Port Gibson & Natchez, Mississippi
Prendiamo la Natchez Trace Parkway da Jackson verso sud destinazione Natchez. Si entra in un altro mondo.
La Natchez Trace Parkway è una strada panoramica, originariamente tracciata dai bisonti e dai cacciatori preistorici. È lunga più di settecento chilometri e attraversa il Mississippi, l’Alabama, il Tennessee e, come riportato dalla documentazione ufficiale, diecimila anni di storia nordamericana. Non ci sono semafori, né traffico commerciale.
Va da Natchez a Nashville tagliando obliquamente il Mississippi dall’estremo sud-ovest all’estremo nord-est passando per Port Gibson, Jackson, Kosciusko, Tupelo, Tishomingo. In Alabama attraversa il Tennessee River e fiancheggia le non lontane Florence, Muscle Shoals, Sheffield e Tuscumbia, quadrilatero musicale leggendario che diede vita agli studi FAME e ai Muscle Shoals Sound Studio.
Da svolgersi senza fretta. Il percorso è verde, pressoché deserto: i periodi più turistici qui sono la primavera e l’autunno (la primavera in generale è la stagione migliore per visitare il Magnolia State). Pesca e campeggio, rimanenze di antichi monticelli o tumuli indiani (in questo tratto Natchez-Jackson noto è l’Emerald Mound, nei pressi di Stanton), sentieri, parchi attrezzati, bellezze naturali: boschi, cascate, e molte specie animali. Pace e silenzio. Ideale in bici, o a cavallo. Anche le moto son benvenute purché l’andamento sia consono: easy rider in senso letterale. Sotto, segnalazione dell’antico confine degli indiani Choctaw.
C’è così tanto da vedere che si può pensare un’intera vacanza lungo questa direttiva che unifica i vari sentieri originali usati da nativi americani, coloni, futuri presidenti, e dai kaintuck, barcaioli che, prima dell’età dei battelli a vapore (1820), trasportavano sui fiumi Ohio e Mississippi merci destinate ai mercati di Natchez e New Orleans con chiatte rozzamente costruite per carichi pesanti. Una volta giunti a destinazione le imbarcazioni di solito erano smantellate e vendute come legname. Da Natchez i kaintuck percorrevano il ritorno a piedi lungo il Natchez Trace fino alla fine, Nashville, da dove poi prendevano strade più comuni verso le proprie case nella valle del fiume Ohio. Allora il sentiero era di circa ottocento chilometri e a piedi ci volevano sui trentacinque giorni, con il cavallo circa venti/venticinque giorni; nell’anno 1810 i kaintuck a usare il tracciato furono più di diecimila.
Lower Choctaw Boundary, confine sud della nazione Choctaw; la fila di alberi dietro il cartello segna la linea che lo ha delimitato per duecento anni. Fu stabilito nel 1765 e marcava anche il limite orientale del vecchio distretto di Natchez.
La mappa raffigura il confine inferiore della Choctaw Nation, il Natchez Trace, il vecchio distretto di Natchez e il territorio Choctaw, comune in parte con i Chickasaw e i Cherokee.
Sul Lower Choctaw Line sorgeva il Red Bluff Stand di John Gregg, che per anni fu l’ultimo avamposto in cui il viaggiatore diretto al nord poteva rifornirsi del necessario per il lungo cammino. Va inteso che era l’ultimo esercizio commerciale bianco prima di entrare nel territorio indiano, dove esistevano attività analoghe gestite da nativi.
Più a sud, nel tratto finale vicino a Natchez, si può visitare Mt Locust, residenza rustica del 1780 circa, una delle strutture più antiche del Mississippi e l’unica rimasta delle più di cinquanta presenti nel periodo di maggior percorrenza del vecchio tracciato. Serviva come ricovero notturno per i viaggiatori, ed era anche una piantagione. Fu costruita da un ufficiale di marina britannico in pensione: era il periodo finale della Rivoluzione americana. La vecchia casa è circondata da alberi secolari ed è sempre aperta per visite nelle stanze sistemate come ai primi del 1800. Attorno c’è anche un cimitero di schiavi, e per una decina di minuti si può percorrere il vecchio sentiero originale che passava proprio di fronte alla casa; avvicinandosi a piedi verso Mount Locust si ha la stessa visuale che appariva ai kaintuck duecento anni fa.
Naturalmente il vecchio tracciato fu battuto anche da mercanti d’altro tipo, soldati, corrieri postali, schiavi, predicatori itineranti, fuorilegge, avventurieri in genere: un pezzo della profonda anima pionieristica americana è passato tra questi boschi.
Non solo una bella strada e un grande parco per escursioni ben mantenuto, ma anche un libero e vasto monumento storico all’aperto conservante tracce della vita negli Stati Uniti all’epoca della sua espansione.
