Da Ebenezer a Canton, Mississippi
Nei giorni in cui avevamo base a Jackson ultimo passaggio nella regione Delta a Ebenezer, Holmes County. Il nome ha origini ebraiche e all’inizio era abitata da immigrati tedeschi e russi. Come dice il cartello (unico segno della sua esistenza come cittadina) è stata fondata nel 1827 ed è luogo natìo del Rep (1) Robert G. Clark II (Robert G. Clark Jr), politico afroamericano coinvolto nel movimento per i diritti civili.
Non c’è nulla a Ebenezer oltre a prati ben curati, e il suo centro è l’incrocio stradale con la Highway 14 sul quale sta l’Ebenezer Big Store, probabilmente il maggior luogo di socializzazione oltre le diverse chiese battiste e metodiste.
In una di queste, a nord-est di Ebenezer e di Richland, dov’è nato Elmore James (non la più grande Richland a sud di Jackson), c’è motivo di sosta: le dimore definitive di Elmore James e Lonnie Pitchford nel cimitero della Newport Missionary Baptist Church, edificio di mattoni rossi sulla destra arrivando da sud dopo circa sei chilometri sulla lunga Newport Road (Highway 17), imboccata dall’incrocio a T che rappresenta Richland, tra le piccole Highway 14 e Highway 17. Dietro la chiesa sul lato destro ben si nota la lapide di James, blocco di granito nero inaugurato nel 1992 a quasi trent’anni dalla morte, un po’ affondato nel terreno da un lato.
Sul davanti sfoggia un bronzo tridimensionale del busto di Elmore. Come altre lapidi di bluesmen (ad es. quelle di James ‘Son’ Thomas, Charlie Patton, Eddie Cusic, Tommy Johnson) è stata possibile grazie al Mt Zion Memorial Fund; in questo caso i fondi sono stati raccolti da Phil Walden di Capricorn Records. La frase che vi si legge non è esagerata. Negli anni 1950 Elmore James fu davvero responsabile di quel particolare suono elettrico di chitarra diventato poi così familiare, agognato potenzialmente da ogni chitarrista slide. Lo spunto e la conoscenza per amplificare la sua chitarra acustica ebbero origine nel negozio di riparazioni radio del fratello adottivo (o fratellastro), chitarrista e partner musicale Robert Earl Holston, Robert’s Radio Repair in Hickory Street a Canton. Holston visse con la famiglia di Elmore nella piantagione dei Turner, gli stessi del Turner’s Drug Store e del Tallyho di Belzoni.
Nato Elmore Brooks (2) il 27 gennaio 1918 da una quindicenne chiamata Leola, ancora imberbe sperimenta con un diddley bow e poi su uno strumento costruito tirando fili di scopa sopra una lattina di lardo, ma verso la maggior età ha la sua prima vera chitarra, una National resofonica, e comincia a esibirsi in giro nel Delta. Nei tardi anni 1930 suona con Robert Johnson e S.B. Williamson II; se il primo gli sarà d’ispirazione per le escursioni boogie sui bassi e l’uso dello slide, con il secondo rimarrà in sodalizio artistico nel corso degli anni. Già nel 1939 non è più il tipico chitarrista acustico del Delta, lui e Holston infatti si servono di band complete di fiati e amplificatori, anticipando la concezione della blues band elettrica.
Vive in varie fattorie nelle contee Holmes e Humphreys prima di servire dal 1943 al 1945 in Marina, recandosi poi nell’amata Canton (3) da veterano decorato, e lavorando nel negozio di riparazioni radio di Holston. Soffre già del disturbo coronarico che lo porterà a morte precoce, e necessita di cure frequenti a Jackson. Nel 1947 lo ritroviamo a Belzoni con Sonny Boy Williamson nelle trasmissioni radiofoniche per il tonico Tallyho (v. link sopra di Turner’s Drugstore), ma quando Williamson si trasferisce a West Memphis per un altro lavoro in radio, sponsorizzato dal più noto preparato Hadacol dalle frequenze KWEM, Elmore torna a Canton e s’unisce a Willie Love e i suoi Three Aces.
