Clarksdale, Mississippi – pt 1
Clarksdale. Nonostante sia quanto di più idealmente lontano dal famigerato incrocio a cui si attribuisce il mito della cessione dell’anima al diavolo da parte di Robert Johnson e che, a esser precisi, le Highway 49 e Highway 61 non s’incrocino direttamente qui (almeno ai nostri tempi), la pomposità dell’impianto è azzeccata in quanto quelle due sono state percorse da innumerevoli bluesman e sono entrate in un numero quasi altrettanto incalcolabile di canzoni, e già solo questo vale un riconoscimento.
Tuttavia quando si riporta lo sguardo ad altezze umane il mito, qualsiasi sia, svanisce trattandosi di un trafficato quadrivio cittadino con catene di ristorazione, supermercati, noleggi auto: nulla di magico. Nel film Crossroads del 1986 per corroborare la leggenda del patto col diavolo è stato usato un crocicchio sperduto e solitario in mezzo al nulla (forse questo a Beulah), più adatto a un eventuale incontro con un’entità superiore. Sono DeSoto Ave e N State Street a incrociarsi qui, DeSoto un’estensione della 49 intersecante con una diramazione della 61, mentre le due leggendarie s’incontrano di persona più a nord nei pressi del Moon Lake, dove la 49 prosegue a nord-ovest verso Helena; ho fatto quel percorso diverse volte nei giorni di spola tra Dundee e Clarksdale per il blues festival.
Sono d’accordo con Cheseborough che la cosa più interessante dell’incrocio mitologico di Clarksdale è Abe’s B-B-Q. Lui cita anche Delta Donuts, ma non l’abbiamo trovato, pur ben spinti dall’ora di colazione e dalla voglia di donuts. C. informa dell’adiacenza ad Abe’s, quindi forse era lì nel lotto vuoto, dove ora c’è una pozzanghera.
Abe’s in compenso è vivo e vegeto dal 1924, dapprima con il nome di Bungalow Inn, ma è sempre stato solo un ristorante. Un bel traguardo di per sé e per la contiguità con Robert Johnson (e non solo). Nel 1937 da Fourth Street si spostò sulla Highway 61 con il nome di Delta Inn fino a che nel 1960 il figlio di Abraham Davis, Pat, lo rimodellò qui e lo rinominò in onore del padre.
Storia in breve del locale di Abraham, noto anche per una salsa che poi dato il successo ha cominciato a vendere nei negozi del posto.
Ha dell’incredibile la storia, non so quanto reale, del padre di Abe, libanese che mandò i suoi tre figli in America (il tredicenne Abe era il maggiore) dove già viveva la madre, mentre lui rimase in Libano perché ebbe una visione che sarebbe stato colpito e ucciso “da un grande blocco di ferro” se avesse fatto il viaggio. Pare che poi, convinto dal figlio e dalla moglie a sbarcare in America, compì il passo, ma quando arrivò a Clarksdale fu investito da un treno che stava passando.
Memorabilia alle pareti
Il ristorante è portato avanti dal figlio e dai nipoti di Abraham
Qui abbiamo dimenticato i donut e attinto sufficienti energie per arrivare a sera
Water tower di Clarksdale, città fondata nel 1848 da John Clark. Si trova nella contea Coahoma, anticamente abitata dagli indiani Choctaw e Chickasaw; il nome della contea deriva dal Choctaw “Co-i-humma”, che significa “pantera rossa”: l’area del Delta era terreno di animali selvatici.