Area di Rocky Springs, comprendente un campeggio con postazione circolare per il fuoco (solo in quest’area i campeggi sono ben ventidue), sentieri, parcheggi, servizi e area picnic, senza però inquinare gli ampi spazi naturali. In realtà, se girate alla larga potreste anche non incontrare persone o strutture, ma ciò può compromettere la vista di luoghi interessanti. Prende il nome dalla vicina ghost town, che a sua volta lo prese dalla sorgente d’acqua vicino alla quale la città crebbe attorno al 1790. In un’area di 65 km2, nel 1860 la popolazione ammontava a 2.616 anime, più circa 2.000 schiavi che coltivavano ciò che rese possibile la nascita e la sopravvivenza della cittadina: il cotone. Furono la Guerra Civile, la cattiva gestione del territorio, l’epidemia di febbre gialla e soprattutto il temibile parassita del cotone boll weevil a farla finita con Rocky Springs: l’ultimo negozio chiuse nel 1930, e la sorgente naturale si esaurì.
Il Little Sand Creek (sopra e sotto) attraversa il sito di Rocky Springs; quando c’è acqua vi si può pescare.
Il Big Bayou Pierre (sopra e sotto) ha una portata maggiore. Sempre sul Natchez Trace, siamo nella contea Claiborne passato il sito di Owens Creek Waterfall, sezione del parco con il nome del ruscello che vi scorre con cascatella. Anche la Highway 61 attraversa il Bayou Pierre, poco più a ovest.
Il Bayou Pierre nasce piccolo (è chiamato infatti sia Little che Big) a occidente di Brookhaven (città di James Brewer e Moses ‘Whispering’ Smith), s’avvicina a Hazlehurst (città di Robert Johnson), s’ingrossa virando decisamente per Port Gibson passando sotto la Highway 61 (parallela al Natchez Trace), sfociando poi nel Mississippi. Per arrivare in centro a Port Gibson si lascia la Natchez Trace per la 61, attraversante la città come Church Street, via residenziale con vecchie querce, antiche dimore e chiese storiche.
Stile neogreco per la Claiborne County Courthouse a Port Gibson. Eretta nel 1845, da allora è stata modificata e allargata.
Davanti, il Civil War Memorial, omaggio ai soldati confederati. Dall’aprile 1863, la Battle of Port Gibson, la Battle of Grand Gulf, di altre località del Mississippi a est e a ovest del fiume, e la battaglia di Helena, AR, furono tutte parte della vittoriosa campagna militare di Vicksburg del generale dell’Unione Ulysses S. Grant, che si concluse in luglio con la presa decisiva di Vicksburg. (1)
Marker per la nascita della Claiborne County. U.S. Grant cominciò l’offensiva da Milliken’s Bend, parte occidentale del fiume Mississippi, pensando di attraversarlo a Grand Gulf, ma i confederati si difesero. Grant allora marciò a sud e il 30 aprile passò il fiume a Bruinsburg (era situata sull’estremità meridionale del Bayou Pierre, mentre il porto dava sul Mississippi, oggi non rimane nulla). L’Unione si stabilì in una piantagione di Rodney (19 km a sud di Bruinsburg), avanzando con due corpi nel tardo pomeriggio verso Port Gibson. Il generale confederato Bowen da Grand Gulf nel frattempo s’era spostato a sud, e con la brigata del gen. Green era posizionato sulla Rodney Road, a sud-ovest di Port Gibson, in un avamposto presso la Shaifer House (ancora in piedi, il sito è visitabile), a pochi chilometri dalla città, in un territorio caratterizzato da colline separate da burroni quasi verticali, canneti e fitta vegetazione.
Poco dopo mezzanotte Green avanzò per controllare i suoi picchetti, trovando la signora Shaifer e le altre donne della casa che stavano caricando i loro effetti su un carro. Appena Green le ebbe assicurate che non c’era bisogno di correre perché gli yankee non potevano arrivare prima dell’alba, ci furono colpi di fucileria. Battagliarono per circa tre ore, ma essendo inferiori di numero i confederati si ritirarono di posizione in posizione, continuando tuttavia con nuove difensive mediante l’arrivo di rinforzi, non riuscendo però a fermare l’avanzata dei federali. In quella notte del 1º maggio 1863 i confederati arretrarono verso Port Gibson, bruciando il ponte sospeso sul Little Bayou Pierre dopo averlo attraversato.
Alla fine però, il 2 maggio la stelle e strisce fu issata sul palazzo di giustizia della contea Claiborne (sopra), mentre i tecnici dell’Unione costruivano un ponte a zattera sul fiume. Le chiese, le locande e le case furono trasformate in ospedali per ricoverare centinaia di feriti da ambo le parti, yanks e rebs: la vittoria degli unionisti a Port Gibson assicurò a Grant un’ottima posizione a est del fiume Mississippi. Molti edifici storici sono sopravvissuti perché il generale dichiarò che la città era troppo bella per esser bruciata; ecco perché le parole Too beautiful to burn appaiono all’entrata della città.