Nel gennaio 1951 accompagna i debutti discografici di Love e di Williamson per Trumpet Records di Lillian McMurry, e poi ancora in agosto (e in altre date sia per Sonny Boy che per Love da solisti), ed è in questa che Elmore registra Dust My Broom accompagnato da Williamson, il bassista Odie Johnson e il batterista ‘Frock’ Odell. Forse è vero che James fosse riluttante a registrare, per timidezza e/o timore scaramantico, ma è falso che la registrazione avviene a sua insaputa, come si legge da più parti. Non lascia nient’altro come solista per Trumpet, infatti l’altro lato del disco uscito con il brano a nome di Elmo James è occupato da Catfish Blues di Bobo Thomas. Quali che fossero i suoi timori, qualche mese dopo comunque Elmore comincia a registrare per la californiana Modern Records dei fratelli Bihari.
La sua Dust My Broom si basa sulla versione di Robert Johnson del 1936, con qualche variante nel testo. (4) Nonostante si senta che non si tratta di una chitarra elettrica, l’effetto è elettrico con un pickup all’altezza della buca acustica. Altri tratti delineano originalità e l’impronta di una neonata pietra miliare, come quel particolare riff con lo slide e il suo canto urlato, ruvidi vagiti di una palingenesi musicale e, per estensione, sociale.
Va nei top ten nella primavera 1952 (il più grande successo di Trumpet), ma tra le molte sue versioni posteriori è quella del novembre 1959 registrata a Chicago per Fire/Fury di Bobby Robinson (per Robinson, v. anche qui) con i suoi Broomdusters (J.T. Brown, sax tenore, Johnnie Jones, piano, ‘Homesick’ James, basso, Odie Payne, batteria), tra le prime e più importanti blues band elettriche degli anni 1950, a sorpassare per intensità l’originale, con il noto riff potenziato in elettricità, la vocalità ferina, ardente, la presenza assoluta, come se avesse atteso quel momento da sempre, e quel suono non più riprodotto nemmeno da lui stesso.
Così è anche nelle altre di quella sessione, The Sky Is Crying, abbozzata in un giorno piovoso e poi registrata con Robinson, Bobby’s Rock, Held My Baby Last Night, Please Set a Date, quest’ultima sulla falsariga di Dust My Broom. Sempre per Robinson, notevole per suono e convinzione anche It Hurts Me Too (Tampa Red), dopo uno iato tra i due di circa un paio d’anni. Registrata dapprima per Chief (e accreditata a Mel London) nell’aprile 1957 a Chicago con la stessa formazione Broomdusters, It Hurts è rifatta il 21 febbraio 1963 a New York per la nuova etichetta Enjoy di Robinson (tra i soulmate solo Johnny Walker è attribuito, al piano).
Dal 1952 Elmore vive tra il Mississippi e Chicago, registrando per Meteor e Flair dei Bihari, Chess (Checker), e altre etichette. Nonostante i produttori abbiano fatto di tutto per tenerlo negli stretti panni dell’one-hit wonder richiedendogli infinite variazioni di Dust My Broom celate sotto vari titoli, la grandezza di Elmore (che comunque s’identifica con almeno altri due successi, le citate The Sky e It Hurts), pur in una vita breve e minata dalla malattia, sta nell’aver dato forma a sonorità imprescindibili, parte di un’evoluzione elettrica incarnante i mutamenti sociali del popolo rurale afroamericano nella rotta migratoria verso il nord industriale, maggiorate da una vocalità rude e pregna di sacra passione, soulful come una specie di Bobby Bland selvaggio, in un connubio esaltante ispirante generazioni di musicisti.
Se ne va per infarto a quarantacinque anni a casa del cugino e broomduster ‘Homesick’ James (John William Henderson, aka James Williamson) a Chicago, mentre lo attendono in auto per recarsi all’ennesimo gig.
Sepolto qui c’è anche Lonnie Lee Pitchford, noto per il talento sulla chitarra a una corda, o diddley bow (che da bambino costruiva con fili di fieno, o di scopa, su lattine di tabacco da fiuto), e il suo impegno a tener viva la tradizione del Delta blues; abbastanza unico se si pensa che il genere, negli anni in cui Pitchford era giovane, non era così esposto e seguito, almeno non per gli under 40.
Nativo (8 ottobre 1955) della vicina Lexington, morì l’8 novembre 1998; la sua tomba si trova indietro rispetto a quella di Elmore James. Su un lato della lapide ci sono due pioli tra i quali è tesa una corda di metallo, esemplificazione del diddley bow a parete sul quale iniziò a suonare, come si vede nel filmato Deep Blues. A volte costruiva direttamente sul palcoscenico lo strumento che poi avrebbe suonato.