628 DeSoto Ave, sede attuale di WROX, radio che cominciò le trasmissioni nel 1944. Così come la ancor più storica “sorella” KFFA a Helena con ‘Sunshine’ Sonny Payne, anche WROX ebbe il suo dee-jay rappresentativo di lungo corso, Early ‘The Soul Man’ Wright, che vi trasmise per ben cinquantadue anni, ritirandosi a ottantatré (morì poco dopo). A differenza di KFFA, gli annunciatori di WROX erano afroamericani. Come Nat D. Williams (alla poco più tardiva WDIA a Memphis), Wright fu uno dei primi dj afroamericani (comunque il primo in Mississippi e credo in tutto il sud) in una delle prime stazioni della nazione a trasmettere blues. È qui dal 2005 dopo esser tornata in mano a gente del posto e alla musica di un tempo; nel 1998, infatti, fu acquistata da una catena esterna che cambiò la programmazione.
Targa personalizzata
Questa fu la seconda sede di WROX, in Delta Avenue, e c’è un blues marker a ricordarlo (notare la dicitura “Hopson 1920” sul palazzo: sono gli stessi proprietari dell’omonima piantagione appena fuori Clarksdale). Iniziò al 321 della stessa via (v. sotto Bluestown Music), ma dopo un anno si trasferì in questo posto e vi rimase fino al 1955. Cheseborough scrive che qui Elvis Presley s’esibì in diretta, e che Ike Turner, prima di lavorarvi come dj, vi fu impiegato come custode, ma forse si confonde con l’Alcazar Hotel, successiva e più duratura sede di WROX, in cui Turner lavorava fin da ragazzino come ascensorista e inserviente.
Sbircio all’interno perché avrebbe dovuto esserci il Museo WROX
Cheseborough dice anche che da qui WROX si spostò al secondo piano del McWilliams Building (v. più sotto), ma è risaputo che trasmise dall’Alcazar Hotel – che è vicino al McWilliams – fino agli anni Novanta, quando tornò in Delta Ave ma al 317, dove adesso c’è Bluestown Music.
I suoi ascoltatori più giovani negli anni 1950/1960 passavano in auto sotto lo studio e suonavano il clacson, udibile in trasmissione, facendo la loro richiesta quando Wright s’affacciava alla finestra. Noto per la sua voce carismatica e la parlata lenta, sudista, Wright improvvisava perfino gli annunci pubblicitari, e non si faceva problema a lasciare lunghi silenzi per cercare un disco o bere un bicchiere d’acqua. Tra coloro che ospitò in trasmissione, Howlin’ Wolf, Muddy Waters, B.B. King, S.B. Williamson, Little Milton, Ike e Tina, ‘Pinetop’ Perkins, Sam Cooke, Rufus Thomas, Charley Pride. Ricordo Wright in una scena di Deep Blues in cui ospita in studio (epoca Alcazar) Big Jack Johnson.
Negozio Bluestown Music, luogo in cui WROX iniziò e poi tornò negli anni Novanta.
Blues marker per Ike Turner davanti all’Alcazar Hotel, grande edificio risalente al 1914-1915 oggi parzialmente in disuso. Per quarant’anni fu la sede di WROX.
Al nativo Ike Turner è dedicata anche una targa
Pur di dimensioni modeste, Clarksdale era la più grande città del Delta e accrebbe la sua importanza ai primi Novecento, quando la ferrovia soppiantò il fiume come principale via di trasporto, sorpassando così città fluviali come Vicksburg e Natchez. Prima solo i territori vicino ai fiumi erano accessibili: la ferrovia aprì un varco all’interno del Delta. Oltre all’intersezione della Illinois Central Railroad, fu la convergenza tra la 61 e la 49 a renderla città più importante del Delta, e ricca capitale del cotone.
Già negli anni 1920 era una blues town e molti musicisti accorsero in cerca di prosperità, come fece W.C. Handy agli inizi del Novecento. Pur sembrando depressa come Helena, Arkansas, con edifici vuoti o decrepiti, Clarksdale m’è parsa meno povera e abbandonata, ma forse è solo un’impressione dovuta al movimento nei giorni del festival, portante turisti, pur in modesta entità, e concerti nei locali. Negli anni 2000 la nascita di ritrovi come il Ground Zero Blues Club e il negozio Cat Head Delta Blues & Folk Art, e riaperture come quella del New Roxy (v. sotto), grazie a celebri e/o danarosi acquirenti spesso venuti da fuori, hanno dato nuovi impulsi al turismo blues e all’economia culturale della città.
