrarono la storia di Meridian come centro ferroviario e dedicarono una locomotiva a vapore ai cittadini lavoratori delle ferrovie deceduti; l’evento fu chiamato Jimmie Rodgers and Railroadmen Memorial Day.
Nell’occasione a Meridian si materializzarono vari personaggi e sfumature country, dallo western swing di Hank Thompson, Leon McAuliffe e Tommy Duncan, all’honky tonk di Lefty Frizzell, Jimmie Dickens e Webb Pierce, dalle nuove sonorità pop di Jim Reeves, Marty Robbins e George Morgan, alla tradizione rappresentata dalla famiglia Carter originale (A.P., Sara e Maybelle Carter), Bill e Charlie Monroe, Jimmie Davis e Roy Acuff. Quel primo (poi denominato) Jimmie Rodgers Festival siglò un momento di autoriconoscimento; divenne evento annuale e aprì la strada alla Country Music Association e al Country Music Hall of Fame: Rodgers, Fred Rose, e Hank Williams nel 1961 furono le prime persone a esservi indotte.
Sotto, tomba della primogenita Carrie Anita Rodgers Court (1921-1993). Accanto riposa la piccola June Rebecca Rodgers (1923-1923), vissuta solo sei mesi.
Un’altra della famiglia sepolta qui è Nettie Williamson McWilliams (1896-1985), detta Elsie, sorella di Carrie, che a Meridian ha un suo country marker. Elsie ha scritto o collaborato alla musica e ai testi per trentanove tra le canzoni che Rodgers ha eseguito o registrato, senza aver pieno credito. Casalinga, madre di tre e insegnante di musica alla scuola domenicale, è stata la prima donna con una carriera come cantautrice country, e nel 1979 è entrata nel Nashville Songwriters Hall of Fame.
Ha fatto musica e seguito la famiglia per la maggior parte degli 89 anni vissuti. A quei tempi, da donna, probabilmente si sarebbe limitata a suonare l’organo in chiesa e a scrivere canzoni per le recite scolastiche se non fosse stata cognata di Rodgers, il quale, raggiunta la popolarità mondiale, si ritrovò il fiato sul collo del manager ed editore Ralph Peer, richiedente un flusso costante di nuove canzoni. Rodgers arruolò così Elsie, la quale era in grado di leggere la musica e di scrivere canzoni che lei tendeva ad attribuire a Jimmie, pensando che comunque non sarebbero esistite se lui non le avesse chiesto collaborazione. Tuttavia Rodgers, l’editore e i vertici di Victor fecero in modo che il suo nome apparisse come co-autore o autore su diciannove registrazioni, anche se una stima ha rivelato che sarebbero almeno una ventina in più.
I brani di McWilliams in parte si riconoscono perché sono quelli più sentimentali e domestici, nello stile melodico di Tin Pan Alley che amava, ma scrisse anche qualche canzone “osé” (come Everybody Does It in Hawaii e My Little Lady), o su matrimoni finiti (I’m Lonely and Blue, Never No Mo ‘Blues), e collaborò a My Rough and Rowdy Ways. Dopo la morte di Rodgers ha continuato a scrivere versi, tra cui diversi per Ernest Tubb. Elsie fu anche al pianoforte e al canto nel primo trio di Jimmie Rodgers nel 1923, orientato sulla musica da ballo popolare, e nell’ultimo decennio di vita s’esibì occasionalmente nei club e nei festival.
Un ulteriore riconoscimento a un famigliare di Jimmie è per il cugino Jesse Rodgers (il marker si trova a Clara, a sud di Meridian), cantante, chitarrista e autore che agli inizi di carriera, in Texas, s’esibiva nelle stazioni radio nei pressi del confine messicano. Scrisse e registrò brani per Bluebird negli anni 1930, per un po’ in chiave blue yodeler simil-Jimmie, poi con un suo stile western, diventando un “cantante cowboy” di successo via radio e TV. Dopo la seconda guerra, rilocatosi a Philadelphia, incise per due decenni in stile country-boogie.