Port Gibson Boycott, altro tipo di lotta, altro periodo. Cominciò il 1º aprile 1966 quando la NAACP locale istituì un boicottaggio economico a danno di imprese commerciali di proprietà bianca, a Port Gibson e in generale nella contea Claiborne. Nei mesi antecedenti, le richieste rivolte alle imprese locali e ai leader politici per migliorare le opportunità di lavoro e l’emancipazione dei cittadini afroamericani non avevano avuto seguito, così il boicottaggio raccolse pieno supporto dalla popolazione nera della contea sottomessa alle leggi segregazioniste e dalla realtà locale. Il boicottaggio continuò tra alti e bassi per undici anni, durante il quale un numero significativo di attività fallirono o chiusero. Avendo il sostegno delle leggi statali e locali i politici e gli imprenditori confidavano sul fatto che sarebbe bastato attendere affinché le cose tornassero allo status quo, ma gli afroamericani continuarono a manifestare per l’eguaglianza, facendo del diritto di voto il punto focale.
Il 31 ottobre 1969 diciassette tra i commercianti boicottati portarono in giudizio il NAACP nazionale, il MAP e 146 privati davanti alla Hinds County Chancery Court allo scopo di recuperare le perdite causate dal boicottaggio, e per vietarne dei futuri. Nel 1976 la Corte stabilì che il NAACP, il MAP e 128 fra gli imputati erano responsabili di danni nei confronti di una dozzina di commercianti per l’ammontare di 1,25 milioni di dollari più interessi, e rilasciò un’ingiunzione permanente contro alcune attività di boicottaggio. Il giudizio intendeva causare danni economici a tutti gli imputati, compreso il NAACP, come a scoraggiare azioni simili a livello nazionale, e fu confermato dalla Corte Suprema del Mississippi nel dicembre 1980.
Le decisioni furono portate in appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti, e il 2 luglio 1982 furono ribaltate ritenendo che “il boicottaggio implicasse attività costituzionalmente protette” attraverso le quali la NAACP e gli altri imputati “cercavano di portare cambiamenti politici, sociali ed economici”.
Market Street (sopra e sotto), detta anche Main Street, la via principale. Non c’è nessuno e siamo in pieno centro; vero è che è un giorno di festa in piena estate. Le origini di Port Gibson sono francesi e il suo territorio era della Louisiana. Oggi è una città povera.
Il sottovalutato cantante, chitarrista e armonicista J.D. Short era di Port Gibson, dove nacque in una piantagione nel 1902. Crebbe e conobbe il blues a Hollandale, dove incontrò Charlie Patton. Visse poi a Clarksdale, dove completò la sua educazione musicale, imparò a suonare il pianoforte da un pianista locale e a esibirsi come one-man band. Da adulto visse a St Louis, Missouri. Incise per Paramount, Vocalion e la neonata Bluebird (Victor) negli anni 1930, usando spesso altri nomi. Aveva una bella voce dal vibrato caratteristico e molto evocativo, con stile riconducibile ai texani J.T. ‘Funny Papa’ Smith e Texas Alexander (di J.T. Smith, Short riprese Howling Wolf Blues). Fu una grande riscoperta di Bob Koester nel 1955 (che poi lo fece registrare per la sua Delmark), grazie al cugino Big Joe Williams, e fu intervistato da Sam Charters nel 1962, ma morì poche settimane dopo l’incontro, non facendo quindi in tempo a beneficiare del blues revival degli anni 1960.
Trace Theatre, tra Market Street e Carroll Street; i neon accesi fanno pensare alla presenza di attività, ma lo stato dell’esterno non appare buono. Originariamente usato come cinema, ha subito almeno due incendi (nel 1944 e nel 1968), ma fino al 1964 sembra esser stato attivo. Sono poi seguiti periodi di chiusura o con altri utilizzi; negli anni Ottanta ha funzionato come teatro, recentemente invece è stato (o è ancora) club notturno, Westside, come da neon.
Allo stesso incrocio, dall’altra parte, il marker Rabbit Foot Minstrels (non al 507 di Market St., come indicato nella lista ufficiale dei blues marker). Il vecchio edificio che aveva funto da loro quartier generale è stato in piedi fino a un anno prima rispetto alla mia visita (ag. 2016), quando ho trovato solo un mucchietto di sterpaglie bruciate. Prima di diventare la sede del Rabbit Foot Minstrel Show di F.S. Wolcott la struttura era stata una vecchia stazione di servizio; leggo qui che è stata distrutta dal fuoco nel settembre 2015.
Dal 1900 circa e fino agli anni 1950, Rabbit Foot Minstrels (aka The Rabbit’s Foot Company) fu una delle due più famose compagnie minstrel del paese (l’altra era “Silas Green from New Orleans”). Fred Swift Wolcott era un bianco e guidava questa nota rivista teatrale nera da Port Gibson, dove abitava, ma era cominciata con l’impresario e chitarrista afroamericano Pat Chappelle, sostituito da Wolcott alla sua morte nel 1911. Facevano tournée nazionali spostandosi con il treno e più tardi con il bus, esibendosi nelle varie città sotto tendoni, i famosi tent show. Lo spettacolo comprendeva attori, lottatori, giocolieri, numeri con animali… e cantanti blues.