Naturalmente s’esprimeva anche con la chitarra a sei corde, acustica ed elettrica, e non solo indirizzato sul materiale di Robert Johnson passatogli direttamente da Robert Jr Lockwood. Anche i genitori e tutti i suoi fratelli erano chitarristi. Da ragazzo s’unì a una band scolastica e fece parte dei gruppi gospel dell’area. Negli anni 1970, come chitarrista monocorde, fu indirizzato dal folclorista Worth Long che lo aiutò a incontrare i vecchi Eugene ‘Sonny Boy’ Nelson Powell, Sam Chatmon e Lockwood. Pitchford s’esibì anche in Europa e in Australia, ma fece un solo album, All Around Man, uscito per Rooster nel 1994, prima di sparire a quarantatré anni. È apparso anche in qualche compilazione registrato dal vivo, e in una traccia in un album di John Mellencamp del 1996. Anche la sua lapide è stata sponsorizzata dal fondo del Mt Zion, con donazioni di John Fogerty e di Rooster Records di Clarksdale. Visse a Chicago, Kansas City e Kalamazoo (Michigan), e in Mississippi a Clarksdale e Lexington, dove a volte s’univa al chitarrista e bassista Curtis Price che, come Pitchford, lavorò come falegname e registrò con il gruppo gospel Star Lite Singers. Anche Price è sepolto qui: nato il 2 maggio 1956, perì in un incidente d’auto il 19 luglio 2010.
Andando a Ebenezer da Belzoni sulla State Highway 12 fino a prima di Mileston, girando per un breve tratto sulla Highway 49 E verso sud fino allo swamp del tortuoso Bee Lake e deviando poi a est all’altezza di Thornton, siamo passati per l’Hillside National Wildlife Refuge, incantevole oasi naturalistica che però abbiamo attraversato solo di striscio.
Diretti a sud verso Coxburg, a due passi da Ebenezer, abbiamo però trovato la strada chiusa, così tornando indietro siamo passati sull’Hillside Floodway Levee.
La lunga strada sull’argine nell’Hillside N.W.R. Una bella quiete qui e nessuna anima viva, nel senso di umano. Certamente non inconsueto in Mississippi.
Aquila?
A Eden abbiamo preso la Eden Midway Road (non lontano da Yazoo City), lungo nastro deserto passante per una grande zona boschiva con abitazioni e fattorie isolate, per la maggior parte anonime strutture prefabbricate con le cassette postali sul ciglio stradale dagli indirizzi e nomi pennellati a mano o composti con lettere adesive, qualcuna mancante accentuando l’idea di precario.
Qui abbiamo avuto un incontro con un redneck minaccioso arrivato improvvisamente verso di noi su un pickup, sgommando e arrestandosi bruscamente all’inizio del viottolo sterrato su cui ci trovavamo fermi, e il cui imbocco era contrassegnato da una grande bandiera confederata, e una grossa, misteriosa lettera G a strisce nere e verdi. Il tizio, nervosetto, proveniva da un gruppetto di uomini che poi ho intravisto davanti alla casa, dietro una serie di pickup posti a barriera. Credo abbia pensato che stessimo curiosando, mentre la nostra momentanea sosta proprio in front of his place non aveva a che fare con loro, che neppure avevo visto. Corrispondendo esattamente al tipo poco socievole che nel suo furgone ha sempre a portata di mano fucili con cui si diverte a sparare a destra e a manca, ho portato sinceri omaggi e rispetto alla grossa southern cross piantata a terra, salutato cortesemente e andati via alla svelta.
Hickory Street a Canton, Madison County, regione Capital-River, la stessa di Jackson. Storicamente la via clou del quartiere commerciale nero, oggi è piuttosto desolata e malmessa, anche se recentemente inserita nel Mississippi Blues Trail e quindi segnalata come distretto storico da un elegante insegna accanto a un blues marker, una mappa delle vecchie attività, un lampione e una panchina. Dal lato opposto un murale ricorda alcune personalità afroamericane del luogo.