John Lee Hooker vi nacque nel 1917, il pianista Eddie Boyd vicino, Willie Brown nel 1900 e un altro nativo, Son House, folgorò Muddy Waters in un juke joint da queste parti. Se nel secondo dopoguerra l’economia di Clarksdale, come quella di altre località, accusò la fine dell’egemonia del cotone, così non fu per l’eredità musicale che continuò a prosperare dando i natali, oltre a Ike Turner, a Junior Parker, Sam Cooke, Big Jack Johnson, Jackie Brenston, Earl Hooker, Johnny B. Moore, ‘Mack’ Rice, Robert ‘Bilbo’ Walker.
Restauro a tinte forti, tentativo di ravvivare il distretto storico.
Oggi conta circa 17.000 abitanti ed è ancora la blues town per eccellenza del Mississippi, leader nel turismo musicale e nella conservazione dell’eredità blues.
Qui al 276 Sunflower Ave stava Sarah’s Kitchen, ristorante con musica dal vivo; l’occupazione principale di Sarah però era nella cucina della prigione della contea. C’era anche un jukebox di dischi blues e una folta collezione di fotografie dei musicisti che lì avevano suonato, tra cui spesso il nativo ‘Bilbo’ Walker.
Vicoli
Paramount Theatre, ai piedi del McWilliams Building, Yazoo Ave. Ne ha viste delle belle dopo l’apertura nel 1918 come Marion Theatre, attualmente è chiuso.
Visione posteriore del McWilliams Building, a fianco il retro del Paramount Theatre. Il palazzo rosso che si intravede in fondo a sinistra è l’ex Alcazar Hotel. Nella foto si nota anche un reperto dei tempi di Jim Crow: la scaletta adiacente al muro del Paramount era l’ingresso colored, riservato cioè agli afroamericani che accedevano alle balconate, gli unici posti per loro. In quel modo oltre a non entrare insieme ai bianchi si tenevano lontano dalla platea e dalla parte anteriore del teatro.
Delta Blues Alley Cafe
Umidità post pluviale davanti al Delta Blues Museum sul Blues Alley, a fianco del palcoscenico principale del Sunflower River Blues and Gospel Festival in corso (articolo e gallerie del festival), e a pochi passi dal Ground Zero. L’edificio del museo, datato 1918, era deposito ferroviario dell’Illinois Central.
Durante i giorni piovosi del festival spesso c’era gente sui suoi gradini essendo uno dei pochi punti in cui sedersi o ripararsi (anche dal sole) dal quale si può sentire la musica senza però vedere il palco – a parte in casi estremi il tendone del banco mixer, o la vip tent, riservata agli spettatori paganti. Anche quando non pioveva era impossibile sedersi sul prato, non essendo mai asciutto. Com’è uso da queste parti, molti portavano da casa sedie pieghevoli.
Non è permesso fare foto all’interno. Tra le cose più interessanti, chitarra di J.L. Hooker, fotografie d’epoca, poltrona da barbiere originale del barbiere-musicista Wade Walton (v. sotto), filmato su Muddy Waters, la sua capanna trasferita qui da Stovall, modello Ford Deluxe 1939 uguale a quello di Alan Lomax quando si recò alla piantagione Stovall per registrare Muddy, juke-box Wurlitzer in attesa di un benefattore per il restauro, barile di petrolio della compagnia per cui lavorava come trasportatore Big Jack Johnson, The Oil Man, vecchia lapide errata di Fred McDowell (riportante il 1872 come anno di morte), insegna del Clack’s Grocery, dove Lomax registrò Son House. Alcuni pannelli, tra le altre cose, mostrano l’evoluzione degli strumenti a corda a partire dal banjo africano, mentre nel negozio si trovano libri, dischi, magliette, eccetera. Come scritto nel marker, il museo funge anche da scuola di musica, con classi aperte al pubblico.