Tra i molti musicisti afroamericani che girarono con la compagnia Rabbit Foot ci furono Ma Rainey, Bertha ‘Chippie’ Hill, Ida Cox, Bessie Smith, Butterbeans and Susie, Jim Jackson, Big Joe Williams, Louis Jordan, Jim Seals (padre di Son Seals), Maxwell Street Jimmy Davis, Rufus Thomas, Chico Chism, Diamond Teeth Mary, Brownie McGhee. Fu proprio durante un tour con i Rabbit nel 1902 che Ma Rainey udì una giovane del Missouri cantare una canzone “strange and poignant” che portò alla sua attenzione il blues, esperienza a cui ho già accennato parlando della simile epifania di W.C. Handy a Tutwiler un anno dopo. Ancora durante un tour con i Rabbit, Ma Rainey nel 1914 conobbe una ancora sconosciuta Bessie Smith, che prese sotto le sue ali insegnandole il mestiere e inserendola nella troupe.
Forse grazie a U.S. Grant che non distrusse la città, Port Gibson è ancora ricca di antebellum homes. Per antebellum intendono in generale ciò che è stato costruito in stile neoclassico dalla formazione degli Stati Uniti fino alla Guerra Civile, soprattutto negli stati del sud: le grandi residenze delle piantagioni ne sono un tipico esempio. Disharoon Home, 1002 Church Street, è una di queste; risalente al 1830, non è una delle più sontuose ma una delle meglio conservate.
Altre dimore storiche su Church Street / Highway 61.
Un sito storico suggestivo vicino a Port Gibson è Windsor Ruins per via di una ventina di alte colonne in stile corinzio che si ergono solitarie e che sembrano appartenere a un passato antichissimo, come se ci si trovasse al Tempio di Zeus in Grecia e non in Mississippi. Sono tra i pochi reperti rimasti di una grande villa dalla vita breve e tormentata, costruita nel 1860 in stile greco revivalista e completamente distrutta da un incendio nel 1890. Quando Grant sbarcò a Bruinsburg (v. sopra) prese possesso della residenza per le truppe dell’Unione, dopo che già era stata usata dai confederati come punto di osservazione subito dopo la sua costruzione. Dopo la battaglia di Port Gibson la villa fu una delle tante requisite come ospedale. Durante l’occupazione unionista alla famiglia proprietaria fu concesso di vivere al terzo piano.
Natchez, Main Street. Tipica vecchia città del sud, come lo sono Charleston in South Carolina o Savannah in Georgia. Come Port Gibson si trova nell’area southwest del Mississippi, che nella suddivisione in cinque regioni (Hills, Delta, Pines, Capital/River, Coastal) in base a caratteristiche morfologiche simili, prende il nome di Capital/River, la stessa di Jackson, la capitale. Siamo a due passi dalla Louisiana e non molto lontano da Baton Rouge.
Tuttavia esiste almeno un’altra mappatura del Mississippi che si basa anche su appartenenze culturali e tradizionali oltre che geografiche, e in questo senso sia Port Gibson che Natchez, a differenza della capitale, appartengono alla macro-regione Piney Woods, che comprende tutto il sud dello stato dopo Vicksburg esclusa la piccola striscia della Gulf Coast, e s’estende oltre per parte del Texas dell’est e della Georgia del sud.
Natchez è il più antico insediamento sul fiume Mississippi, ed è stata la prima capitale del cotone: un tempo metà dei milionari americani risiedevano qua. Prima della Guerra Civile, Natchez e Vicksburg erano le uniche città del Mississippi ad aver marciapiedi, edifici in mattoni e strade pavimentate. Anche qui sopravvivono centinaia di strutture del periodo prebellico.
Le frecce sul selciato indicano la direzione per i percorsi più storici di Natchez, cioè la zona in basso sul Mississippi, verso il ponte, dove sorgeva Natchez Under-the-Hill (v. in fondo all’articolo) e dove agli inizi si trovava il porto. La vita sulla riva del fiume fu sconvolta dal tornado dell’8 maggio 1840 che uccise circa trecento persone e colpì duramente le strutture. La maggior parte dei morti furono barcaioli, marinai e passeggeri delle navi a vapore ormeggiate al porto. La città era già provata dagli anni della crisi economica nota come “Panico del 1837”, e il tornado diede il colpo finale. Gli anni 1840 videro la ricostruzione della città, quindi gli edifici storici nella zona che era Natchez Under-the-Hill risalgono comunque a dopo quella data.