Conosciuta localmente come The Hollow, per diversi decenni fino agli anni 1970 fu il centro sociale, commerciale e di svago per la comunità afroamericana del Mississippi centrale. Il musicista più famoso della città, Elmore James, s’esibì spesso nei caffè e nei club locali e, come detto, lavorò al negozio di elettronica Robert’s Radio Repair in questa via. B.B. King, Howlin’ Wolf, S.B. Williamson II apparvero al Bessie’s Hideaway e allo Star Lite Café in Hickory St., al Club Delece nell’adiacente Franklin St., al Club Desire in Union St. e al Blue Garden in Liberty Street. La tradizione di Hickory Street è celebrata dagli anni 1980 con l’Hickory Street Festival.
Mappa di varie attività che vi hanno avuto sede, da qui si deduce che era una strada molto vivace. Fa riferimento al periodo 1930-1970 circa e dovrebbe quindi comprendere il negozio di Robert Holston (partner musicale di Elmore James) denominato Robert’s Radio Repair, ma l’unico “radio repair” che vedo è l’Earl Radio Repair (sic). Comunque il nome esteso del chitarrista era Robert Earl Holston, così è possibile sia stato utilizzato il secondo nome anche se ovunque si legge che il posto si chiamava Robert’s Radio Repair. Il negozio era al civico 153: oggi in quell’isolato c’è un grande lotto vuoto.
Ha le caratteristiche da juke joint Robert’s Social Club, dove si legge che per accedere bisogna avere più di venticinque anni e la carta d’identità da esibire. Per un attimo ho pensato avesse a che fare con l’ex negozio di Robert Holston, ma non c’entra dato che si trova nell’isolato più vicino a North St. che a quello di Peace St., oltre che dall’altro lato della strada.
Liberty Street e, sotto, Peace Street, nel distretto storico bianco, viste dal parco che ospita la sede della Contea. Per arrivare a Canton da Ebenezer si passa per Vaughan, Yazoo County, luogo della vicenda del leggendario eroe macchinista ferroviere John Luther ‘Casey’ Jones in servizio sul Cannon Ball Express della linea Illinois Central.
Jones, “the brave engineer”, morì il 30 aprile 1900 nella collisione con un treno merci in stallo nei pressi di Vaughan (altre fonti dicono con due lunghi treni merci che avevano ancora parte dei vagoni sulla linea principale). Fece il possibile per salvare la vita dei passeggeri, ma perse la sua. Il mito nacque poiché il suo nome e la sua impresa furono immortalati in una ballata (le cui liriche originali sono andate perse, non essendo protette dal diritto d’autore) divenuta assai popolare, scritta o riadattata dall’amico afroamericano Wallace Saunders (che operava come engine wiper), perdurando nel corso del Novecento con varie versioni tra vaudeville (Newton-Seibert), folk, blues, country, rock e perfino musica orchestrale.
Ne hanno cantato Mississippi John Hurt, Pete Seeger, Johnny Cash, Furry Lewis, North Mississippi Allstars (che ben riprendono quella di Furry Lewis), Hank Snow, e tanti altri. La versione dei Grateful Dead non lo restituisce eroe sacrificale ma come un macchinista “high on cocaine” alla guida di un treno che corre troppo veloce. (5)
Nella rurale contea Madison le string band e i chitarristi suonavano alle feste paesane; rinomati artisti locali includevano il chitarrista William ‘Do-Boy’ Diamond (presente nella fondamentale George Mitchell Collection) e il violinista Theodore Harris. Il chitarrista K.C. Douglas di Sharon, a nord di Canton, ha ricordato che Harris richiamava così tanta gente da bloccare le strade.
Marker storico del Mississippi Freedom Trail dedicato al Madison County Movement iniziato dagli attivisti CORE (Congress of Racial Equality) David Dennis, Matheo Suarez e George Raymond con l’apertura nel 1963 di un ufficio per registrare gli elettori afroamericani, la maggioranza in una Canton controllata da bianchi. Si aggiunsero altri attivisti come Annie Devine, C.O. Chinn Sr (proprietario del Club Desire), Anne Moody del Tougaloo College e, insieme ad alcune famiglie locali, tra cui quella di Chinn, istituirono un boicottaggio, crearono le Freedom Schools e implementarono un sistema di registrazione elettorale di massa.