L’imponente First Methodist Church, nei pressi dell’Auditorium dove s’è tenuto il Gospel Stage del Sunflower River Blues Festival.
Cady vissuta
John Lee Hooker, Muddy Waters e Bessie Smith, tre che in modi diversi ebbero una relazione con Clarksdale, campeggiano tra Sunflower Ave e East Second Street, su un lato di Downtown Wine & Liquor. Una sistemazione che avrebbero gradito.
Vecchia stazione dei bus Greyhound restaurata, 300 Issaquena Ave angolo Third Street. Sono entrata qui per ritirare gli accrediti del festival. Precedentemente era parte del Delta Blues Museum, ora credo funga da ufficio turistico. Qui Ike Turner, quand’era produttore, talent scout e session player per i fratelli Bihari di Modern Records, con l’aiuto di Joe Bihari approntò uno studio di registrazione usando come musicisti di sessione i suoi Kings of Rhythm.
Davanti allo storico Messenger’s blues marker del distretto New World, in passato centro della vita afroamericana e la cui via principale era questa, Fourth Street, ora Martin Luther King Avenue. L’ho trovato pressoché deserto, forse a causa del weekend estivo. W.C. Handy si esibiva anche qui quando viveva a Clarksdale ai primi del Novecento, ma sicuramente non suonava blues. Alan Lomax visitò il quartiere nel 1942 durante uno dei suoi viaggi per registrare musica sul campo, incontrando un giovane David ‘Honeyboy’ Edwards all’opera all’angolo di una via. Lomax descrisse la vivacità del luogo, i venditori ambulanti, i ristoranti, gli uomini vestiti alla moda di Harlem, e gli innumerevoli bar dai nomi pittoreschi la cui musica invadeva le strade.
Messenger’s Pool Room, l’impresa commerciale attiva da più tempo in città gestita sempre dalla stessa famiglia (la loro prima licenza liquori data 1907). Ha vissuto totalmente i fasti di Fourth Street, solo che prima del 1948 era in un edificio accanto che non c’è più. Durante il Juke Joint Festival di metà aprile è uno dei locali del circuito notturno, come dice un cartello alla finestra. Si acquista un braccialetto e si ha accesso a uno shuttle che accompagna tutta la notte da un club all’altro, ma ci sono anche eventi giornalieri sia musicali che fieristici, tipo la corsa dei maiali. Al di là del festival o di occasioni speciali, Messenger’s non offre musica dal vivo, e non ha mai operato come juke joint o sala da ballo. È un posto tranquillo in cui non si bevono liquori (solo birra), la musica si ascolta da un juke box e si gioca a biliardo o a domino.
New Roxy, storico cinema-teatro su Issaquena Ave, anch’esso nel distretto New World. Nel 1999 il presidente Clinton passeggiò lungo Issaquena durante una tappa del suo tour nei posti più poveri della nazione, e con il suo entourage posò per i fotografi qui davanti.
Nonostante la ruggine il New Roxy è di nuovo attivo dal 2008, dopo una chiusura trentennale. All’interno offre uno suggestivo spazio aperto senza soffitto, un bar e due palcoscenici.
Davanti al Roxy c’è il marker di Sam Cooke
232 Sunflower Ave, Levon’s, classico ristorante radical chic ben curato in stile vintage; abbiamo mangiato bene. Helena lascia ancora strascichi piacevoli: qui siamo stati avvicinati da una coppia che si ricordava di noi avendoci visto là; la donna s’è presentata come Bernadette Messina, coordinatrice della raccolta fondi per il King Biscuit Festival.