L’economia ebbe buon impulso dopo l’inizio del servizio ferroviario nel 1882; c’era una ferrovia sulla collina, Bluff City Railroad, trasportante merci dal promontorio al porto e viceversa. L’inizio dell’era ferroviaria causò la fine del commercio sul fiume, e Natchez Under-the-Hill cominciò a decadere. Tra il 1900 e il 1940 la maggior parte del traffico sotto la collina era relativo solo al traghetto tra Natchez e Vidalia, Louisiana, e dopo la costruzione del ponte (1940) Natchez Under-the-Hill divenne quasi una città fantasma.
Il Grand Hotel, nel centro storico con vista sul Mississippi dal Bluff caratterizzante la città di Natchez; con questa inquadratura mi ricorda gli edifici Pontalba a New Orleans (senza terrazzini). In contrapposizione all’historic district di Natchez Under-the-Hill, quello sul promontorio è Natchez On-Top-of-the-Hill.
Spanish Colonial Natchez (1779-1798): in seguito all’acquisizione del Natchez District nel 1779, i coloni spagnoli fondarono la città di Natchez (1790 ca) affinché ne fosse la capitale. Amministrata dal governatore Manuel Gayoso, la città fu progettata da John Girault con una planimetria a griglia tipicamente spagnola attorno alla piazza centrale, alla chiesa e alla sede del Comune, sul promontorio.
L’edificio alle spalle del marker risale al 1840 ed era un magazzino per il cotone; oggi è Bowie’s Tavern, bar-ristorante con alloggi al piano superiore in stile d’epoca, fronte fiume.
Natchez-Vidalia Bridge dal bellissimo parco del Natchez Bluff sul Mississippi
La metà del fiume segna il confine con la Louisiana, dall’altra parte c’è la città di Vidalia.
Il Mississippi verso nord. Natchez, oltre all’architettura, ha in comune con New Orleans la stessa atmosfera esotica e una certa tradizione musicale bandistica, sebbene Natchez sia più legata al country blues del Mississippi, ma con un tocco di originalità: pensando a quest’area, infatti, non si può non ricordare il caratteristico e allo stesso tempo non comune trio Hezekiah and the House Rockers, che includeva un trombonista.
Natchez Bluff Riverside, parco e camminamento con vista panoramica. Leon ‘Peewee’ Whittaker, voce e trombone, James Baker, chitarra collegata a un amplificatore per basso, non ci sono più (venivano dall’altra parte del fiume), ma il cantante, armonicista e batterista Hezekiah Early vive ancora in zona, a volte accoppiandosi al chitarrista slide Elmo Williams, anch’egli di Natchez.
Dal promontorio di Natchez. ‘Papa George’ Lightfoot (1924-1971), ispiratore di Hezekiah Early e di tanti altri, fu il musicista blues più famoso della città nel secondo dopoguerra essendo trasmesso alla radio nazionale e avendo registrato per grandi etichette. Nonostante sia entrato nella vasta storia musicale americana e il suo stile all’armonica ancora oggi ispirante, come quasi tutti gli uomini di blues non poté mantenersi a lungo suonando e campò come venditore ambulante di gelati e noccioline.
Il parco offre angoli di pace panoramici. La musica afroamericana della zona ha espresso di tutto un po’: fife and drum, string bands, orchestre da ballo, jazz, R&B, blues tradizionale, gospel, hip-hop.
Attivi in città nel periodo precedente alla seconda guerra c’erano il violinista Butch Cage (dalla vicina contea Franklin), riportato alla luce agli inizi degli anni 1960 ai concerti di Newport, la semisconosciuta chitarrista Geeshie Wiley (forse nata a Natchez), che incise su Paramount nel 1930 la splendida Last Kind Words, e l’orchestra Bud Scott and his Syncopators (v. più sotto).
Altri noti localmente furono il pianista Tom Griffin, nella band di Scott e leader di un suo gruppo, il cantante e chitarrista William ‘Cat Iron’ Carradine (1896-1958), i sassofonisti e bandleader Earl Reed (Earl Reed Orchestra, registrò per Trumpet Records nel 1951) e Otis Smith (Otis Smith Orchestra), Jimmy Anderson (1934), cantante e armonicista di Natchez noto per aver registrato per Jay D. Miller negli anni 1960 (più tardi lavorò in una radio cittadina con lo pseudonimo Soul Man Lee), i fratelli Theodis, Y.Z. e Melwyn Ealey, che suonarono insieme negli anni 1960 prima di registrare come solisti, come il più vecchio fratello David ‘Bubba’ Ealey.
I coniugi Lomax (John Avery Lomax e Ruby Terrill) nel 1940 registrarono qui per la Biblioteca del Congresso Lucious Curtis, Willie Ford, George Baldwin e la cantante spiritual Alice ‘Judge’ Richardson, quando la comunità era ancora in lutto per la tragedia del Natchez Rhythm Club in cui morirono centinaia di persone (v. più sotto).