Sede di Peavey Electronics a Meridian. Non che Peavey abbia molto a che fare con la storia del blues, ma sul libro di Cheseborough si parla di un centro visite in cui è allestito un museo con la storia della compagnia, repliche dei banchi di lavoro usati da Peavey, le prime attrezzature costruite, fotografie di vari eventi inclusa la visita del Presidente G. Bush nel 1990 e, grazie a un impiegato appassionato, una piccola mostra di 78 giri di Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Fats Domino, T-Bone Walker e J.L. Hooker. Inoltre, una stanza della musica, dove si possono provare strumenti e attrezzature al volume che si desidera (!).
Una volta dentro scopriamo che il museo non è più qui. C’è solo una sala esposizione, con i prodotti probabilmente più cool, dove si viene rinchiusi mentre da fuori osservano ogni mossa dalle vetrate. (“Abbiamo concorrenza…”, mi dice il signore che ci riceve, come a giustificare la stretta sorveglianza).
Clienti illustri di Peavey in relazione alla nostra musica sono Aaron Neville, Steve Cropper e Luther Dickinson; ce ne saranno altri immagino, ma forse più per quanto riguarda amplificatori e sistemi audio che per strumenti – del resto Mr Peavey cominciò proprio con gli amplificatori, costruendone uno alla volta e facendo tutto da solo dall’inizio alla fine.
Un amplificatore integrato in un chopper, o un chopper costruito attorno a un amplificatore. I comandi sono sul fianco, sotto la sella, e uno speaker si trova nella zona posteriore, nella forma conica.
La compagnia fu fondata nel 1965 da Hartley Peavey (1941), giovane di Meridian a cui piaceva armeggiare con parti di vecchie radio e TV nel seminterrato di casa. Cominciò convertendo la sua chitarra acustica in elettrica, e costruendo il suo primo amplificatore nel 1957 dopo aver visto un concerto di Bo Diddley, che si faceva da sé la strumentazione.
Nel 1961 creò il primo amplificatore con marchio Peavey e nel 1964 ottenne il primo brevetto. Peavey Electronics iniziò a produrre a mano amplificatori valvolari per chitarra e basso nel 1965, e nel 1968 sistemi PA. Nel 1977 mise in produzione i modelli T-60 di chitarra e T-40 di basso, diventando l’anno successivo uno dei maggiori produttori di chitarre del paese.
Serie Classic
Furono i primi a costruire i manici delle chitarre con una fresa computerizzata, per risparmiare sulla manodopera e quindi sul costo del prodotto pur mantenendo la qualità, in rincorsa per l’affermazione in un campo molto competitivo in cui erano arrivati relativamente tardi rispetto all’evoluzione elettrica e ai colossi Gibson e Fender, o altri marchi ancora più storici. Il metodo, comunque, fu poi adottato dalle altre aziende del settore. Hanno introdotto innovazioni anche per quanto riguarda microfoni, tastiere, elaborazione audio, batteria e console audio.
Linea di chitarre acustiche in fibra di carbonio Composite Acoustics, recente acquisizione. Una cosa di cui va fiera Peavey è che la loro produzione avviene in USA, a quanto dicono (anche se forse non in toto).
Mississippi e nuvole
Highway 45 da Meridian a Crawford, leggeri saliscendi e foreste. La 45 è una direttiva nord-sud che attraversa interamente gli USA, dal Lago Superiore al Golfo del Messico, e per tutto il percorso in Mississippi costeggia l’Alabama; nei pressi di Sucarnochee siamo a pochi passi dal confine.
Tanto verde e blu e, come al solito, strada tutta per noi.
Unica immagine di Macon, paese di Eddy ‘The Chief’ Clearwater e del cugino Carey Bell, nella Noxubee County.
Crawford, Mississippi, Lowndes County. Dice Cheseborough che il paese natale di Big Joe Williams lo onora come leggenda blues nel suo cartello di benvenuto sulla Alt Highway 45, dove sono menzionati anche altri due altri nativi di Crawford, le star rispettivamente NFL e NBA Jerry Rice e Clarence Weatherspoon, ma non è più così, oppure non ho visto. Il blues marker di Big Joe (sotto) è poco più avanti, in un piccolo parco giochi in cui si trova anche un vecchio e arrugginito affumicatore per barbecue, davanti al modestissimo City Hall in una struttura prefabbricata.