Nei giorni del festival Levon’s ha offerto uno dei tre stage acustici del sabato. Siamo arrivati che era appena finito, essendo in contemporanea con quello del centro culturale in Delta Ave. Qui si sono esibiti Deak Harp & Lee Williams, Jimmy ‘Duck’ Holmes (che il sabato dopo incontreremo nel suo juke joint a Bentonia, il Blue Front Cafe), Kenny Brown, Terry ‘Harmonica’ Bean. Comunque anche quello in Delta Ave non l’abbiamo visto tutto, stando perlopiù alla VIP Tent per un altro stage acustico, e subito dopo cominciando (alle cinque del pomeriggio!) quello principale serale.
Ancora Levon’s. Occupa lo spazio che fu di Stackhouse Records (1988/1998), soprattutto negozio di dischi vecchi e nuovi ma non solo, e di Rooster Records, ufficio e studio di registrazione, entrambi di Jim O’Neal (fondatore di Living Blues). Negli anni Novanta qui c’era un gran via vai di musicisti blues.
Di fronte a Levon’s, nei pressi dello sbarco di Quapaw Canoe Company (sotto) – nel centro di Clarksdale tutto è vicino a tutto – l’apparentemente placido Sunflower River, esondato in città pochi mesi prima.
Il modo più suggestivo e antico d’esplorare il fiume e la regione Delta, in canoa o kayak. John Ruskey, il proprietario, è un vero personaggio e la miglior guida che si possa avere. I viaggi sono giornalieri o più lunghi con accampamento sulle isole.
Ruskey ha questa attività dal 1998, e a tempo perso è musicista, scrittore e pittore.
A un’estremità di Sunflower Ave c’è Red’s, di Red Paden, autentico juke joint (ex Lavene Music Center). Da veder così sembra chiuso da anni, con quelle assi di legno davanti, ma una locandina appesa per la settimana corrente indica che è attivo, in contemporanea con il festival.
Normalmente credo abbia musica dal vivo solo di venerdì e sabato, che è già molto comunque, com’è molto che stia su.
Esterni del Red’s
Closed but for sale. È defunto dal 2003 invece il famoso Red Top Lounge, 377 Yazoo Ave, conosciuto anche come Smitty’s; a malapena si legge l’intestazione, mentre i due grandi numeri civici dipinti a mano sono stati coperti dalla vernice bianca. È stato consegnato alla storia da una delle copertine più pittoresche del blues, quella di Rockin’ the Juke Joint Down del favoloso trio che qui era l’house band, i Jelly Roll Kings.
Ancora su Sunflower Ave un altro luogo che in quanto a storia probabilmente batte tutti, il Riverside Hotel, trovato chiuso. È, o forse ormai era, la sistemazione più caratteristica a Clarksdale, ma mi sarei accontentata solo di visitarlo: in un museo non si respira altrettanta leggenda.
Tutto parte dalla quasi-alba del 26 settembre 1937, quando Bessie Smith e Richard K. Morgan (suo compagno e zio di Lionel Hampton) erano in viaggio da Memphis sulla Highway 61, con l’intenzione di fermarsi a Clarksdale prima di recarsi a Darling, Mississippi, dove Bessie si sarebbe esibita. All’altezza circa di Friars Point urtarono un camion fermo sulla stretta carreggiata, rotolando di lato, e il tetto di legno dell’automobile (la lussuosa Packard di Bessie) si ruppe. Morgan, che era alla guida, uscì illeso, Bessie riportò una profonda ferita al braccio a livello del gomito, sanguinando copiosamente. Morgan fermò un’auto di passaggio e caso volle che dentro ci fosse un medico, il Dr Hugh Smith, diretto a pesca con un amico.