Oggi ci si può ancora imbattere nel cantante e chitarrista Little Poochie (Robert Lee Watson), nato qui nel 1951, in passato leader in un paio di gruppi ispirati al soul classico, e negli anni 1980 con Hezekiah and the Houserockers al Chicago Blues Festival e a Toronto. Ritiratosi dalla musica (per decenni è stato giardiniere alla magione storica Rosalie, una delle meglio conservate di Natchez), ha ricominciato a esibirsi nei primi anni Duemila con il gruppo R&B Express, oltre che nella sua chiesa come chitarrista e occasionalmente in duo con Hezekiah Early.
È caduta una pioggia di quelle che qui chiamano shower, improvvisa e breve da cumulonembo.
Il Blues on the Bluff Festival, o Natchez Bluff Blues Festival, dovrebbe tenersi al Memorial Park ogni anno in aprile, ma non so se è ancora attivo.
Marker per lo scrittore afroamericano Richard N. Wright, nato vicino a Natchez nel 1908 e morto a Parigi nel 1960, autore, tra gli altri, dei romanzi Native Son (Paura) e Black Boy (Ragazzo negro). Wright ha anche scritto l’introduzione a Blues Fell This Morning, Meaning in the Blues di Paul Oliver.
Pietra a memoria dei deceduti del Rhythm Club il 23 aprile 1940, donata dal Natchez Social and Civic Club of Chicago; elenca i nomi di chi perse la vita nell’incendio.
Natchez Museum of African American History and Culture, chiuso alla domenica, il giorno in cui eravamo là.
Davanti al museo blues marker a memoria di uno dei più devastanti incendi della storia americana per il numero di vite che si portò via. Il Rhythm Night Club bruciò il 23 aprile 1940 uccidendo duecentonove tra le più di trecento persone che si trovavano all’interno. I morti furono tanti perché le numerose finestre erano state sbarrate per evitare che da fuori si potesse godere lo spettacolo senza pagare, rimanendo così un’unica via di uscita sul retro, dov’era l’entrata.
Tra le vittime il bandleader Walter Barnes (di Vicksburg ma emigrato a Chicago) e nove tra i membri della sua orchestra da quindici elementi, un gruppo molto popolare di jazz da ballo in scena quella sera. Era una serata importante ed erano presenti personalità locali di spicco della vita civica e culturale afroamericana, come avvocati, medici, insegnanti.
Marker storico nel sito in cui sorgeva il Rhythm Club, 5 St Catherine Street, in quella che era chiamata negro section, ai margini del distretto commerciale, e (sotto) piccolo museo commemorativo aperto nel 2010 (chiuso alla domenica). La struttura del locale era di legno ed era stata costruita nel 1925 come chiesa. Fu poi un garage prima di diventare club notturno nel 1938; il proprietario, Ed Frazier, aveva drappeggiato le pareti e le travi con spanish moss, il tipico muschio del Bayou, penzolante sopra i clienti per creare un’atmosfera tipo paludi del sud. Questa particolare decorazione, tra l’altro non più fresca, contribuì senz’altro alla velocissima diffusione dell’incendio, scaturito da una sigaretta.
Per aiutare con le tante salme furono chiamati impresari di pompe funebri afroamericani anche da città lontane, incluso un giovane Perry Payton da Greenville, futuro proprietario del Flowing Fountain / Annie Mae’s Cafe immortalato da Little Milton, ai tempi (Payton) aiutante il padre nel mestiere di becchino che più tardi continuò con un suo funeral home, oltre al locale suddetto (v. foto nell’articolo di Greenville). La notizia della tragedia colpì le comunità afroamericane di tutto il paese. Diversi registrarono brani sulla vicenda, come The Natchez Burning di Howlin’ Wolf (ripresa tra l’altro da Elmo Williams e Hezekiah Early) e The Mighty Fire di John Lee Hooker. Il tributo di Wolf arrivò sedici anni dopo l’incendio. Un brano lento, sinistro:
Did you ever hear about the burning
That happened way down in Natchez Mississippi town?
The whole building got to burning, there was my baby laying on the ground
Targhe davanti all’ingresso del museo, probabilmente dei donatori, e piccola panchina con versi. I primi a mettere l’evento in musica, poche settimane dopo la tragedia, furono Gene Gilmore e Leonard ‘Baby Doo’ Caston a Chicago, un brano a testa sullo stesso disco Decca. Caston è al piano in entrambi, Robert Nighthawk all’armonica. Dal brano di Caston, The Death of Walter Barnes:
Now, it was just about midnight, just about twelve o’clock
Poor Walter played his theme song, the dance hall began to rock
The peoples all was dancin’, enjoyin’ their lives so high
Just in a short while, the dance hall was full of fire
Da The Natchez Fire di Gilmore:
Lord, it was late one Tuesday night, people had come from miles around
They was enjoying their lives when that Rhythm Club went down
Lord, it was sad and misery when the hearses began to roll
It was over two hundred dead and gone, Lord, and they can’t come here no more
Distretto storico (anche sotto). Leggero riparo dall’afa sotto un esile alberello.