Il cimitero in cui è sepolto Big Joe Williams è privato ed è a nord est di Crawford, Oktibbeha County. Bisogna cercare Bethesda Road, oltrepassare la Bethesda Baptist Church e al bivio prendere la strada sterrata a destra, continuando attraverso le coltivazioni e passando alcune case. La tomba si trova più avanti sulla destra, dalla parte opposta di una casa col civico 3162, vicina alla strada in un prato recintato con filo spinato; è visibile dalla strada, ma inaccessibile. La lapide recita:
Joe Lee ‘Big Joe’ Williams
1903-1982
King of the nine-string guitar
Big Joe sustained the longest recording career of any Mississippi bluesman, spanning seven decades (1929-1982)
He was a true American Original
Uno dei pochi bluesman ad aver avuto una lunga carriera ininterrotta, ma non proprio sette decenni. Alcuni ricercatori credono che la sua carriera discografica sia cominciata nel 1935, anche se lui dichiarò d’aver fatto qualche registrazione precedente e forse in parte è vero. Infatti, mentre la sua affermazione d’aver registrato per Paramount con lo pseudonimo di King Solomon Hill è stata smentita da tempo, le sessioni del 1930 con la Birmingham Jug Band per OKeh sono più probabili in quanto Williams nel periodo faceva parte del gruppo. (7)
Cominciò a suonare e a vagabondare a circa dodici anni continuando a farlo da adulto, fino alla fine; attraversò l’era prewar blues, postwar blues, i blues revival e tutti i periodi stagnanti attorno.
La particolarità più nota di Williams è, oltre una vocalità potente da blues shouter, l’uso di una chitarra acustica a nove corde, montante un pickup assai rudimentale. La costruì facendo tre fori nella testa del manico di una chitarra normale, infilandoci quindi tre chiavi e doppiando le rispettive corde all’unisono, la prima, la seconda e la quarta. Da una sua dichiarazione, (8) l’idea gli venne per demotivare coloro che durante le pause avevano l’abitudine di suonare la sua chitarra.
Joe Lee ‘Big Joe’ Williams nacque nella regione Piney Woods, circa sedici chilometri a ovest di Crawford ai margini dello swamp del Noxubee, il 16 ottobre 1903 o, secondo alcuni documenti, nel 1899.
Uno di sedici figli, crebbe in una famiglia di musicisti, con il nonno, Bert Logan, che gli insegnò a suonare, (9) gli zii Bert e Russ Logan, il cugino Jesse Logan, e un fratello che diventò cantante gospel. Realizzò il suo primo strumento, un diddley bow a una corda, a soli cinque anni.
Era ancora giovanissimo quando, all’incirca nel 1918, lasciò casa forzato dal cattivo patrigno (vedi Stepfather Blues, o Mean Stepfather). Dapprima trovò rifugio dai Logan, ma non rimase e cominciò a suonare ovunque ci fosse da guadagnare qualche dollaro, per i lavoratori della ferrovia, nei campi di estrazione della trementina, del legname, della costruzione degli argini, nei juke joint, alle feste, e viaggiando con compagnie di minstrel (come detto, fu parte della Birmingham Jug Band, con Jaybird Coleman, nello spettacolo viaggiante dei Rabbit Foot Minstrels, che come star aveva Ethel Waters e il già nominato Jim Jackson, v. nota 7) e medicine show (Doc Bennett Medicine Show di Mobile, Alabama), in linea con il mito del bluesman vagabondo.
Come Howlin’ Wolf, nel Delta subì l’influenza di Charlie Patton, (10) e in quei luoghi fu mentore dei più giovani David ‘Honeyboy’ Edwards e Muddy Waters (alcuni dischi di Williams come Baby Please Don’t Go e 49 Highway Blues hanno direttamente influenzato Muddy Waters e Howlin’ Wolf).