Smith e l’amico spostarono Bessie sul ciglio della strada, e mentre il medico prestava i primi soccorsi l’altro s’incamminò cercando un telefono per chiamare l’ambulanza. Ci volle un po’ di tempo e così, mentre la situazione peggiorava, fecero posto a Bessie sul sedile posteriore dell’auto del medico, ma durante la manovra arrivò un’auto a tutta velocità che colpì quella di quest’ultimo. Gli occupanti del mezzo, una coppia rientrante da una festa, non si fecero molto male, ma furono presi da isteria per l’accaduto, così il dottore dovette occuparsi anche di loro. Nel frattempo arrivarono la polizia e due ambulanze (una mandata dall’autista del camion una volta arrivato a Clarksdale) e i tre pazienti furono portati negli ospedali di Clarksdale, Bessie al G.T. Thomas Afro-American Hospital, questo che poi divenne il Riverside Hotel, dove alle 11.30 fu dichiarata morta per trauma, possibili lesioni interne e diverse fratture ossee.
Andò in questo modo, non come John Hammond Sr scrisse sulla rivista Down Beat, originando una lunga e controversa discussione. Hammond riferì che a Bessie erano stati rifiutati i trattamenti medici per via del colore della pelle, e che era morta dissanguata mentre aspettava invano i soccorsi.
Allora come oggi ciò che presume negatività e cattiveria fa più breccia e la fa più a lungo rispetto a una verità semplicemente banale o sfortunata, e il triste, tragico evento sembra interessare solo in quella prospettiva. Infatti, nonostante l’ammissione di errore da parte di Hammond, la sua prima versione è rimasta per decenni nella coscienza collettiva, e nel 1959 uno spettacolo teatrale, The Death of Bessie Smith, ha rinforzato la tesi del mancato soccorso.
Perfino negli anni Ottanta, quand’ero agli inizi con il blues (con tutto, veramente), appresi la storia unicamente come l’aveva raccontata Hammond la prima volta, sapendo la verità solo tardivamente.
Hugh Smith poi più in là spiegò che nessun autista di ambulanza avrebbe mai portato un nero in un ospedale per bianchi e, in ogni caso, a Clarksdale l’ospedale per neri e quello per bianchi erano a pochissima distanza fra loro. A margine, è curioso che il medico, pur essendo a tempo perso un pianista jazz, non avesse idea di chi fosse Bessie Smith, imparandolo solo tempo dopo.
Dal davanti l’edificio sembra piccolo, ma di lato si scopre una struttura oblunga declinante sul pendio.
L’ospedale G.T. Thomas aprì poco prima della I g.m. e chiuse nel 1940 circa. Nel 1944 Z.L. ‘Momma’ Hill lo comprò convertendolo in Riverside Hotel, da lei guidato fino alla sua morte nel 1997. Tra le personalità che vi hanno soggiornato, come Ike Turner e la sua band, Robert Nighthawk, Sonny Boy Williamson II, J.L. Hooker, Howlin’ Wolf, Sam Cooke – c’è anche J.F. Kennedy Jr. Le camere sono riconoscibili in base a chi ospitarono, compresa la n. 2, dove morì Bessie. Alla scomparsa di Momma è succeduto Frank ‘Rat’ Ratliff, il figlio, e dal 2013, dopo la morte di Rat, è nelle mani di sua figlia Zelena (detta Zee). L’albergo ha visto condizioni migliori di ora, e per gli ospiti è sempre stato casa più che albergo. Negli anni 1970, per circa nove anni, Rat ha gestito un juke joint al piano interrato, il Subway Lounge (niente a che fare con il Subway Lounge di Jackson), raggiungibile dalla discesa con le sponde; l’entrata era alla fine della scala e aveva un portichetto.
Barber shop su Issaquena Avenue
Issaquena Ave, vicino a Third Street e nei pressi del sottopasso della ferrovia, historic marker per il luogo della ex residenza di W.C. Handy; il lotto ora è vuoto. Ci s’incappa anche cercando il barber shop di Wade Walton, nello stesso sito. Sulla sinistra c’è la storica stazione dei treni, da dove Muddy Waters prese il via per Chicago. A Clarksdale Handy guidava la Knights of Pythias Band, gruppo di nove elementi che suonava musica convenzionale per le feste di società, e fu proprio durante il periodo in cui risiedeva in città che ebbe la sua epifania blues (che però, come si sa, avvenne alla stazione di Tutwiler).