Oltre ai diversi club, alle strade e ai negozi alimentari bazzicanti di musicisti, a Canton c’era un altro fulcro blues a est della città nei Sawmill Quarters, i quartieri dove i lavoratori della segheria Denkmann Lumber Company avevano le loro baracche. Un artista prevalente negli anni 1920/1930 alla DLC e nei locali notturni della città fu Little Brother Montgomery, il quale per un periodo divise il ruolo di pianista al campo della segheria con Sunnyland Slim e viaggiò con un gruppo jazz di Canton, Eugene Watt’s Serenaders. Altri della famiglia Montgomery si trasferirono a Canton per lavorare alla Denkmann, tra cui i pianisti Joe e Tollie Montgomery e il nipote della Louisiana Paul Gayten, poi noto bandleader a New Orleans e produttore, talent scout, autore e musicista per Chess. Elmore James divenne popolare tra il pubblico della segheria nei primi anni 1950, quando vi lavorava con Holston.
Visuale su Center Street dal parco centrale. Il Club Desire (New Club Desire), nella parte sud della città (blues marker in Cross Street), ospitò una sessione di registrazione di Elmore James nel gennaio 1952 per Modern Records, la prima a suo nome dopo il debutto Trumpet a Jackson. Ike Turner, ai tempi talent scout e produttore per l’etichetta californiana, affittò il locale e piazzò un registratore a nastro portatile. Quel giorno Elmore registrò Please Find My Baby e lo strumentale Hawaiian Boogie, pt 1, accompagnato da Turner al piano, ma la sessione rimase inedita. Non è certo chi altri fosse presente, probabilmente elementi della sua band locale, come Ernest ‘Frock’ Odell, batterista nella Dust My Broom di Trumpet, e Precious ‘Little Hat’ Whitehead; da molte parti i crediti citano erroneamente “Club Bizarre”.
Il Desire fu uno dei più importanti night club R&B dai tardi anni 1940 fino ai primi anni 1960. Vi si esibivano artisti d’importanza nazionale come B.B. King, Bobby Bland, Junior Parker, James Brown, Ivory Joe Hunter, Big Joe Turner, Hank Ballard & The Midnighters, Platters. Negli anni 1960 divenne soprattutto un punto d’incontro per gli attivisti dei diritti civili o per altri eventi mondani e sociali.
Fondato da Clarence Chinn (1906-1995) negli anni 1940 come Blue Garden, ricostruito dopo un incendio e rinominato New Club Desire nei primi anni 1950, fu un punto di riferimento per Canton attirando con i suoi spettacoli di prim’ordine e l’atmosfera elegante gli afroamericani rispettanti severi codici di abbigliamento e di comportamento. Il pubblico arrivava anche da Memphis e New Orleans, e i cantoniani emigrati a Chicago e dintorni si ritrovavano in occasione di incontri famigliari o eventi di gala.
Nonostante la fama già acquisita da Elmore James con Dust My Broom, sia lui che altri bluesman locali raramente suonarono al New Club Desire; lo facevano piuttosto per il fratello di Chinn nel suo caffè in Franklin Street, e per Frank Williams in una grande sala da ballo nei quartieri Sawmill. Al Desire si preferivano gli spettacoli degli artisti in tour che presentassero band complete di sezioni fiati e musicisti di professione, percepiti più di classe, e oltre ai sopra nominati vi figurarono anche Little Milton, Albert King, Memphis Slim, Joe Simon (per Simon, v. The Beat volumi 4, 5 e 6) e molti altri, spesso gli stessi che suonavano al Blue Room di Vicksburg, dato che i due rispettivi proprietari dei club gestivano insieme gli ingaggi.
Il Madison County Courthouse, in stile revivalista greco, serve come sede governativa della contea Madison sin dall’epoca della sua costruzione (1854-1858). Il palazzo sta al centro del parco, e il parco sta al centro delle quattro vie con edifici storici (v. sopra) formanti i quattro lati di un quadrato, il distretto storico di Canton più elegante e meglio mantenuto.
Da Jackson sulla via per Bentonia, poco dopo Pocahontas incappiamo nella Mississippi Petrified Forest, a Flora. Non era prevista, nemmeno sapevo esistesse (e nulla a che fare con il blues), ma nonostante il ritardo che provoca sulla tabella di marcia siamo curiosi e decidiamo di farvi visita.