Per un po’ mise radici nella vivace scena blues di St Louis degli anni 1930 (dove viveva il già citato cugino J.D. Short), e forse fu lì che adottò quello stile percussivo e ritmico udibile soprattutto in solitaria, provocante un effetto sfrangiato, febbrile, mentre nell’interplay con un altro strumento si nota più controllo e sottigliezza. In seguito si trasferì a Chicago e fu parte della scuderia Bluebird sotto l’ala di Lester Melrose per almeno un decennio (1935/1945), ma non cessò di viaggiare, tornando nel Delta anche per assoldare bluesman da registrare a Chicago, come fece per J.D. Short, originario di Port Gibson, e John Wesley ‘Mr Shortstuff’ Macon di Crawford. (11)
Nel 1935, nella sua seconda sessione Bluebird, Williams registrò il suo signature song Baby Please Don’t Go, uno dei classici più ripresi da Muddy Waters a Van Morrison (con i Them) e Bob Dylan (che, da sconosciuto, suonò l’armonica in una sessione di Big Joe nel 1962 per l’etichetta di Victoria Spivey). A volte Joe diede alla moglie del tempo, la cantante e autrice blues Bessie Mae Smith, (12) i crediti come autrice del brano, comunque adattato dal work song tradizionale Another Man Done Gone. In molte registrazioni anni 1930/1940 di Williams per Bluebird e Columbia (quest’ultima negli anni 1945/1947 circa, sempre sotto l’egida di Melrose) c’è l’armonica di J.L. ‘Sonny Boy’ Williamson – la loro associazione a senso unico (Williamson come solista non era accompagnato da Big Joe, piuttosto da Tampa Red, Will Lacey o Big Bill Broonzy) iniziata alla terza sessione Bluebird di Williams, nel 1937, al Leland Hotel ad Aurora, Illinois. Dopo la seconda guerra, quando le tendenze della musica afroamericana passarono al blues elettrico e al rhythm and blues, molti musicisti country blues rimasero indietro, ma Williams negli anni 1950 continuò a registrare singoli per etichette come Bullet, Trumpet, Vee-Jay (e una sessione non pubblicata per Specialty).
Negli anni 1960, vivendo nel seminterrato del Jazz Record Mart a Chicago, Williams fu mentore di giovani bluesman bianchi come Charlie Musselwhite e Mike Bloomfield (che pubblicò un memoir, Me and Big Joe), e fu coinvolto nel revival folk blues partecipando alla serie di concerti europei dell’American Folk Blues Festival e registrando per le molte etichette dei tempi tipicamente di collezionisti e appassionati bianchi, come Arhoolie, Delmark, Bluesville, Spivey (naturalmente Spivey è la cantante e pianista afroamericana, ma il partner Len Kunstadt era un editore e ricercatore bianco), Storyville, Testament, Folkways, Milestone (prodotto da Pete Welding). Nei suoi ultimi anni tornò a Crawford, vivendo in un trailer e continuando a registrare e a girare in tour all’occasione. Morì in un ospedale vicino a Macon, Mississippi.
Chiudo con un paio di curiosità.
Whistling Pines, brano di Williams per Trumpet, era la sua pronuncia di Whispering Pines, leggendario roadhouse a Crawford costruito da Blume C. Triplett (immortalati entrambi, locale e proprietario, dal fotografo Birney Imes) nei tardi anni 1940 per la moglie, Miss Eppie.
I due gestirono il posto negli anni 1950/1960, servendo la clientela bianca di passaggio dalla confinante Noxubee County, e quella nera per la maggior parte residente nelle comunità circostanti. Il Mississippi era segregato ai tempi, così ricavarono due settori per ospitare entrambe le “tipologie” di clienti. Quando la salute di Eppie cominciò a vacillare a metà anni 1960 gli affari rallentarono, e il posto divenne una specie di deposito per i cimeli di Blume, come vecchie automobili, flipper, jukebox, scatole di sigari.