L’ex bottega di Wade Walton e lo spiazzo in cui sorgeva la casa di Handy. Il primo a testimoniare di Wade Walton come musicista è stato Paul Oliver nel 1960, poi è uscito un suo disco anche su Bluesville (Shake ‘Em on Down), e s’è esibito nei club e a qualche festival, ma quella carriera non gli è mai interessata preferendo fare il barbiere. Quando suonava nei Kings of Rhythm di Ike Turner non andò in tour per rimanere nel suo negozio, fino al 1989 in Fourth Street.
In effetti sul palco e nei dischi non poteva fare il barbiere, mentre nella sua bottega poteva fare anche il musicista: sul muro esterno sono ormai scoloriti i disegni di una chitarra, un’armonica, una coramella e un rasoio, i suoi strumenti. La sua specialità erano i ritmi ottenuti passando il rasoio sulla coramella a tempo, colpendolo, raschiandolo e facendolo frusciare; si può sentire qualche esempio in Close Shave Boogie con Big Jack Johnson e in Barbershop Rhythm con R.C. Smith. Fu anche attivista per i diritti civili, e per questo gli buttarono una bomba in negozio. Lo si vede all’opera in diversi documentari, tra cui Deep Blues.
Tra i suoi clienti c’erano S.B. Williamson II, Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Ike Turner, e molti altri. Quando Allen Ginsberg si recò a Clarksdale, durante il suo viaggio in Mississippi negli anni Ottanta, andò a farsi tagliare i capelli da lui. Walton è morto nel 2000, il negozio è stato chiuso e ha riaperto saltuariamente come blues club.
Finisco con due immagini del Sunflower River, nell’American Legion Veterans Memorial Trail, nei pressi del ponte su Second Street, che porta fuori sulla strada per Stovall…
Well, canary bird, when you get to Clarksdale, please fly down Second Street / Well, canary bird, when you get to Clarksdale, please fly down Second Street / Well, you know I don’t want you to stop flying until you take the letter out to Stovall for me
(Muddy Waters, Canary Bird)
(Fonti: Steve Cheseborough, Blues Traveling, The Holy Sites of Delta Blues, University Press of Mississippi, Jackson, 2009, III ed.)
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The opening picture on your website is a mural that my brothers did many years ago. It’s of Bessie Smith, John Lee Hooker, and Muddy Waters. Super Chiken wanted my brother’s to put him on the wall. They refused to do it. He was nobody at the time.
My cousin owned a pawn shop where the liquor store is now. And she commissioned them to do it.
Bill Clinton was President at the time. He stopped his Entourage to get out and talk to my brothers.
They did it during a really hot summer with hardly any supplies. I can still remember them on these super tall ladders wobbling all over the place, covered in sweat.
I think it’s awesome that so many people have it as the face of their page.
People have done murals all over downtown Clarksdale now and it’s not really a big thing anymore.
My brother’s mural has stood the test of time. It was the first mural and it was featured in almost every newspaper or magazine across the country across the states as it related to Blues.
It was the only mural in Clarksdale for probably more than 20 years. Eventually one of my brothers came back and signed it. Because it was on everything.
Anyway just thought I’d share that little story with you.
✌
Shannon
Hi Shannon, thank you so much for sharing your story with the mural. I remember well when I first saw it, intrigued by its brightness and for the matching of the three. I had no idea it was the first mural; this fact must have contributed to Clarksdale’s rebirth as a blues town.
As for Clinton, it was probably the same day in the summer of 1999 when he was photographed in front of the historical New Roxy movie theater. I mentioned that in the article.
P.S.: The photo is only on this page, not the front page. It could be that a search engine picked it to represent this content (or the website as a whole) in the SERP.