Sezione di una sequoia antica tagliata nel 1960, quando aveva più di dieci secoli di vita. Arriva dalla California ed è qui per comparare la dimensione e l’età dei tronchi pietrificati di questa foresta quando erano alberi viventi. Identificato come una conifera tipo sequoia, quand’era albero misurava più di tre metri di diametro.
Il posto è ancor più degno se si pensa che è stato aperto e portato avanti da una famiglia, di cui probabilmente i capostipiti sono gli anziani marito e moglie tipicamente vecchio sud che gestiscono l’interessante gift shop, da dove parte e finisce il percorso. C’è anche un piccolo museo di scienze della terra con esposizione di legno pietrificato, fossili, minerali e pietre preziose da tutto il mondo. Quando siamo entrati non c’era nessun altro (a parte poche persone già dentro il parco), e l’uomo ha risposto gentilmente alle mie domande fornendomi in breve la descrizione del lunghissimo processo di pietrificazione degli alberi decaduti.
Questi ceppi di legno pietrificato formavano un unico tronco che nel tempo s’è rotto sia per la sollecitazione dovuta alla lunga sepoltura che per i movimenti della terra, o in seguito all’avvenuta esposizione dovuta all’erosione. Molti tronchi sono in posizione sopraelevata, e anche se ora data l’erosione tutto è notevolmente abbassato si può immaginare dal livello della sporgenza più alta quanto profondamente questi tronchi erano sepolti. La foresta è formata da alberi cresciuti normalmente attorno ai tronchi pietrificati.
Caveman’s Bench è il tronco più noto della foresta, e poggia direttamente sul sentiero. È chiamato panchina del cavernicolo data l’origine preistorica (come gli altri reperti). Si può toccare e ci si può sedere sopra per la foto ricordo, ma io comunque non ho osato farlo.
La “panchina” s’è staccata cadendo da questo gruppo sulla collinetta che vi si trova davanti; i segmenti che spuntano sono una parte di questo enorme ceppo ancora per buona parte sepolto.
Il sentiero si snoda attraverso antichi cliff (promontori) erosi. La proprietà è del tutto privata ed è stata acquistata dalla famiglia Schabilion nel 1962; è sorprendente ciò che hanno fatto e che non abbiano mai ricevuto nessun finanziamento, federale o statale. La conservazione iniziò immediatamente e il Parco, registrato dal National Park Service nel 1966, è stato aperto al pubblico nel 1963: se non fosse stato per loro oggi forse non ci sarebbe. Soprattutto, probabilmente non ci sarebbero i tronchi pietrificati dato che avrebbero continuato a subire i danni di quando quest’area era libera, totalmente esposta e priva di protezione. Si pensava fosse una zona abbandonata, e moltissimi tronchi pietrificati sono stati portati via. Fin dall’inizio l’obiettivo del parco è stato conservare i tronchi così come natura ha prodotto, non è stato spostato niente e tutto il legno pietrificato è nella posizione che ha preso da sé.
La più antica scoperta documentata di legno pietrificato avvenne qui nel 1854, ma solo negli anni 1930 la Petrified Forest divenne più nota. Formatasi da 36 a 38 milioni di anni fa nell’alveo di un antico fiume, i suoi esemplari pietrificati sono nel luogo in cui sono caduti o stati depositati dall’acqua sul greto fluviale.
Hanno stimato che da viventi questi alberi fossero alti più di trenta metri e probabilmente oltre il millennio d’età. Abbattuti e trasportati da un’alluvione fluviale, sepolti in strati di sabbia e limo e dislocati nell’intera zona, gli alberi si sono decomposti lentamente nel corso dei secoli, mentre i minerali hanno sostituito i materiali organici originali trasformando il legno in fossile di pietra.
Questo gruppo di tronchi pietrificati ha un diametro di circa tre metri, e la base vicino alle radici indica che era un albero enorme; queste sezioni sparse erano parte di quell’unico gigantesco albero. Era secolare e alto decine di metri quando fu abbattuto, come detto da 36 a 38 milioni di anni fa, portato lontano e depositato qui da un fiume preistorico in piena. L’assenza di radici, rami o corteccia racconta dell’accidentato viaggio dei tronchi. La velocità e la profondità con cui avvenne il processo di sepoltura fu decisivo per conservarli. Mentre si prosegue si vedono altre sezioni dell’albero originale su entrambi i lati del sentiero.