Imes vi capitò la prima volta non molto dopo aver cominciato il mestiere di fotografo (metà anni 1970). Eppie era morta nel 1973, la parte “bianca” riempita dalle reliquie di Blume in una sorta di tempio per la moglie, e il luogo diventato ormai qualcosa di speciale per la comunità locale. Negli anni seguenti Imes frequentò e fotografò il Whispering Pines in varie occasioni, e nel tempo, a suo dire, divenne anch’egli parte del Pines. Blume è morto nel 1991, curato fino alla fine da Rosie Jane Stevenson, afroamericana che aveva cominciato a lavorare per Eppie in giovane età, poi cuoca e socia in affari dei Triplett per molti anni.
Non sapevo dove cercarlo, il Whispering Pines. Probabilmente non c’è più niente perché nel libro The South by Its Photographers, Univ. Press of Mississippi, 1996, Imes riporta che «…oggi l’unica rimanenza delle vite che sono passate qui sono le macerie ammassate che ricoprono i pavimenti delle stanze vuote…».
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I singoli orientati politicamente, come Watergate Blues, dimostrano che Williams viveva il suo tempo. Il retro era Sugar Hill, quartiere di Crawford in cui Big Joe visse dall’inizio degli anni 1970 fino alla sua morte. Il disco uscì a metà anni 1970 per MEB, etichetta del cantante country-rockabilly Mack Banks (1934), proprietario del Mack’s Western Supper Club ad Artesia, vicino a Crawford. Il posto fu aperto nel 1967, distrutto da un incendio nel 1994, e aveva il chicken wire davanti al palco, reticolato per proteggere i musicisti dal lancio di bottiglie o altri oggetti. Williams vi suonò, non so con quale frequenza, e registrò quattordici brani per Banks, la maggior parte spariti.
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Historical Markers; Antiwar songs.)
- Dall’iscrizione della statua di Jimmie Rodgers nell’Highland Park[↩]
- Ad esempio i fratelli Burkes (Weldon, Billy e Charlie), il multistrumentista Ellsworth Cozzens, il pioniere della chitarra jazz John Cali, Tony Colicchio, Julian R. Ninde, Fred Koone, e altri. Rodgers nel 1931 registrò anche con la Carter Family, e cioè A.P., Maybelle e Sara Carter.[↩]
- Tutti chitarristi steel, come Joseph Kaaaia Kaipo, Sam Koki dei Lani McIntire’s Hawaiians, Dave Kanui, Charles Kama.[↩]
- Con il richiamo generico a “brani con violino” registrati prima del 1927 mi riferisco, ad esempio, alla sessione che nel 1922 lo semisconosciuto ‘Eck’ Robertson, musicista non appalachiano, fece alla Victor a New York City, oggi considerata la prima registrazione commerciale di musica hillbilly, da cui uscì il disco con Sallie Gooden, brano strumentale eseguito da solo, e il retro Arkansaw Traveler, con l’amico Henry Gilliland; disco che però passò inosservato, anche per il disinteresse dell’etichetta. Di successo furono invece le registrazioni del 1923 e 1924 di Fiddlin’ John Carson per OKeh tramite il pioniere (anche nell’uso di apparecchiatura mobile) Ralph Peer, tenute ad Atlanta, GA (tra cui il noto Old and In the Way), le prime attribuibili alla regione appalachiana. Peer in quegli anni registrò altri musicisti, come Henry Whitter (1924), e la string band di Al Hopkins (pianista!) nel 1925; da quest’ultima derivò il termine hillbilly music, dai nomi che la band si diede (tipo “Al Hopkins’ Original Hill Billies”). Nel 1924 registrarono anche il banjoista Uncle Dave Macon, per Vocalion, e il cantante texano Vernon Dalhart (il suo The Wreck of the Old 97 fu un gran successo), per Victor. Naturalmente, questa musica era già da tempo suonata dal vivo in vari eventi pubblici, dagli spettacoli sotto i tendoni alle gare tra violinisti, nelle feste, fiere, agli angoli delle strade e, contemporaneamente all’inizio delle registrazioni, eseguita dal vivo in radio.[↩]
- Howlin’ Wolf attribuì il suo particolare stile di canto a Rodgers, spiegando che non potendo fare lo yodelin’ “ripiegò” sull’howlin’.[↩]
- La sua Let the Mermaids Flirt with Me si basa su Waiting for a Train di Rodgers[↩]
- L’errata attribuzione a Big Joe Williams dei sei lati del misterioso King Solomon Hill registrati nel 1932 a Grafton, WI, per Paramount, si può vedere, ad es., nelle note di un giovane Bob Koester all’album Piney Woods Blues per Delmark (primo album solista di Big Joe, registrato a St Louis con J.D. Short nel 1958 quando l’etichetta si trovava ancora in quella città e si chiamava Delmar). Anche se il mistero di King Solomon Hill forse non è del tutto risolto, si pensa che si tratti di Joe Holmes, bluesman nato a McComb, MS, e vicino a Sam Collins, della stessa area e stile.