Main Street
Adoro questa foto, nei pressi di Cotton Alley.
Bel negozio in legno
Terrazzi merlettati come a New Orleans
Commerce Street. A metà, sulla destra, il vecchio Ritz Theater (facciata in stile art deco con insegna neon su vernice verde, accanto a strisce di muro dipinte di vari colori), aperto nel 1935 in un edificio risalente al 1869 e chiuso dal 1986, o forse prima. L’entrata è sigillata con pannellature, il tetto è crollato. Qui, e in altri esterni di Natchez, sono state girate alcune scene di Ladykillers dei fratelli Coen.
Andrew’s Tavern
Ancora distretto storico
Come New Orleans ha la sua imponente chiesa cattolica, St Mary Basilica, Union Street, risalente al 1842.
Biscuits & Blues, ristorante/club con musica dal vivo al venerdì e al sabato sera.
È una piccola catena, gli altri sono a S. Francisco e a St Paul, Minnesota.
Abbiamo gustato in tutta tranquillità un catfish buonissimo
Clarence ‘Bud’ Scott Sr (1876-1938) (da non confondere con il jazzista di New Orleans Arthur Budd Scott), a capo di una delle più popolari orchestre da ballo nella Miss-Lou area per diversi decenni a partire dal 1900. Residente a Natchez, era conosciuto sia tra il pubblico nero che bianco. Le serate danzanti erano segregate, ma chiunque poteva sentire Scott cantare dal balcone della Natchez Confectionery (alla destra del marker). Suo figlio, Clarence Scott Jr (1908-1940), anche lui conosciuto come Bud, guidò la band negli ultimi anni.
Bud Scott fu il musicista afroamericano più famoso in Mississippi nei primi decenni del Novecento, apparendo sui quotidiani locali con definizioni entusiaste e la sua band considerata la miglior orchestra del sud. Nel 1938 il Federal Writers’ Project lo nominò “pioniere del jazz in Mississippi”. L’orchestra s’adattò sempre ai tempi, passando dal ragtime e dalla musica per string band (chitarre, mandolini e violino), al jazz e allo swing con sezione fiati (trombone, cornette, clarinetto) ed eseguendo sia canzoni che strumentali, che fossero ballate, danze di moda come il cakewalk o gli ultimi successi di Broadway.
Acquisì la sua fama dalle performance dal vivo perché pare che non registrò mai, né pubblicò spartiti. Era richiesto alle feste nelle grandi dimore, negli hotel, nei club, nelle sale da ballo, sulle imbarcazioni, e in occasioni come serenate, concorsi, balli militari, raduni politici, convegni, lauree, rodei, nei teatri e nelle fiere, e si esibì per tre presidenti americani.
Onorato dal titolo di Professor, tra i suoi punti forti c’era il canto, ma era anche compositore e multistrumentista. La band andava dai dodici ai diciotto elementi, ed ebbe vari nomi. Tra i membri, oltre al figlio, il genero Walter King, Jim Ferguson e Alonzo Skillens, tutti abitanti in Union Street. Nonostante la fama se ne andò in povertà e senza poter più cantare: il figlio Clarence ‘Bud’ Scott Jr, sassofonista, continuò con l’orchestra, ma morì prematuramente due anni dopo il padre nell’incendio del Rhythm Club.
La voce di Scott Sr era potente: «Usava solo un piccolo megafono mentre cantava; MM [Mitchell McAlister, suonò chitarra e forse banjo nell’orchestra di Scott per 43 anni, ndr] dice che se avesse avuto amplificazione elettrica “lo avrebbero sentito fino a New Orleans”» (2)
Glorioso passato anche per il Blue Cat, direttamente sul Mississippi in Silver Street, via dall’aspetto vissuto che esemplifica ciò che era Natchez Under-the-Hill, scendendo dalla collina di Broadway St. a livello del fiume e costeggiandolo, dove una volta si trovava il porto. Il Blue Cat fu chiamato così in onore del catfish del Mississippi, ed è noto per aver ospitato la prima performance professionale di Jerry Lee Lewis, quando aveva solo tredici anni. Lewis nacque di là dal fiume nella vicina Ferriday, Louisiana, e ho già accennato qui al trio di cugini pianisti boogie cresciuti insieme nella bollente Ferriday degli anni 1940/1950: lui, Mickey Gilley e Jimmy Lee Swaggart, il secondo con una mai davvero decollata carriera nella musica country e proprietario del singolare Gilley’s Nightclub a Pasadena, Texas, il terzo realizzatosi come evangelista con grandissimo seguito televisivo e dal vivo, prima della rovinosa caduta dopo esser stato sconsacrato dalla Chiesa pentecostale a causa di diversi scandali di natura sessuale e venale diventati di dominio pubblico.
Nel 1955 J.L. Lewis era il musicista più famoso del Blue Cat (l’edificio in mattoni, restaurato), ma lo aspettava maggior fama di lì a poco quando partì per Memphis verso Sun Records; solo due anni dopo, all’età di ventidue, registrò e vendette un milione di copie sia di Whole Lotta Shakin’ Goin’ On che di Great Balls of Fire.