I ceppi cavi fanno da tana ai conigli, ai procioni e altri animaletti della foresta. Altri tronchi pietrificati cavi sparsi intorno sono tutti parte di un albero anch’esso decaduto prima di arrivare qui. I ceppi di legno pietrificato su queste colline sono spostati dai fenomeni meteorologici nel corso di molti anni, soprattutto per l’erosione che milioni di gocce anche di un solo temporale possono provocare.
Queste rupi sono ancora più interessanti: sembrano paretine di roccia. Leggo che il nome geologico di queste sabbie rosse è Forest Hill Formation, risalenti all’epoca dell’Oligocene, il deposito originale del fiume in cui sono stati seppelliti i tronchi arrivati qui spinti dall’acqua. Superiormente c’era uno strato di terreno bruno chiamato loess formatosi durante l’era glaciale, la stessa sabbia su cui si cammina qui. I ghiacciai del nord polverizzarono tutto mentre si muovevano verso sud e cominciarono a sciogliersi. L’acqua trasportò il loess verso sud, per depositarlo tramite onde e correnti sulle piane alluvionali e il greto del fiume preistorico, dove questa polvere si seccò diventando un terreno fine e leggero che sollevato dai venti creava terribili tempeste di sabbia. La polvere s’è depositata, soffiata dal vento, e ha coperto in profondità la Forest Hill Formation. Qui il loess è diventato lo strato superiore del suolo durante l’epoca del Pleistocene, forse meno di un milione di anni fa.
Questa parete è completamente trivellata da un particolare tipo di ape che fora e crea lunghi tunnel nel legno per depositarvi le uova.
Come detto, gli eventi che hanno portato alla conservazione dei tronchi pietrificati sono cominciati durante l’epoca oligocenica, e sono datati a partire dall’età geologica del terreno in cui sono stati sepolti, vale a dire le sabbie rosse e i limi della Forest Hill Formation del Mississippi. Gli studi scientifici che hanno portato a ipotizzare l’arrivo di questi antichi alberi decaduti in forma di grandi ceppi galleggianti su un fiume preistorico hanno anche indicato che gli alberi crebbero al nord, ma recentemente s’è visto come qualcuno potrebbe esser cresciuto in un clima più caldo.
Quest’area era un bassopiano in cui le antiche inondazioni sparsero massa terrosa che coprì le pianure e le rive. Incagliati in un ingorgo di tronchi, gli stessi furono protetti dal decadimento grazie al rapido processo di seppellimento nel terreno portato dalle acque fangose. La pietrificazione si realizzò, durante gli eoni di tempo della sepoltura, dalla lenta infiltrazione di minerali presenti nel sottosuolo, soprattutto silice; non si sa quanto tempo abbia richiesto l’intero processo da albero vivente a pietra.
Gli aghi di pino e le foglie coprono alcune sezioni di tronchi su queste colline, aiutando a mantenere l’umidità e curando le aree erose. È possibile che altro legno pietrificato possa essere ancora profondamente sepolto, come è possibile che i movimenti del terreno possano ancora una volta coprire i ceppi esposti.
L’identificazione della legna pietrificata è complicata. Dev’esser tagliata con una lama di diamante, poi ridotta a fette sottili e studiata con il microscopio, di modo che la struttura cellulare possa rivelare il tipo di albero che era. Gli alberi identificati includono sequoia, acero, abete, euforbia, e anche varietà estinte; una di queste si chiama “Floroxylon”, da Flor, la località, e oxylon, legno.
Circa centocinquant’anni fa la terra del parco era più alta di una ventina di metri rispetto a oggi, poi i calanchi e i burroni crebbero in altezza, fino a che la coltivazione dovette interrompersi: le terre furono abbandonate, considerate badlands. Quando il sentiero del parco nacque più di cinquant’anni fa, i visitatori vedevano una scogliera alta dodici metri. All’inizio della “guarigione” prima apparvero erbacce e viti, poi arbusti e alberi. I semi sparsi da uccelli e animali cominciarono a germogliare, e le piccole piantine di pino trovarono appigli: un processo naturale che ha trasformato aridi calanchi in una foresta vivente.