L’attribuzione a Big Joe di King Solomon Hill si trova anche nelle note del secondo volume di un album inglese fatto registrare negli stessi anni dal pianista Erwin Helfer a Chicago, intitolato Joe Williams (Poor Joe Williams), A Man Sings the Blues, dove Alexis Korner addirittura individua “tre stili diversi” per Williams, partendo dalle tracce di King Solomon, chitarrista bottleneck che cantava in falsetto, quindi con vocalità molto diversa da quella di Big Joe. Korner pure si rammarica che Williams abbia inciso solo sei tracce in quello stile, senza esternare alcun dubbio. Tutto ciò evidenzia quanto fosse ormai urgente l’adozione di una metodologia critica del blues meno superficiale, e quanto gli appassionati, dai musicisti ai primi ricercatori o discografici in erba, s’affidassero piuttosto alle dichiarazioni dei loro beniamini, quest’ultimi ben supportati da casi di omonimia, dalle molteplici o nascoste identità, dalle scomparse precoci e dalla cronica mancanza di documentazione.
Ancora, nelle note di Koester, sempre le originali dell’album Delmark di cui sopra, lo stesso afferma che Williams registrò un paio di lati a Memphis per Vocalion attraverso l’intercessione di Jim Jackson negli anni 1920, ma anche questo è falso, forse favorito dal fatto che Williams ebbe a che fare con Jackson essendo stato nei Rabbit Foot Minstrels. Quel Joe Williams non è lui, e l’errore perdura tuttora nelle scopiazzature del web anche semplicemente riportando che Big Joe registrò per Vocalion. Si tratta probabilmente del cugino di Sleepy John Estes, dello stesso giro di Frank Stokes, Dan Sane, e della Memphis Jug Band. La registrazione avvenne nel 1929 (da qui forse quella data sulla lapide) al Peabody Hotel di Memphis, dove Jim Jackson era di casa; Jackson era sotto contratto con Vocalion grazie a H.C. Speir.[↩] - In D. Thomas Moon, The Verdict on Big Joe Williams, Blues Access 33, Spring 1998, p. 20-28.[↩]
- Nonno Logan faceva musica pre-blues alla fisarmonica, cantava inni e quelli che si possono chiamare primi blues, come Candy Man; Joe da piccolo sperimentò anche il flauto e la fisarmonica.[↩]
- Tra i primi brani registrati da Big Joe c’è My Grey Pony, dal Pony Blues di Patton; non è l’unico brano di Patton, o di altri, di cui il nostro fornirà una propria versione. Senza togliere nulla alla sua spiccata personalità, ha ripreso spesso in modo personale brani o versi dei bluesman che più lo colpirono come, oltre Patton, Robert Johnson, Tommy Johnson, Skip James, Hambone Willie Newbern, Sleepy John Estes, e altri.[↩]
- Nel 1964 Williams portò Shortstuff al nord in tour e gli produsse un album su Spivey Rec. Nel 1971 invece organizzò sessioni per Arhoolie a Starkville e Crawford che documentarono i performer locali Glover Lee Conner, Austen Pete, Amelia Johnson, e ‘Mr Shortstuff’ Macon, nell’album Going Back to Crawford. Anche la famiglia Logan, i parenti di Williams, registrarono in altre sessioni nella zona.[↩]
- Non la famosa Bessie Smith. Questa Bessie Smith adottò su disco molti nomi diversi, come Blue Belle, St Louis Bessie, Streamline Mae, Mary Belle Smith, Mae Belle Miller, Bessie Martin.[↩]
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