Natchez Under-the-Hill fu il primo nucleo cittadino, poi finito come ghetto. Il distretto più storico quindi (ma di strutture originali non so quanto ci sia rimasto), che andava più o meno da Canal Street al Mississippi. Ai tempi della Rivoluzione Americana (1775-1783) contava solo una ventina di edifici, poi cominciarono a costruire sulla collina e la centralità di Natchez si spostò là. Under-the-Hill era dove le navi sbarcavano, e dove cominciava il Natchez Trace; era un quartiere malfamato di giocatori d’azzardo, pirati, fuorilegge, prostitute, descritto nel 1810 come il luogo più degradato possibile rispetto alla sua modesta dimensione. Pieno di saloon, bordelli e casinò (c’è ancora un saloon in Silver Street che rimanda all’epoca), gli omicidi erano all’ordine del giorno.
La zona attorno a Natchez, in particolare Woodville, più a sud sulla Highway 61 a due passi dal confine stradale con la Louisiana, ha dato i natali a un bel gruppetto di musicisti, come il chitarrista Scott Dunbar (1904-1994), ripescato dal Lake Mary dalla Fat Possum che ripubblicò in CD il suo unico, bellissimo album originariamente uscito su Ahura Mazda nel 1970, precedentemente già registrato (Dunbar) da Frederic Ramsey Jr nel 1954 (per il fondo Guggenheim, apparso su Folkways Records) e da William Ferris nel 1968 per le sue ricerche sfociate nel disco e nel libro Blues From the Delta, Robert Cage (1937-2012), di New Orleans ma vivente per decenni nei pressi di Lake Mary e Woodville, influenzato da Dunbar e registrato da Fat Possum nel 1997, e Polka Dot Slim, vale a dire l’armonicista e cantante Monroe Vincent (1919-1982) che registrò per J.D. Miller come Vince Monroe e Mr Calhoun, e per Instant a New Orleans negli anni 1960 come Polka Dot Slim appunto. Woodville ha dato i natali anche al grande tenorsassofonista Lester Young, e a William Grant Still (1895-1978), noto compositore classico afroamericano di cui si può leggere nel libro di Eileen Southern, La musica dei neri americani.
Albero secolare nel giardino di Stanton Hall, residenza del commerciante di cotone irlandese Frederick Stanton che cominciò a costruirla nel 1857. Questo è il retro, l’imponente facciata sul davanti ha grandi colonne corinzie. Stanton morì prima che la casa fosse completata, e anche questa fu occupata dalle truppe unioniste durante la guerra. Inserita nel registro nazionale dei luoghi storici, è visitabile con tour giornalieri di mezz’ora, ed è affiancata da un ristorante.
Giardino con vegetazione caraibica; mi ricorda Galveston, TX
Sito storico Forks of the Road, dove si teneva il mercato degli schiavi, in periferia al bivio di St Catherine St./Devereux Dr. (Highway 61) con Liberty Rd. Negli anni prima della Guerra Civile mercati di schiavi si potevano trovare in pressoché ogni città del Mississippi, ma Natchez era tra le città più attive in questo commercio, e Forks of the Road il secondo più grande mercato di schiavi del sud. L’aumento di richiesta di schiavi nel XIX secolo fu direttamente collegato alla crescita dell’industria tessile in Inghilterra, bisognosa di grandi quantità di cotone.
Il tabellone riporta la testimonianza (in corsivo) di un cittadino, Felix Eugene Houston Hadsell, che nel 1905 scrisse le sue memorie sulla compravendita di schiavi africani in questo luogo nei tardi anni 1850; abitava qui vicino e si ricordava molti dettagli. Gli inserti in grassetto sono domande/offerte di schiavi sui quotidiani dell’epoca, una invece offriva una ricompensa di 25 $ a chi avesse trovato uno schiavo fuggito proprio durante il mercato di Forks of the Road.
Alla prossima: proseguiremo a nord-est per Hazlehurst e Crystal Springs, cominciando così la risalita, con base nella città di Jackson.
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.; Mississippi Historical Markers; Natchez Trace Travel; American Hauntings.)
- Anche se la battaglia di Helena, per la distanza della città, non si può ritenere direttamente tesa alla conquista di Vicksburg come ad es. quelle di Snyder’s Bluff, Milliken’s Bend, Big Black River Bridge, Champion Hill e le altre già nominate, fu comunque un obiettivo importante dell’intera operazione svoltasi in quei mesi del 1863.[↩]
- Da un PDF non più rintracciabile sul sito Music Rising at Tulane. Intervista registrata al negozio-bar di Mitchell McAlister, Natchez, Mississippi, da Harry Oster e altri.[↩]
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Racconto di viaggio molto bello, lunghissimo, ma istruttivo ed appassionante. Grazie.
Grazie!