Ci sono diverse specie di licheni sui ceppi pietrificati; i licheni producono un acido molto leggero che può attaccare e lentamente trasformare la pietra in terra. L’apparenza ruvida dei legni pietrificati a volte pare una corteccia, ma quelle tessiture sono causate dall’azione di pioggia e vento. In inverno l’umidità è talvolta assorbita in piccole fessure superficiali sui tronchi, dove può congelare causando scheggiatura o sfaldamento.
Nonostante, come detto sopra, la prima rilevazione di legno pietrificato risalga a poco prima dell’inizio della Guerra Civile, fu durante gli anni 1930 che numerosi tronchi divennero visibili man mano che il vento e la pioggia facevano scendere il terreno. I calanchi (badlands) pian piano si abbassarono, allontanandosi tra loro e quindi allargando le gole e le valli.
Le colline della foresta pietrificata del Mississippi sono tra le più alte dell’area, circa cento metri s.l.m. Durante la guerra civile, nel 1863/1864, migliaia di soldati di entrambe le fazioni, federali o confederati, bivaccarono in allerta su queste colline e marciarono sulla vecchia strada della tratta degli schiavi.
In certi punti l’erosione scopre le sabbie rosse più basse della Forest Hill Formation. La profondità della formazione può variare da dodici a oltre trenta metri e, come detto, potrebbero esserci più tronchi pietrificati ancora sepolti che forse si scopriranno in futuro. Nel 1962, durante un trivellamento di un pozzo d’acqua non lontano da questa proprietà, fu colpito un tronco pietrificato a una profondità di ventidue metri.
Mappa dei legni pietrificati rintracciabili in varie aree del Mississippi. Dice il cartello: «Il deposito sedimentario diffuso in Mississippi fu la condizione ideale per la pietrificazione grazie a un seppellimento rapido dei tronchi, un terreno ricco di acque minerali e un riposo indisturbato per un periodo di tempo sufficiente. Il legno pietrificato del Mississippi va dal periodo carbonifero di 250 milioni di anni fa all’epoca Pleistocene, 1,7 milioni di anni fa, fino all’epoca geologica più recente. Dai legni pietrificati sono stati identificati più di quaranta diverse varietà di alberi, dalle palme tropicali ad alberi di climi più freddi come abete e acero, e di varietà antiche estinte».
Il bel tenebroso che ci accoglie a fine giro. Arrivederci a Meridian!
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Historical Markers; Mississippi Petrified Forest Nature Trail Guide; “Dust My Broom”—Elmore James (1951), di Jas Obrecht [Agg.to 2022: l’URL originale al saggio di Obrecht non è più reperibile; sostituisco con uno in nuova posizione].)
- Rappresentante[↩]
- Il cognome d’arte lo prenderà dal patrigno, Joe Willie James.[↩]
- “Amata” è solo una mia supposizione dovuta al fatto che cita il luogo più volte nella sua discografia[↩]
- Sono diversi gli episodi antecedenti I Believe I’ll Dust My Broom di Robert Johnson, a partire dai gemelli Sparks (Aaron ‘Pinetop’ e Milton ‘Lindberg’) nel 1932 con I Believe I’ll Make a Change. Seguono Jack Kelly and His South Memphis Jug Band nel 1933 con Believe I’ll Go Back Home, Carl Rafferty nel 1933 con Mr Carl’s Blues, Josh White (Pinewood Tom) nel 1934 con I Believe I’ll Make a Change, Leroy Carr pochi giorni dopo White, con lo stesso titolo, e James ‘Kokomo’ Arnold nel 1934 con Sagefield Woman Blues (in cui echeggia un verso del disco di Rafferty. Per l’influenza di Kokomo su R. Johnson, v. link di Leroy Carr). Per quanto riguarda ancora Kokomo Arnold, in Sissy Man Blues del gennaio 1935 ci sono somiglianze di melodia e figure chitarristiche con “Sagefield”, e il secondo verso fa risorgere il riferimento “China” della versione Rafferty (I’m going call up in to Chiney, just to see if my babe over there), che userà anche Robert Johnson nella sua: in definitiva queste due di Kokomo ispirano RJ.[↩]
- La cocaina è una libertà di Hunter / Garcia, così come l’essere “high” indipendentemente dalla sostanza (Jones era addirittura astemio, in un’epoca in cui era raro esserlo), ma pare che la locomotiva andasse comunque più veloce del dovuto.[↩]
È vietata la riproduzione anche parziale di questo articolo senza autorizzazione